La Gazzetta dello Sport

DESCHAMPS Questa Juve vale la mia Pogba? Si può sognare...

L’ALLENATORE CAMPIONE DEL MONDO TRA LA SUA EX SQUADRA E LA NAZIONALE: «BIANCONERI AL TOP, LI HO NEL CUORE MA IL PALLONE D’ORO VADA A UN FRANCESE»

- L’INTERVISTA di ALESSANDRO GRANDESSO PARIGI

«La squadra di Allegri ricorda quella che vinse la Champions nel ’96 Mbappé non è Messi, ma fa parte della stessa categoria: fuoriclass­e»

La Fifa l’ha insignito del titolo di miglior allenatore al mondo, dopo aver portato la Francia al titolo Mondiale, vent’anni dopo averlo vinto da capitano dei Bleus. Ma Didier Deschamps non dimentica mai l’Italia e la sua Juventus.

Come si vivono due trionfi Mondiali?

«Da giocatore pensi soprattutt­o a te stesso e ai tuoi compagni. Da c.t. anche a tutti quelli che lavorano con te. Però sul tetto del mondo, la gioia è la stessa. E non c’è niente di più bello nel calcio. Nel ‘98 vincemmo in casa, quest’anno ci siamo resi conto dell’euforia della gente solo quando siamo tornati».

Il successo del ‘98 le è servito per il 2018?

«Contesto e giocatori erano diversi. C’è sempre qualcosa da sfruttare, ma la parola chiave, utile per chiunque alleni è adattarsi ogni giorno e in ogni situazione. Quello che funziona una volta è difficile si ripeta. Magari il Mondiale del ‘98 mi ha ispirato per certi aspetti di funzioname­nto del gruppo, ma il mondo di 20 anni fa era molto diverso».

Era più forte la Francia del ‘98 o quella di quest’anno?

«Sono squadre differenti che hanno saputo essere le più forti al momento giusto vincendo un Mondiale. Quest’anno c’erano molti giovani: in 14 alla prima grande competizio­ne. Solo nove erano reduci del Mondiale 2014 o dell’Europeo. Ho scommesso su giovani di qualità, cercando equilibrio con chi aveva più d’esperienza, senza essere vecchi»

Qual è l’ingredient­e per vincere?

«Non ho preso tutti i migliori, ma composto il gruppo per andare il più lontano possibile. È una riflession­e che integra criteri non solo calcistici. La qualità tecnica è indispensa­bile, ma è altrettant­o importante l’aspetto umano, la capacità di vivere insieme, fare gruppo. Valuto difetti e pregi di ciascuno. Sono informazio­ni che abbiamo solo io e il mio staff. Per vincere, la decisione più importante la prendi quando fai la lista dei 23 convocati».

Uno dei simboli della Francia giovane e vincente è Mbappé, che segna più di Messi alla sua età.

«Sono due giocatori diversi, con qualità diverse. Ma una cosa è sicura: Mbappé è un fuoriclass­e, e giovane»

Appartengo­no alla stessa categoria?

MBAPPÉ È NELLA CATEGORIA DI MESSI: UN FUORICLASS­E

«Direi di si, anche se Kylian è solo all’inizio. Non voglio togliergli nulla, però Messi è ai massimi livelli da almeno una decina d’anni. C’è una grande possibilit­à che Mbappé faccia una grandissim­a carriera. Sta già facendo cose molto importanti, anche se alla sua età anche altri erano altrettant­o decisivi o avevano vinto un Mondiale. Ma Kylian in più ha grandi margini di migliorame­nto».

Modric resta favorito anche per il Pallone d’oro. Le dispiacere­bbe non vincesse uno dei suoi ragazzi?

«Sarebbe una delusione, non solo per il titolo Mondiale, ma anche perché molti di loro, da Griezmann a Varane a Mbappé, hanno vinto altri titoli importanti con i rispettivi club. Modric merita il premio Fifa, chiunque vinca il Pallone d’Oro lo meriterà, spero sia un francese».

Magari anche Pogba nonostante le difficoltà con il Manchester United?

«In difficoltà lo è tutta la squadra. Pogba è sempre lo stesso e fa parte dei migliori centrocamp­isti al mondo. Del rapporto tra giocatori e allenatori però non parlo mai».

I tifosi della Juve sognano un suo ritorno a Torino.

«I sogni fanno parte della vita (ride, ndr). Magari i tifosi non avevano sognato Ronaldo che poi invece è arrivato. A volte i sogni si realizzano. Ma rispetto a qualche anno fa, alla Juve stavolta costerebbe molto di più comprare Pogba».

La Juve di oggi è forte quanto la sua con cui vinse la Champions nel 1996?

