La Gazzetta dello Sport

Arrivabene: «Errori inaccettab­ili»

●Il team principal a Suzuka attacca i suoi uomini: manca la fiducia tra i vertici, ormai è crisi aperta

- Andrea Cremonesi INVIATO A SUZUKA (GIAPPONE)

Il confine in questi casi è sottilissi­mo. Per usare le parole, mai confermate, pronunciat­e via radio da Fernando Alonso in un altro sabato da dimenticar­e per la Ferrari, è un attimo passare da geni a scemi. Sfortunata­mente per la truppa rossa, già fiaccata da una striscia di sconfitte iniziata a Monza e proseguita a Singapore e Sochi, che ha allontanat­o decisament­e il Mondiale, montare all’avvio della Q3 le gomme da bagnato si è rivelato un autogol.

AZZARDO Succede in giornate come quel la di ieri q uando sul cielo di Suzuka, spinte dal vento, ● Gli anni dall’ultimo Mondiale del Cavallino: lo conquistò Kimi Raikkonen nel 2007 in Brasile, approfitta­ndo della lotta in casa McLaren fra Hamilton e Alonso le nubi hanno giocato a rincorrers­i, infastiden­do i piloti con intermitte­nti scrosci d’acqua. Quando sui radar gli strateghi della rossa hanno visto crescere la possibilit­à di pioggia hanno azzardato il tutto per tutto. Tanto era chiaro che a parità di condizioni nessuno sarebbe stato in grado di stare davanti alle Mercedes. Il giochino, per la legge di Murphy (secondo cui se qualcosa può andar male, lo farà) non ha funzionato. Vettel e Raikkonen, mentre gli altri staccavano i giri migliori, con l’asfalto asciutto a sufficienz­a, sono dovuti tornare ai box per montare le gomme super soffici usate dal resto della top ten. E con la pista che, ironia della sorte, andava a bagnarsi, sono stati costretti ad autentiche acrobazie per tenere dritta la SF71H al punto da finire entrambe larghi alla curva Spoon.

RISULTATO Raikkonen è riuscito a limitare i danni, ottenendo il 4° tempo, Vettel no. E quando, dopo un altro inutile tentativo vanificato dalla pioggia più consistent­e, è rientrato definitiva­mente ai box si è ritrovato 9°. Ma essendo un 4 volte iridato che ormai corre da 11 anni ha difeso la scelta del team, secondo il detto si vince e si perde tutti insieme: «Fosse arrivata la pioggia 5 o 6 minuti prima ora si griderebbe al miracolo, invece stiamo passando per stupidi», ha sintetizza­to. Nelle corse succede. Invece no, l’ennesimo svarione ha di fatto aperto ufficialme­nte la crisi Ferrari. Che non è solo di risultati, ma di fiducia reciproca tra chi comanda nel team.

ACCUSA Mai si era sentito un team principal del Cavallino scagliarsi con tanta veemenza come ha fatto Maurizio Arrivabene contro una scelta che avrebbe forse potuto o dovuto contrastar­e più efficaceme­nte, anche se l’aspetto tecnico non fa parte del suo ruolo. Perché, nel momento in cui ha premuto il pulsante delle comunicazi­oni per chiedere conto della decisione, »invadendo» il campo altrui, il danno era già stato fatto. «Quanto è successo è inaccettab­ile», ha detto, assestando la seconda picconata in 24 ore allo staff tecnico dopo che venerdì aveva asserito che la SF71H è lungi dall’essere la macchina ideale. «Siamo una squadra giovane e questo si paga, ci manca una persona di esperienza, ● 1. Vettel fuori pista nel giro decisivo delle qualifiche, sulla pista umida; ● 2. Maurizio Arrivabene, 61 anni, al muretto Ferrari: è team principal dal novembre 2014, quando Sergio Marchionne lo nominò al posto di Marco Mattiacci: il suo bilancio finora è di 13 GP vinti LAPRESSE

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un pistaiolo che fiuti quello che c’è nell’aria», ha aggiunto. Dimentican­do che persino Schumi venne criticato in Malesia nel 2009, quando in veste di super consiglier­e non aveva evitato proprio a Raikkonen di scendere in pista con le gomme da bagnato mentre splendeva il sole. E poi è possibile che due piloti di esperienza come Seb e Kimi non abbiano mosso alcuna obiezione?

ROTTURA In realtà la reazione di ieri è la chiara spia di una frattura all’interno della scuderia, percepita da tempo ed esplosa dopo la scomparsa di Sergio Marchionne, padre e padrone a Maranello sino a quando a fine giugno la malattia non ha preso il sopravvent­o. Da una parte Arrivabene, dall’altra la struttura tecnica guidata da Mattia Binotto. Al centro l’assunzione di responsabi­lità: Arrivabene, dopo anni in cui è stato tra l’incudine dell’opinione pubblica, stanca dei rovesci, e il martello dell’azionista di riferiment­o a lungo «impersonif­icato» da Marchionne, ora sente l’esigenza di plasmare la squadra a sua immagine, di avere un ruolo ancora più centrale. Il concetto è: se devo metterci la faccia è giusto che scelga io gli uomini e che rispondano tutti a me. Cosa che, per la struttura attuale, non avviene. «Se, e sottolineo se, ci sarà da fare i conti, succederà a fine campionato», ha aggiunto Arrivabene. Cosa comporterà lo scopriremo nelle prossime settimane. Intanto qui a Suzuka si è scoperto che Jock Clear, che attualment­e ricopre il ruolo di team manager, nel 2019 sarà l’ingegnere di pista del neo assunto Charles Leclerc. Mentre Laurent Mekies, ingaggiato nel marzo scorso portandolo via dalla Fia, prenderà il suo posto. L’importante è che a Maranello si riesca a riportare tranquilli­tà e chiarezza. Buttar via un’altra stagione, la prossima, quello sì, sarebbe inaccettab­ile.

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