Faccenda, l’uomo che trovò il diamante «Franck mi colpì anche da difensore»
●Il talent scout nel 2014 lavorava per l’Atalanta: vide il ragazzo a Tolone e lo seguì fino a Dakar
Dicono che gli opposti si attraggano, ma la storia di Mario Faccenda e Franck Kessie insegna che non è sempre così. Perché qui si parla di amore a prima vista calcistico, s’intende - tra due simili. Due difensori centrali. Un ex e un ragazzo che poi, nel prosieguo della carriera, avrebbe avanzato il raggio d’azione fino a cambiare ruolo, affermandosi come centrocampista. Faccenda oggi è un osservatore in orbita Sassuolo, ma nel 2014 e nel 2015, ovvero gli anni in cui prendeva forma il passaggio di Kessie dall’Africa all’Europa, lavorava per l’Atalanta. Da talent scout scrupoloso, volle saperne di più su un giovanotto ivoriano che s’era messo in luce al torneo giovanile di Tolone, così andò a vederlo in azione in Africa, coi propri occhi. E confermò ai bergamaschi la bontà dell’acquisto che stavano perfezionando per la Primavera. A DAKAR «Franck mi colpì per il fisico imponente, rispetto agli altri sembrava un colosso, pur senza essere molto alto racconta Faccenda -. Ai campionati africani Under 20, in Senegal, lo facevano giocare da centrale in una difesa a tre. Aveva già un passo e un piglio nettamente diversi rispetto ai compagni e agli avversari, ma a impressionarmi furono i margini di miglioramento che mostrava». L’evoluzione tattica di Kessie non l’ha sorpreso più di tanto: «Nel calcio di oggi, un ragazzo con quelle caratteristiche e quella potenza atletica è perfetto per aggiungere muscoli a centrocampo. Aveva una grande facilità di corsa, me ne accorsi già quel giorno a Dakar, il ruolo da difensore centrale non la valorizzava a sufficienza». Ma la crescita di Kessie è conclusa o il prodotto delle giovanili dello Stella Club d’Adjamé (tre volte campione nazionale ivoriano) ha raggiunto l’apice del rendimento? Faccenda non pone limiti: «Dipende solo da lui. Se non si monterà la testa, come capita a volte in questo genere di storie, secondo me può migliorare ancora parecchio».
IL PERCORSO Dalla segnalazione del suo scopritore al decollo non è passato molto tempo. Anche per l’intervento di Beppe Corti, altro eccellente talent scout, che lo segnalò a Rino Foschi per il Cesena, evitando che l’Atalanta lo dirottasse inizialmente nella Serie B svizzera. Sono normali dinamiche, quando si tratta di diamanti ancora da sgrezzare: i posti da extracomunitario sono limitati e non è facile indovinare subito le scelte. Il resto è storia: l’intuizione di Drago, tecnico del Cesena che cominciò a farlo giocare davanti alla difesa, poi il ritorno all’Atalanta e l’esplosione definitiva grazie a Gasperini. Al Milan, Franck è l’uomo-ovunque: il primo ad aiutare Higuain quando Gattuso vuole il pressing alto, il frangiflutti contro cui sbattono i mediani avversari, il centometrista che galoppa da un’area all’altra. L’anno scorso lo si è visto perfino esterno in un Diavolo schierato con la difesa a tre. Mai da centrale, però: il passato è passato.