La rivoluzione di Castro Il Cagliari è un’isola felice
●L’argentino inventa, Joao Pedro e Pavoletti (di testa) realizzano Il Bologna si scioglie: perde tutti i duelli e la quinta partita
E’il Castrismo, fratello. E’ l’eccezione che frantuma le regole, è la qualità che appiattisce vecchi e banali difetti, il viagra calcistico che fa finalmente lievitare un Cagliari lucido, superiore, in gol dopo mezza esistenza e capace di vincere la prima gara dell’anno in casa squassando un Bologna inchiodato quasi in ogni duello, in ogni zona del campo, in ogni tentativo (esistente ma ritardato) di ribellarsi alla rivoluzione di Lucas «El Pata» Castro. Perché l’argentino infilato da trequartista ha semplicemente scavato il burrone: e Inzaghi – con le mani nei capelli più di quando gli capitava di fallire qualche gol – c’è caduto dentro assieme ai suoi irriconoscibili ragazzi.
LA TERRA DI MEZZO La rivoluzione Castrista arriva dopo giorni di prove e valutazioni: Maran – per ovviare alla mancanza del gol che non arrivava dal 4’ del primo tempo della gara interna contro il Milan – mette l’argentino a veleggiare dietro a Joao e Pavoletti. Dietro di loro, un sistema a tre che si prende subito campo e palloni perché ogni duello viene vinto e anche quando c’è un rigurgito di rimonta da parte del Bologna non emerge mai l’impressione che il Cagliari possa naufragare. Nagy e Dzemaili perdono duelli e coordinate, si svegliano tardi con tiri da lontano ma lo spartito non sterza, Svanberg regge e non regge, semmai solo Orsolini (con cambio di modulo in corsa) rianima e se vede la porta ci prova. Il Cagliari, però, è già volato via grazie all’anarchia salutista di Castro, posizionato sulla trequarti ma libero di andare altrove, ovunque, come testimoniato dalla genesi dei due gol e dalle rincorse bolognesi. CASTRO FA IMPAZZIRE Le uscite di Castro dalla sua zona di mezzo manda il Bologna fuori fase: perché Barella mette solidità e inserimenti, Bradaric lavora bene, Ionita fa cose elementari ma giuste e Joao Pedro abbassa e alza il proprio raggio d’azione fino a infilare l’1-0 quasi comico (per il Bologna). L’argentino vola a recuperare un pallone a sinistra, la difesa bolognese è talmente sbalestrata che – con Calabresi in uscita e Danilo a 4 metri dal brasiliano – Joao Pedro mette dentro un 1-0 che nemmeno in allenamento è ormai possibile vedere. Libero. Nell’isola (bolognese) che non c’è. Il raddoppio, poi, nasce ancora da Castro: allargamento da destra, Krejici saltato, Pavoletti salta su Mattiello che non chiude e pratica archiviata. Tutto troppo facile: e così il Bologna (nuovamente abbracciato ai palloni lunghi, sinonimo di criticità in mezzo al campo) perde la quinta gara e non segna per la sesta volta. Ciò che Inzaghi chiedeva – continuità e una vittoria esterna che manca dal novembre 2017 – non è stato nemmeno sfiorato.
IL GIALLO CHE ENTRA Vero è che il Bologna poteva riaprirla con Nagy e Dzemaili (bravo Cragno), che magari nel primo tempo Pisacane poteva essere da rosso per fallo su Dzemaili (e la superiorità numerica avrebbe cambiato le cose) ma c’è stato troppo Cagliari e solo microgranuli di Bologna. Ah, in tutto questo si è vista anche la novità dell’ingresso di due giocatori già ammoniti: Dessena e Okwonkwo avevano litigato mentre si scaldavano a bordo campo, Pasqua li ha «giallati», Maran e Inzaghi li hanno poi infilati con indicazioni diverse pur se appesantiti da quel cartellino senza aver ancora messo piede in campo. Bizzarrie. Di una partita chiarissima.