Dallara «L’Academy dei giovani è un regalo alla mia gente»
● Il costruttore: «Lo dovevo alla terra in cui ho vissuto e lavorato»
SERVE MODIFICARE LE PROPRIE IDEE SENZA PREGIUDIZI, MA CON PRUDENZA
LA VISIONE COME AFFRONTARE IL FUTURO SONO STUPITO DA COME IMPARANO I RAGAZZI, E DALLA LORO PASSIONE
MI SORPRENDONO SULLE NUOVE GENERAZIONI
Ci sono persone che hanno modi di pensare fuori dall’ordinario, concetti che si sviluppano attraverso processi tanto personali da risultare incomprensibili ai più. Persone come Giampaolo Dallara, 81 anni portati con la leggerezza dell’entusiasmo, e un senso della riconoscenza che travalica le nostre più elementari convinzioni. È lui che, dopo aver intrecciato la vita coi più importanti costruttori di auto sportive e da corsa — dalla Ferrari alla Maserati, dalla Lamborghini alla De Tomaso, giusto per intenderci — a un certo punto, esattamente 46 anni fa, decide che è venuto il momento di mettersi in proprio.
CHE STORIA E così il ragazzo coi «grilli per la testa» che si laurea in ingegneria e lascia il paese dove tutti fantasticano su di lui che gira il mondo, a sorpresa torna e da un piccolo garage crea, in perfetto stile Steve Jobs delle quattro ruote, una fabbrica di altissima specializzazione, che costruisce telai per auto da corsa e fornisce consulenza al Gotha dei produttori di supersportive. Lo fa a Varano de’ Melegari, una manciata di chilometri da Parma, ai piedi dell’Appennino, sviluppando un indotto che, oltre ai 640 dipendenti dell’azienda, coinvolge un circondario fatto di artigiani, piccole realtà di gran pregio, ma anche albergatori e ristoratori, trasformando il comune della Val Ceno in uno dei centri più visitati della cosiddetta Motor Valley. Col ritorno a casa del «figliol prodigo» della tecnologia e la splendida realtà creata nel suo paese, il cerchio sembrerebbe chiuso alla perfezione. Sembrerebbe, perché Dallara ritiene di essere ancora debitore di qualcosa: «Una doverosa restituzione di ciò che ho avuto dal territorio — dice —, da quelli che hanno fatto questo mestiere prima di me».
ACADEMY Per ripagare l’humus del territorio di cui si è nutrito, ha creato l’Academy Dallara, e lo ha fatto impiegando i guadagni personali (non quelli dell’azienda) di 60 anni di lavoro: «È un’esposizione di una ventina di auto che hanno fatto la nostra storia, ma soprattutto un luogo di conoscenza, con laboratori didattici e di aggregazione sociale studiato per i giovani, quelli più appassionati e quelli da coinvolgere». L’Academy ospita anche l’ultimo anno della laurea specialistica in «Racing Cars Chassis Design» gestito dall’università di Parma, un corso per il quale Dallara, oltre alle aule, mette a disposizione ingegneri e macchinari, come simulatore e galleria del vento: «Strumenti costosissimi, che le università non potrebbero permettersi». Se Giampaolo Dallara una fissazione ce l’ha, è quella dei giovani. Un atteggiamento che si concretizza, oltre che con l’Academy e con i corsi STEM in Indiana, dove ha sede la Dallara USA, nell’età media dei dipendenti: 34 anni.
Come si fa a puntare su giovani, bravi ma con poca esperienza?
«L’università italiana insegna a imparare. Ci stiamo impegnando perché i più anziani facciano loro da tutor. Poi qualcuno se ne va, ma non mi dispero: ho fatto così anch’io e se li cercano da noi, vuol dire che apprezzano il modo di farli crescere».
Qual è il valore aggiunto della Dallara rispetto a una società più grande, come la Ferrari?
«Non c’è paragone: senza la Ferrari non ci saremmo nemmeno noi, ha dato credibilità a quello che facevamo, ha favorito la crescita del territorio e delle competenze. Da lì sono usciti tecnici che hanno poi contribuito a creare nuove aziende. Quando la Ferrari lavora sul serio in un campo come la F.1, produce tutto, e fa macchine stradali magnifiche. Noi siamo infinitamente meno, ma abbiamo un raggio di prodotti un po’ più vasto: facciamo 10 modelli da competizione e abbiamo 7/8 grandi collaborazioni con altri costruttori su auto da competizione. I ragazzi da noi hanno la possibilità di entrare più nel vivo del problema, magari senza approfondirlo con l’accuratezza richiesta invece in Ferrari».
Come ci si prepara al futuro?
«Con la capacità di leggere i cambiamenti e la flessibilità di modificare le proprie idee e adeguarsi, senza pregiudizi. Ho aggiunto un altro comportamento, la prudenza. Per questo nella realizzazione dell’Academy, Dallara Automobili non ha investito nulla, non si è privata di alcuna risorsa».
Come vede il futuro dell’automotive?
«Molto diverso, soprattutto dal punto di vista ambientale. Più sobrietà, con auto più leggere. Per l’elettrificazione totale sarei più prudente, perché la diffusione completa richiederà tante infrastrutture importanti. Credo molto in un utilizzo più ludico: auto e moto per la mobilità quotidiana, e in garage mezzi da divertimento puro, per “fare un giro”»
A 81 anni, qual è la cosa che riesce a stupirla?
«Quanto sono bravi questi ragazzi a imparare e quanta passione ci mettono. E poi devo ancora scoprire qualcosa, e sono contento quando ci riesco. Già l’avere dei dubbi mi gratifica, sono contento di avere la consapevolezza di non sapere».