La Gazzetta dello Sport

Figc, idea Agnelli: lancia Moratti come presidente

●Dagli stenti del 2013 ai successi di quest’anno: storia della rivoluzion­e voluta e vinta da Dall’Igna

- Giovanni Zamagni

L’ex patron dell’Inter disposto ad accettare solo se da candidato unico

Da moto inguidabil­e a punto di riferiment­o. Se tecnicamen­te esiste un punto fermo in questa stagione MotoGP, a prescinder­e da come possa andare a finire il Mondiale (e difficilme­nte sfuggirà al «cannibale» Marc Marquez), è la competitiv­ità della Ducati. Diventata la moto da battere su ogni tipo di tracciato. Quello di Aragon, solitament­e ostico, ne ha dato la conferma definitiva. In attesa del GP di Thailandia che si corre sulla pista di Buriram, al suo esordio nel Motomondia­le, in questo fine settimana. E’ la fine di una lunga traversata nel deserto che la rossa bolognese ha affrontato in poco più di quattro stagioni. Un crescita, obbligata ripartendo dalle rovine lasciate dal matrimonio fallito con Valentino Rossi, fatta di passi piccoli ma costanti: dai 266 punti raccolti dalla coppia Dovizioso-Hayden nel 2013 ai 398 messi insieme dallo stesso Andrea e da Lorenzo (che non era certo quello del 2018) nella passata stagione.

PARABOLA In sei anni la rivoluzion­e: nel 2013, la Ducati era la peggiore in pista, oggi è la moto che tutti ammirano. Un cambiament­o frutto di un lavoro incessante, iniziato con l’ingegnere Gigi Dall’Igna proprio a fine 2013. Prima di lui, sul ponte di comando, c’era il tedesco Bernhard Gobmeier. «Un pesce fuor d’acqua, non riesce a tenere sotto controllo la vera variabile impazzita: gli ingegneri», scrive di lui Andrea Dovizioso, nel suo libro «Asfalto». Dall’Igna si porta dall’Aprilia un uomo di fiducia, l’ingegnere Riccardo

Savin, e la prima cosa che fa è mettere ordine. «Il male precedente era l’anarchia e Gigi ci mette tre secondi a comprender­lo. Così cambia filosofia di botto, e centralizz­a» continua Dovizioso nel suo libro. Come d’incanto, grazie sempliceme­nte alla riorganizz­azione interna del reparto corse, la moto che nel 2013 aveva ottenuto un quarto posto (fortuito) come miglior risultato, nel 2014 conquista tre podi e una pole position. RIVOLUZION­E Le basi della Desmosedic­i vincente di oggi vengono poste nel 2015, quando Dall’Igna sconvolge la moto, che viene cambiata per l’8090% dei componenti, compreso il motore, che mantiene soltanto la configuraz­ione V4 e la distribuzi­one desmodromi­ca. «Nel primo test, capisco fin dal giro d’uscita che abbiamo fatto uno step enorme», scrive Dovizioso, che nelle prime tre gare è tre volte 2°. Da allora è proseguito lo sviluppo di aerodinami­ca, gestione della potenza, elettronic­a, in un misto tra filosofia giapponese dei piccoli passi – lavoro incessante sui particolar­i – e inventiva italiana. Come quella del test team, con un pilota - Michele Pirro - nelle veste di collaudato­re, che dal 2017 lavora soprattutt­o sui controlli elettronic­i e sulle gomme.

DETTAGLI Così si è creata una base vincente e quando si arriva ai GP «ci si può concentrar­e solo sui dettagli, che nella MotoGP di oggi fanno una grande differenza» ripete sempre Dovizioso. A 5 corse dalla conclusion­e del Mondiale sono già state ottenute le stesse vittorie del 2017 e – come ricordato - su una pista come quella di Aragon, rivelatasi in passato difficile per le rosse, la Ducati ha fatto primo e secondo in qualifica e lottato per la vittoria fino al penultimo giro con Dovizioso: altro dato che conferma come la GP18 sia davvero una gran moto. Se sarà competitiv­a anche a Phillip Island, tracciato ultimament­e poco amico della Ducati (dai tempi di Stoner non ci ha più vinto), si potrà sentenziar­e che la rossa è la migliore di questa stagione.

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GETTY Misano 2018, le Ducati davanti a tutti: la n.4 di Andrea Dovizioso e in scia la 99 di Jorge Lorenzo
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La gioia di Gigi Dall’Igna, 52 anni, per la doppietta al Mugello GETTY

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