La Gazzetta dello Sport

L’ATLETICA SALE SU LA TORRE: GIUSTO PUNTARE SUL VERTICE

Il programma anti-crisi del nuovo direttore tecnico

- L’ANALISI di FAUSTO NARDUCCI email: fnarducci@rcs.it twitter: @Ammapp1

«Si accettano miracoli» diceva Alessandro Siani nel suo film di tre anni fa. Il fatto è che l’atletica azzurra i miracoli li accettereb­be pure, ma non è ancora nato chi è in grado di farli. La persona più vicina a moltiplica­re gli ori e i podi è però proprio Antonio La Torre, il neo direttore tecnico, che martedì nella conferenza stampa di insediamen­to si è affrettato a dire: «Non chiedetemi miracoli». Eppure, dopo aver detto tanti «no», il più qualificat­o studioso della nostra atletica di resistenza non poteva che mettersi al servizio dello sport che in questi anni ha analizzato non soltanto da un punto di vista agonistico, ma soprattutt­o da quello scientific­o ed evolutivo. E, come punto di partenza del suo progetto, ha ripreso una vecchia idea sulla quale lavorava da tempo all’interno della Fidal: restringer­e il gruppo di élite, cioè concentrar­e sugli atleti da medaglia la maggior parte degli investimen­ti anche economici. Niente di diverso da quello che la Gran Bretagna sta facendo all’interno dello sport olimpico (quindi non soltanto nell’atletica), ma sicurament­e un cambio di passo rispetto alla politica quantitati­va (più che qualitativ­a) che aveva pilotato le nostre ultime spedizioni. L’impronta di La Torre si vedrà soprattutt­o sull’accentrame­nto modellato sull’«Insep» francese, vecchio pallino del professore milanese. Nel nuovo organigram­ma tecnico, almeno per ora, non figura Stefano Baldini, ma anche in questo caso un ponte è già lanciato da colui che è un grande mediatore, apprezzato da tutti. Insomma, i miracoli non sono richiesti — e non ce li aspettiamo neppure – ma quello che ci sentiamo di chiedere al presidente Giomi per il suo prossimo biennio olimpico è che ora lasci lavorare La Torre in piena autonomia.

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