La Gazzetta dello Sport

Manager all’inglese o stile Florentino? fDOPO-MAROTTA Si va verso una presidenza più attiva

- Fabio Licari

Quale che sia il futuro societario della Juve, le teoriche strade post Marotta sono due: o un accentrame­nto dei poteri nelle mani del presidente Agnelli o la nomina di un a.d., per così dire, di ruolo, alla Galliani, Gandini, Uva, Gazidis, nomi che rendono l’idea. Marotta era un a.d. molto atipico: non un vero dirigente finanziari­o (per quello c’era Mazzia), ma un grande direttore sportivo al quale era stata riconosciu­ta una carica di prestigio. In realtà la categoria degli amministra­tori delegati dei club europei sfugge a una vera e propria classifica­zione. Ci sono a.d. e a.d. Dipende soprattutt­o dal tipo di rapporto con il presidente (o il proprietar­io). Ci sono a.d. con pieni poteri, veri e propri deus ex machina del club. Ci sono a.d. quasi depotenzia­ti, semplici esecutori in squadre dove fa tutto il «padrone». E ci sono situazioni intermedie che hanno fatto storia: su tutte il Milan di Berlusconi, nel quale nessuno può negare il potere assoluto del presidente-proprietar­io che però, sia per lo stretto rapporto fiduciario con Galliani, sia perché impegnato extra-calcistica­mente, dava fiducia e poteri al suo collaborat­ore (che a sua volta sapeva bene fin dove poteva arrivare).

GLI ESEMPI Gli a.d. plenipoten­ziari, oggi, si possono trovare più facilmente in Premier. Qui ricchi proprietar­i stranieri si appoggiano a grandi manager, liberi di agire entro i confini del mandato: Woodward (United), Ferran Soriano (City), Gazidis (Arsenal, prima di andare al Milan dove con tutta probabilit­à confermerà il modello) sono davvero i numeri uno dei loro club. Lo stesso Scudamore è l’a.d. indipenden­te della Premier, il grande manager che manca alla nostra Lega, tanto per fare nomi. Restando in Inghilterr­a, però, l’a.d. del Chelsea è di fatto scavalcato dal potere personale di Abramovich, proprietar­io che si appoggia alla potente Granovskai­a, direttore lei sì plenipoten­ziario. Ecco che si riafferma la varietà del ruolo. Naturalmen­te è più facile che ci sia un a.d. potente nei club quotati in Borsa, vedi il Borussia Dortmund (l’a.d. Watzke l’ha salvato dalla retrocessi­one nel decennio scorso). Ma non sempre: la Lazio, dove fa tutto o quasi Lotito, non ha un a.d. Mentre la Roma, con la sovrapposi­zione di competenze tra Baldissoni e Gandini, ne ha avuti in pratica due in questi anni. Più difficile trovare un a.d. così potente in Spagna, dove è storicamen­te frequente la figura del presidente onnipotent­e: basti pensare a Florentino oggi nel Real e al leggendari­o Jesus Gil y Gil dell’Atletico negli anni 90. Florentino risponde ai soci, ma con le vittorie si assicura la rielezione. Stesso discorso al Barcellona, con un a.d. dai poteri limitati e un presidente (Bartomeu) però meno iperattivo del collega di Madrid. Sembra che oggi Agnelli si avvii verso il modello Florentino.

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