Campione, non leader
● Però Hamilton difende Seb: «Stop attacchi, umano sbagliare»
Se persino il tuo «killer» (sportivo) si sente in dovere di venirti in soccorso, allora la situazione è seria. Da domenica, cioè da quando a Suzuka ha compiuto l’ennesimo errore di precipitazione mostrandosi poco sereno, Sebastian Vettel è sotto attacco e così Lewis Hamilton, che alla crisi del ferrarista ha dato un contributo fondamentale grazie a un mese super (quattro vittorie in altrettante corse), ha deciso di lanciare attraverso il proprio profilo Instagram un appello alla moderazione. «Bisogna mostrare maggior rispetto per Sebastian. Non potete immaginare quanto sia difficile fare quello che facciamo ai nostri livelli. Siamo umani e per questo a volte commettiamo errori, tuttavia quello che conta è come li affrontiamo, come li superiamo». Ed è proprio questo il punto: la scomparsa di Sergio Marchionne ha avuto un effetto devastante sulla Ferrari e il tedesco avrebbe dovuto spendere il prestigio che gli deriva dalla conquista di 4 titoli iridati per aiutare il team a stare unito, e invece pure lui, che già aveva collezionato errori in Austria e Francia, si è fatto travolgere dalla situazione. Domenica nel dopo corsa, a chi gli attribuiva un ruolo di leader, diceva di non sentirsi tale ma solo un membro del team. Ed è proprio questa la differenza sostanziale con l’amico e connazionale Michael Schumacher.
DIFESA Nel 1996, al suo primo anno a Maranello, Schumi visse
SEB, CHE ERRORI COSÌ È IL PRIMO AVVERSARIO DI SE STESSO
FLAVIO BRIATORE
EX TEAM PRINCIPAL RENAULT una estate di ritiri alle prese con una vettura estremamente fragile, anche se veloce. Ebbene, quando ormai la posizione di Jean Todt appariva compromessa, Michael, si era ai test di Monza, intervenne con decisione: ««Se volete distruggere la Ferrari, cacciate Jean Todt». Vettel a cui difetta carisma non ha speso parole così dure per cercare di tenere unito un team che vede due partiti contrapposti: quello che fa capo a Maurizio Arrivabene, stanco di dover difendere scelte che non condivide sino in fondo; e quello di Mattia Binotto, che di fronte all’affondo del team principal ha visto messo in discussione un progetto di vettura comunque valido. «Non sono il leader del team - ha messo le mani avanti Vettel - ma un suo esponente». Anche se poi si è sforzato di sostenere che il clima all’interno è positivo e che il team è e resta forte. Così come una macchina che gli ha comunque consentito di rimontare dopo il testa coda.
ACCUSA A puntare il dito contro il tedesco è intervenuto pure Flavio Briatore nel botta e risposta organizzato da Nico Rosberg che si diverte su internet a intervistare i protagonisti (o ex) in «Beyond the Victory» il suo programma in podcast sul web. «Vettel è stato il primo nemico di se stesso. Bisognerebbe spiegargli che la gara è su 53 giri, non uno. Il suo incidente di Monza non ha avuto davvero molto senso. Sai di avere la macchina migliore, freni e stai dietro. Finito. Hai altri 50 giri per recuperare se invece finisci fuori, ne hai zero per farlo! Se vuoi conquistare dei campionati, puntare solo a vincere le gare non funziona, bisogna anche accontentarsi di secondi e terzi posti .... ». Ma Briatore nel colloquio con il campione del mondo 2016 ha pure puntato il dito contro la Ferrari: «Nelle ultime 3-4 gare anche il team ha compiuto errori di strategia che è difficile da comprendere, ci sono campionati che vinci, gestendoli. A un certo punto Hamilton si è dimostrato più veloce, in un campionato succede. Ma se cerchi sempre lo scontro diretto contro uno come Lewis, alla fine esci sconfitto. È qualcosa che ho già vissuto in passato con Alonso. Quando lotti per il campionato, vivi un livello di stress incredibile, la ricetta è riuscire a domarlo».