Simone: «Io e Belotti insieme? Parla il campo»
●Zaza felice: «Mi sono sbloccato, riparto da questo gol. E il mister sa quello che fa» Mazzarri: «A questo Toro serve tempo»
Dove eravamo rimasti? Ai sermoncini di Mazzarri il perfezionista, che prima di sdoganare il talento di Zaza voleva vederlo all’opera nella sua versione migliore. E ieri ogni cosa è andata al suo posto, l’ex Valencia ha trovato il colpo giusto sull’invenzione di Berenguer e sul cielo granata è tornato a splendere il sole. Il presidente Cairo ha lasciato il Bentegodi con un sorriso («Bene», il suo commento) che diceva tutto della sua soddisfazione per tre punti pesantissimi. «Mi sono sbloccato e sono contento – l’ammissione di Zaza, al primo centro granata -, ovvio che sia importante per un attaccante fare gol. Poi, però, va detto che in un ambiente nuovo è normale incontrare difficoltà sul piano tecnico e tattico con un allenatore nuovo. Riparto da qui». Da un gol con dedica speciale, «al mio amico magazziniere (Marco Pasin, n.d.r.)», tifosissimo della prima ora di Zaza e desideroso che la trattativa con l’attaccante andasse in porto. «Lui è stato fra i primi a volermi qui, spingeva perché io arrivassi».
RESTYLING Un avvio difficile, per lui: in panchina con Roma e Torino, poi il debutto soft contro la Spal, mezz’ora a Udine, la giornataccia con il Napoli, l’impatto negativo nel finale a Bergamo che tanto aveva fatto arrabbiare Mazzarri. «Ho sentito tante parole sulla storia della convivenza fra me e Belotti, ma penso che sia sempre il campo a dovere parlare e non è possibile tirare delle conclusioni dopo poche partite. Il mister sa quello che fa, ha le sue idee, noi le mettiamo in pratica, ma di sicuro Iago e Andrea sono forti». E adesso si può anche scherzare su quello che era il vero tallone d’Achille dei granata, i primi tempi troppo morbidi, prima dei risvegli nella ripresa. Sentite Mazzarri: «Non sono mago Merlino, che può entrare nella testa dei giocatori prima della partita. Ovvio che non mi piaccia regalare i primi tempi agli avversari, ma anche questo fa parte di un processo di crescita che coinvolge soprattutto i giocatori nuovi e gli stranieri. Il Toro di oggi è una multinazionale, serve tempo».