NON C’È HIGUAIN? IL MILAN SI FA IN 4
Vittoria importante dei rossoneri sul Sassuolo
Manca Higuain, il bomber, il leader che trasmette coraggio? Il Milan ne fa 4 in un colpo solo, non trema e per la prima volta governa con sicurezza una partita dominata. Il calcio è questa cosa qua, insondabile e imprevedibile. Assomiglia all’amore più che alla scienza. Per questo fa innamorare.
Col jolly in tasca di un recupero (Genoa), Gattuso può proiettarsi a 12 punti, in zona Euro. Ma più della classifica, sono le risposte della squadra a farlo felice. La diagonale feroce con cui Abate ha cancellato un gol fatto di Di Francesco, è la «cazzimma» che chiedeva. La gestione sicura del vantaggio, poi quadruplicato, è la personalità che attendeva. È qui che deve crescere il Diavolo che ha già un’identità definita e buone linee di gioco. Merita lodi anche Rino, braccato dal fantasma di Conte. Non sarà Guardiola, ma ha saputo applicarne un dogma: «Il mio 9 è lo spazio». Nelle zolle svuotate da Higuain, Kessie è arrivato al galoppo e ha fatto 1-0. Suso ha attraversato quel vuoto con una parabola perfetta e ha trovato un gol atteso dal 4 febbraio. Castillejo, il falso nove, ha fatto 3-0. Questa volta la porta è stata attaccata con cattiveria. Un Sassuolo spaventato dalla bella classifica ha giocato un po’ trattenuto e si è sciolto solo dopo il terzo sberlone. Il gol di Djuricic ha risvegliato traumi freschi, perché il Diavolo aveva in memoria tre dolorose rimonte (Napoli, Atalanta, Empoli). Ma stavolta è andato oltre le Colonne d’Ercole del vantaggio ed è approdato al mare calmo di una vittoria che attendeva dal 31 agosto (Milan-Roma 2-1). Anzi, ci ha aggiunto pure il quarto gol (Suso), sfruttando il buon impatto dei nuovi entrati (Cutrone, Laxalt). Oggi il Milan è più lungo di un anno fa. Il successo su un campo insidioso, che sgambettò l’Inter all’esordio, porterà fiducia, carica e forse quella convinzione che serve al Milan per crescere. Con un Higuain in più. Ma per parlare di svolta, aspettiamo il 21 ottobre, giorno del derby meneghino.
Aggrappato ai gol di Krzysztof Pjatek, centravanti poco falso e molto vero, il Genoa sale a quota Lazio (12) e con un recupero in canna può immaginarsi a quota Napoli (15). Per il bomber polacco: 8 gol in 6 partite, quanto CR7, Higuain, Dzeko, Icardi e Milinkovic Savic messi insieme. Impressionante. E inquietante, visto che il 14 ottobre il Pistolero ci sparerà contro in Nations League. Se giocherà, perché la Polonia ha anche Lewandowski e Milik. Noi in attacco siamo un filo meno attrezzati. Vittorie importanti anche per due euro-ambiziose, Torino e Fiorentina. I granata l’hanno spuntata nel finale, grazie all’ingresso di Zaza, dopo aver sofferto un Chievo a -1 e creato pochissimo. Solita musica. A Mazzarri riesce spesso la reazione e l’assalto disperato, molto meno una partita coraggiosa e di qualità fin dall’inizio, come ti aspetti da un organico importante. Belotti-Zaza è molto più di un’opzione per l’emergenza. È l’ora di osare per cambiare passo. Una Fiorentina stanca ha subito a lungo l’Atalanta che ha giocato meglio. Decide Chiesa che strappa un rigore inesistente. «Fede è stato intelligente a tagliare la strada a Toloi e a rallentare», commenta Pioli. No, cadere prima del contatto non è «intelligenza», si chiama in altro modo. Impossibile non smascherare con la Var il dolo di Chiesa. Perché non è intervenuto? Incomprensibile. Perché lasciare vivo, non solo in Gasperini, il sospetto di un frenetico risarcimento dopo Inter-Fiorentina? Il campionato scorso, al di là di imperfezioni di protocollo, ci aveva lasciato la confortante sensazione che la Var avesse fatto un deciso scatto verso l’oggettività della giustizia. Quanto successo ieri a Bologna e Firenze, contro l’evidenza, è stato un poderoso e inquietante passo indietro.