Manager all’inglese o stile Florentino? fDOPO-MAROTTA Si va verso una presidenza più attiva
Quale che sia il futuro societario della Juve, le teoriche strade post Marotta sono due: o un accentramento dei poteri nelle mani del presidente Agnelli o la nomina di un a.d., per così dire, di ruolo, alla Galliani, Gandini, Uva, Gazidis, nomi che rendono l’idea. Marotta era un a.d. molto atipico: non un vero dirigente finanziario (per quello c’era Mazzia), ma un grande direttore sportivo al quale era stata riconosciuta una carica di prestigio. In realtà la categoria degli amministratori delegati dei club europei sfugge a una vera e propria classificazione. Ci sono a.d. e a.d. Dipende soprattutto dal tipo di rapporto con il presidente (o il proprietario). Ci sono a.d. con pieni poteri, veri e propri deus ex machina del club. Ci sono a.d. quasi depotenziati, semplici esecutori in squadre dove fa tutto il «padrone». E ci sono situazioni intermedie che hanno fatto storia: su tutte il Milan di Berlusconi, nel quale nessuno può negare il potere assoluto del presidente-proprietario che però, sia per lo stretto rapporto fiduciario con Galliani, sia perché impegnato extra-calcisticamente, dava fiducia e poteri al suo collaboratore (che a sua volta sapeva bene fin dove poteva arrivare).
GLI ESEMPI Gli a.d. plenipotenziari, oggi, si possono trovare più facilmente in Premier. Qui ricchi proprietari stranieri si appoggiano a grandi manager, liberi di agire entro i confini del mandato: Woodward (United), Ferran Soriano (City), Gazidis (Arsenal, prima di andare al Milan dove con tutta probabilità confermerà il modello) sono davvero i numeri uno dei loro club. Lo stesso Scudamore è l’a.d. indipendente della Premier, il grande manager che manca alla nostra Lega, tanto per fare nomi. Restando in Inghilterra, però, l’a.d. del Chelsea è di fatto scavalcato dal potere personale di Abramovich, proprietario che si appoggia alla potente Granovskaia, direttore lei sì plenipotenziario. Ecco che si riafferma la varietà del ruolo. Naturalmente è più facile che ci sia un a.d. potente nei club quotati in Borsa, vedi il Borussia Dortmund (l’a.d. Watzke l’ha salvato dalla retrocessione nel decennio scorso). Ma non sempre: la Lazio, dove fa tutto o quasi Lotito, non ha un a.d. Mentre la Roma, con la sovrapposizione di competenze tra Baldissoni e Gandini, ne ha avuti in pratica due in questi anni. Più difficile trovare un a.d. così potente in Spagna, dove è storicamente frequente la figura del presidente onnipotente: basti pensare a Florentino oggi nel Real e al leggendario Jesus Gil y Gil dell’Atletico negli anni 90. Florentino risponde ai soci, ma con le vittorie si assicura la rielezione. Stesso discorso al Barcellona, con un a.d. dai poteri limitati e un presidente (Bartomeu) però meno iperattivo del collega di Madrid. Sembra che oggi Agnelli si avvii verso il modello Florentino.