«Sono un vecchietto che non va male...» E scoppia in lacrime
●Valverde: «Dura vincere da favorito». Debutta in maglia iridata al Lombardia; al Giro nel 2019
«LA PARTE DURA ERA 3-400 METRI. BASTAVA AVERE UN PO’ DI FORZA» VALVERDE È NATO IL 25 APRILE 1980
Imbatido. Infinito. Fenomenale. O più semplicemente, Alejandro Valverde. Con il trionfo mondiale di ieri il cerchio si chiude. La maglia iridata è il coronamento di una carriera incredibile, bloccata per due anni dall’Operacion Puerto. L’Uci, prima di squalificarlo, gli nega la partecipazione alla prova iridata di Stoccarda 2007. Ma Alejandro torna. Più forte di tutto e di tutti. Con due ossessioni, anche se lui nega: Mondiale e Tour. «Questa maglia è un sogno che si avvera. Quello del Tour no, pazienza. La prima cosa che ho pensato dopo il traguardo? Finalmente! Non sono contento, di più. Contentissimo. Comunque non ho vissuta la corsa con ossessione, anche se sapevo che vincere da favorito è ancora più difficile».
RITORNI Dopo il Tour dell’anno scorso, sembrava sul punto di mettere fine alla carriera. Caduto nella prima tappa, la crono di Dusseldorf: curva a sinistra, scivola e si schianta contro il marciapiede. Rotula in frantumi. Non abbastanza per spegnergli la passione, per togliere al «Bala» l’amore per il ciclismo. Si allena poco, per lui è un divertimento, ma con ferocia. «Le volte che in allenamento ho superato le cinque ore in sella si contano sulle dita di una mano. Tre-quattro a me bastano». Uno che lo conosce bene, Daniele Bennati, aggiunge: «Difficile tenergli le ruote anche in allenamento. Va sempre fortissimo». E quasi sempre, anche d’estate, con calze alte, gambali a compressione. «Dopo la caduta del Tour tutto quello che viene è un regalo: 14 vittorie in stagione, questa bellissima maglia… posso chiedere di più?». Per un fuoriclasse dalle sfide impossibile pensare a Tokyo 2020, nonostante l’età, non è un’utopia. «Vedremo, c’è tempo», e strizza l’occhio. L’età in fondo non conta. Valverde è il secondo campione del mondo più vecchio di sempre. Solo l’olandese Zoetemelk lo batte: di tre mesi. «Sono un vecchietto che non va male». Un dettaglio conferma che nelle sue gambe c’è ancora dinamite. Rapporto sul Muro? «36x29. Non serviva di più, la parte dura era corta, solo 3-400 metri. Bastava avere un po’ di forza». Semplice no?
IN ITALIA Valverde farà un regalo all’Italia: il suo debutto in maglia iridata sarà sabato 13 al Giro di Lombardia. E, molto probabilmente, poi la porterà sulle strade del prossimo Giro d’Italia: terzo nel 2016. Non per fare passerella, ma inseguendo un altro sogno. Valverde, a detta del c.t. Javier Minguez (che lavora a titolo gratuito per la Spagna), «è un fenomeno. Se fosse belga, ci sarebbero i monumenti per le strade». Valverde vince e piange a dirotto. «Non è la prima volta, mi era già capitato con il podio al Tour. Ma questa è senza dubbio la vittoria più emozionante. E pensare che quando sabato mattina ho incontrato Cipollini, Bettini, Fondriest e Museeuw in allenamento, tutti campioni del mondo, l’ho preso come un segno del destino».
RIVALITÀ Valverde e Contador, un paragone e una rivalità che ha sempre acceso la Spagna. Il giudizio è abbastanza unanime: «Dos campeones. Però, Alejandro es un señor». Valverde, prima di congedarsi pensa alla figlia di quattro anni, presente a Innsburck: «Natalia oggi (ieri, ndr) compie quattro anni. Ora potrà dire che suo papà è stato campione del mondo».