Il lampo di Zaza rilancia il Torino Chievo sotto zero
● L’attaccante granata decide la partita nel finale Veneti sempre a -1. Ora D’Anna rischia la panchina
Dove sta Zaza? Sta in campo, dove deve stare. Dove merita di stare, se mangia la partita come ha fatto ieri e probabilmente non aveva fatto contro il Napoli. Mezzora abbondante del centravanti fino a ieri da pancamercato e un quarto d’ora di vero Toro, shakerato anche dalle scelte - non solo dalle urla - del suo allenatore, è uguale a vittoria esatta: i mazzarriani hanno fatto di più per prendersela, al di là del duello degli attaccanti inseriti per cambiare la gara stravinto da Zaza. O straperso da Meggiorini, che con una palla buttata da gridare vendetta ha avviato nella sua metà campo la ripartenza spaccapartita. Rifinita da Berenguer e morsa dal centravanti granata con la stessa rabbia con cui aveva stappato la partita alla mezzora della ripresa, con una palla rubata e a fine azione un quasi assist per Aina, che aveva suonato il primo allarme per il Chievo; o con cui poco dopo aveva accettato un invito di Belotti e chiamato Sorrentino a un altro mezzo miracolo.
FRAGILITÀ Il vantaggio era maturo, insomma. E fotografa una vittoria forse più pesante di quanto non dicano l’1-0 striminzito e perfino i tre punti in classifica. Non perdere in trasferta da aprile è buon segno, guarire dalla pareggite esterna molto di più. E seppur ancora con l’elmetto da cantiere in testa - settima formazione in sette partite, non solo per scelta Mazzarri stavolta, cambiando e ricambiando, ha trovato la benzina giusta per far chiudere il Toro con 19 tiri tentati (7 respinti). Anche rinunciando all’amata difesa a tre, con Izzo allargato a destra e Aina abbassato a sinistra, e nel finale con Iago e Berenguer alti sulle fasce, per smascherare con la loro qualità le congenite fragilità del Chievo in quelle zone, e i due centravanti a picconare in mezzo. Lì dove la squadra di D’Anna ha visto di nuovo crollare gli argini, per la terza volta di fila. Ora il tecnico è seduto su una panchina scomodissima e, salvo sorprese più immediate, se la giocherà domenica a San Siro contro il Milan. Con Nicola e Iachini in attesa.
ZERO DI TUTTO Il tabù zero (quota punti ancora da toccare in classifica e vittorie in sette partite) è certamente figlio dei 16 gol subiti finora, 14 dentro l’area. Ma se solo una volta su sette la porta è rimasta vergine, quattro volte su sette anche la latitanza offensiva ha presentato il conto. Non ci si salva chiudendo una partita così delicata con un inquietante 35% di possesso palla e un solo tiro nello specchio, come già mercoledì. Non ci si salva con tre partite in casa di fila senza segnare: Chievo leggero davanti, troppo. E leggero anche in errori che invece sono pesanti come macigni, tipo quello di Meggiorini. Si chiama avventatezza nelle scelte in uscita: era un film già visto. Oggi il Chievo sarebbe penultimo anche senza la penalizzazione: proprio Mazzarri (con la Reggina) mostrò come si fa a liberarsi di certi handicap.
I RIMORSI Ieri ha semplicemente mostrato più voglia, e anche possibilità, di rischiare qualcosa in più, dopo il solito primo tempo senza gol: 45’ bruttissimi, anzi un’ora, fra portieri al limite del senza voto e rimpianti reciproci. Prima quello del Chievo: ordinato come il 4-4-2 scelto da D’Anna, che ci aveva messo il suo veleno con Leris e Birsa in appoggio a Djordjevic, ma troppo presto acquietato nella sua prudenza per ferire le vaghezze di quel Toro. Che era rattrappito, tenuto basso sulle fasce da Giaccherini e Leris, morbido nel pressing, confuso nell’impostazione mai partita da dietro nonostante tre centrali per una punta e mezza. Dunque con Belotti orfano di un cucito di qualità alle sue spalle, dell’ultimo ricamo mai riuscito a Edera e Soriano, tanto che l’unico grazie per una palla decente l’aveva detto a Leris, che l’aveva persa. Il rimpianto, che poi era un dubbio, del Toro è stato per un po’ quello di essersi svegliato troppo tardi: ci ha pensato Zaza a non trasformarlo in rimorso.
L’ombra di Nicola, Iachini e Di Carlo sul tecnico della formazione veronese
Simone parte in panchina, e quando entra la banda Mazzarri cambia marcia