«Ma di finali poi ne perdemmo due di fila. La Juve oggi è tornata ai vertici in Italia e in Europa. Vincere la Champions è come vincere un Mondiale. Anzi, al-

SUL FENOMENO KYLIAN

l’inizio, in Champions hai anche più pretendent­i, quelle 7-8 squadre che possono legittimam­ente aspirare di andare fino in fondo. Al traguardo però ne arriva solo una. La Juve di Allegri è competitiv­a come quella dove giocavo io. Poi la differenza si fa anche sui dettagli. Questa Juve ha i mezzi per essere tra le favorite».

CR7 rende quasi obbligator­ia la vittoria in Champions?

«Di sicuro con lui la Juve è ancora più competitiv­a, ma la risposta l’avremo solo in primavera. Però con Ronaldo la Juve si è garantita un giocatore che sa essecon re decisivo nei momenti importanti. Lo è sempre stato e continua a lavorare per rimanerlo, nonostante l’età. E’ un grandissim­o profession­ista».

Nel ‘96 c’era Deschamps a centrocamp­o. In questa Juve c’è Matuidi.

«Sono situazioni molto diverse. Blaise ha un altro ruolo ed è mancino. Ma gli avevo parlato prima che firmasse, spiegandog­li che la Juve è una grande società, organizzat­issima, con la massima profession­alità in ogni settore. Matuidi si trova benissimo a Torino, e non mi sorprende».

Un progetto come quello della Juve può essere stimolante per un c.t. che ha vinto un Mondiale?

«Il progetto Juve è ambizioso, moderno, e rimarrò sempre affezionat­o alla maglia perché mi ha dato tanto da giocatore. Un po’ ho già cercato di restituirl­o da allenatore, ma adesso sto benissimo con la Francia».

Si è parlato di Zidane candidato per la panchina della Juve.

«Ma il posto è già occupato da un grande allenatore come Allegri che sta facendo un ottimo lavoro. Poi può darsi che Zidane, il passato bianconero come il mio, potrà avere una possibilit­à. Si vedrà».

Il progetto Juventus può servire a tutto il movimento italiano?

«La Serie A è un campionato comunque importante, anche se la Premier è davanti per via dei mezzi economici superiori. In Italia però alcuni club stanno tornando competitiv­i anche a livello europeo, come Roma e Napoli. Sono tornati investitor­i di peso anche al Milan e all’Inter. L’arrivo di Ronaldo ha garantito una maggiore esposizion­e all’estero a tutto il campionato. Un po’ come Neymar per il Psg e la Ligue 1. Certo, della Juve si parlava pure prima, ma è chiaro che l’effetto marketing di un fuoriclass­e come il portoghese ti permette di raggiunger­e ogni angolo del pianeta».

A Roma è arrivato Nzonzi, un altro campione del Mondo.

«Il Mondiale gli ha dato quella visibilità che si merita. E’ un ottimo giocatore. Nonostante sia altissimo, è molto tecnico, a suo agio palla al piede. Quando si cambia squadra c’è sempre un tempo di adattament­o, per abituarsi al nuovo Paese, al nuovo calcio, ma ho visto che Steven ha iniziato anche a fare gol, sono contento per lui».

Al Psg è arrivato Buffon. La stupisce che sia sempre al top a 40

anni?

«Stiamo parlando non solo di una splendida persona, che può trasmetter­e molto a livello di immagine ai giovani, ma anche di un grande campione che può essere prezioso in una squadra ambiziosa come il Psg. Basta solo vedere come lavora per restare al top. Forse dopo tanti anni alla Juve aveva bisogno di nuovi stimoli. E Parigi è anche una bella città dove vivere»

Per l’Italia di Mancini la strada invece è in salita, il c.t. azzurro si lamenta che i giovani giocano poco nei club.

«Ne parlavo già 12 anni fa quando allenavo la Juve. E’ anche

una questione di formazione che qui in Francia facciamo molto bene. Da voi il sistema è diverso, prevede che un giocatore debba cominciare dalla B, passando poi per squadre da metà classifica. E quando arriva in un grande club magari ha già 23-24 anni. Anche l’Inghilterr­a ha avuto lo stesso problema. Da noi i ragazzi hanno la possibilit­à di giocare subito a buoni livelli. Comunque non capita di frequente che l’Italia resti fuori da un Mondiale. Va sfruttato il momento negativo per cambiare e migliorare. Mancini non parte da zero. Certo, per ora ha solo qualche giocatore di qualità, ma ha un progetto ambizioso per qualificar­si all’Europeo. Avrebbe bisogno di tempo, ma gliel’ho detto a giugno quando ci siamo visti per l’amichevole: in nazionale di tempo ce n’è sempre troppo poco».

LA SQUADRA DI ALLEGRI FORTE COME QUELLA DEL ’96

SULLA CHAMPIONS «PIÙ DURA DEL MONDIALE»

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«CERTO, È SOLO ALL’INIZIO»
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C’ERA UNA VOLTA DD7Didier Deschamps ha vinto anche la Champions da giocatore: era il numero 7 della Juve che nel 1996 vinse ai rigori con l’Ajax a Roma
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