La Gazzetta dello Sport

Ahi Italvolley: vinci o sei fuori

●Le Final Six di Torino iniziano male, Zaytsev e soci irriconosc­ibili. Domani sfida chiave per le semifinali

- Gian Luca Pasini INVIATO A TORINO

Buio. Totale. Di colpo si spengono tutte le luci. Nella notte più importante l’Italia di Gianlorenz­o Blengini (striscioni e cori per il commissari­o tecnico che giocava in casa) infila di gran lunga la peggiore prestazion­e di questo Mondiale, una delle più brutte in generale. Certo è stata bene aiutata da una Serbia sempliceme­nte monumental­e e molto concreta: spietata nel servizio e molto «serba» nell’atteggiame­nto in campo, quello che avrebbe dovuto avere l’Italia, che alla prima partita «dentro o fuori» del suo Mondiale, fa l’unica cosa che non avrebbe dovuto. Si arrende. Si gretola con un castello di sabbia asciutta e cotta dal sole, alla prima ondata un po’ più potente. Spazzato via. Non pervenuta.

MARTELLI Certo gli azzurri si sono trovati davanti un avversario che nel primo set ha spazzolato in battuta la ricezione azzurra. Se hai un opposto (il bomber della squadra) che ha quasi il novanta per cento di palloni messi a terra nel primo set, capisci che è qualcosa di speciale. Ma al valore della Serbia l’Italia ha aggiunto tutto il suo demerito: andando progressiv­amente in ansia, perdendo così il bandolo della matassa. Ai meriti di Ivovic (molto lucida la sua regia, anche se ha coinvolto poco i suoi centrali) si aggiungono quelli dei martelli serbi: oltre al già citato Atanasijev­ic, anche il «trentino» Kovacevic ha fatto bene la

sua parte, mandando fuori giri in poco tempo gli uomini in maglia azzurra.

REAZIONE Se nel primo set l’Italia non è pervenuta al PalaAlpito­ur se non come comprimari­a, nel secondo gli azzurri ci hanno provato. Blengini ha messo in campo anche Maruotti (al posto di Lanza) e Candellaro e Baranowicz come arma tattica in battuta, ma senza grandi risultati. Sul 1923 del secondo parziale il silenzio per qualche momento si è fatto irreale. Anche il pubblico ha capito il momento di tensione che attanaglia­va gli azzurri. Paura di fallire, terrore di non essere all’altezza delle «promesse» fatte in questi giorni di euforia.

COME ALL’EUROPEO Difficile dire esattament­e che cosa abbia attraversa­to la testa di Zaytsev e compagni in questa disastrosa e terribile serata, ma per un momento siamo tornati ai tempi bui dell’Europeo di un anno fa. Come se in poche ore l’Italia possa essere sparita. Dissolta. Chiusa con la sua anima in ansia nella della pancia dell’impianto torinese. Solite fiammate che avevamo visto anche con la Russia (altra sconfitta), ma con la differenza non piccola che se sabato a Milano gli azzurri avevano portato la partita al tiebreak, tirando fuori muscoli e orgoglio questa volta non è successo. E anche se nel terzo parziale abbiamo visto l’Italia migliore, mai abbastanza per invertire l’inerzia del set e comunque sempre in scacco della difesa serba (tanto di cappello), che è stata forse la cosa più bella (tecnicamen­te) che si è vista in questa serata disgraziat­a per l’azzurro.

E ADESSO? Mentre si alzava l’ultimo disperato grido di incitament­o del pubblico di casa era già tempo di guardare a quello che accadrà domani. Andare in semifinale di questo Mondiale è ancora teoricamen­te possibile, ma difficilis­simo. Domani bisogna battere la Polonia, dopo avere visto quello che polacchi e serbi faranno questa sera nello scontro diretto. Lo 0-3 è un macigno difficile da rimuovere. Ma prima di chiamare il matematico a fare i conti bisogna che qualcuno riaccenda la luce in casa Italia con questo buio non si va da nessuna parte. Al di là di ogni merito dell’avversario.

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