VISTI DA DIETRO I TIRATORI SONO UGUALI
Le motivazioni dei Mondiali paralimpici
Il tiro, fra due fuochi, ci sta bene. In questi giorni a Lonato, tempio organizzativo sul lago di Garda che il mondo ci invidia, la disciplina più azzurra di Rio si affida all’Italia per rifarsi il look a Olimpiadi e Paralimpiadi. Innanzitutto c’è questa prima edizione dei Mondiali di Paratrap sui quali proprio la nostra federazione studiava da tempo. Per rendere l’attività agonistica sempre più accessibile a tutti, i tempi erano maturi per aprire lo sport paralimpico anche alle armi, ma era necessario abbattere al poligono anche i luoghi comuni imperanti sul tiro. Tanto più che le performance di questi atleti sono del tutto paragonabili a quelle dei normodotati. Visti da dietro, mai come nel tiro, gli atleti sono tutti uguali, nel senso che le percentuali al punteggio e i tempi di esecuzione visti al Trap Concaverde di Lonato non sono molto lontani da quelli che si vedono in coppa del Mondo. Rappresentati i portatori di tre tipi di disabilità: seduti (sitting), in piedi (impedimenti agli arti inferiori) e menomati agli arti superiori. Evidentemente finora sono stati soltanto culturali i motivi che hanno impedito al tiro a volo di entrare nel programma ufficiale delle Paralimpiadi (dove c’è il tiro a segno), un traguardo che proprio la Fitav (la federazione italiana), organizzatrice della rassegna, intende colmare per Parigi 2024 o al massimo per Los Angeles 2028.
Ed è proprio qui che entra in ballo il presidente Luciano Rossi, che ha dovuto fare ricorso al Tas per ridurre ai minimi termini una sospensione inflittagli dall’Issf per presunti conflitti di interesse che nascondevano evidenti motivazioni politiche. Quel che conta è che il numero uno italiano proprio a Lonato ha potuto ufficializzare la sua candidatura per scalzare nelle elezioni che si svolgeranno il 30 novembre a Monaco l’oligarca russo Vladimir Lisin. Qui non si tratta di propendere per un presidente semplicemente per la nazionalità, ma di ascoltare il grido di allarme di Luciano Rossi, che ha già trovato l’adesione di 23 federazioni nazionali: «L’intero futuro del tiro e delle armi da fuoco è in seria discussione: l’alternativa è crescere o sparire facendo capire che l’uso delle armi sportive è un antidoto alla violenza e non c’entra nulla con la caccia». In effetti il ricambio delle armi nel programma olimpico che ha cancellato la pistola 50 metri con cui gareggiava De Coubertin in cambio di un’apertura all’aria compressa, al laser e alle gare miste ci sembra una concessione alle mode del momento più che a una riflessione sul futuro della disciplina. La sopravvivenza del tiro si gioca soprattutto sulla sicurezza e sulla difesa dell’ambiente.