L’Inter gode per Lautaro: primo gol con l’Argentina
Mercato e derby «Occhio, Inter siamo in crescita»
HIGUAIN È SEMPRE UN TRASCINATORE, SUSO NON LO FERMA NESSUNO
LEONARDO SULLE STAR ROSSONERE
HO UN ACCORDO DI MASSIMA COL FLAMENGO PER PAQUETÀ
LEONARDO SUL TREQUARTISTA (IN BASSO)
●Il d.t. rossonero: «Con Ibra c’è un legame, ma la priorità è rispettare il Fair play finanziario»
Classe. È la parola chiave nel pomeriggio che Leonardo ha trascorso a Fubine, in un Monferrato gonfio di pioggia ma sempre affascinante nei suoi colori, nei suoi sapori. Nel suo essere un mondo rurale così vicino a Milano, eppure così lontano. Classe nella location che ha ospitato il Premio Liedholm 2018, classe nei modi di Leo, nelle parole, perfino nell’accenno di commozione salendo sul palco. E classe anche nel dribbling alle domande più insistenti. Perché i cronisti e gli appassionati vogliono sapere di Paquetà, di Ibrahimovic, del derby che s’avvicina. Ma il d.t. rossonero ha sempre la risposta pronta, dice e non dice, ammalia coi sorrisi e quando serve ricorda i trascorsi da terzino, spazzando in tribuna.
LA NUOVA STELLA Su Paquetà, per esempio. Chi vuole strappargli l’ufficialità dell’acquisto resta deluso, sebbene Leo confermi di aver gettato le basi per portare Lucas in rossonero. «Non c’è molto da dire. Abbiamo definito un accordo di base con il Flamengo, ma il mercato riapre con l’anno nuovo e quindi dobbiamo ancora fare un po’ di strada prima di dire che Paquetà è un giocatore del Milan – spiega –. Ora bisogna pensare solo al campionato e all’Europa League, per il mercato ci sarà tempo, dobbiamo aspettare il 3 gennaio». Una forma di tutela anche per il ragazzo, e per i tifosi del Flamengo che hanno preso molto male l’imminente partenza del loro crac: «Lucas deve giocare ancora una decina di partite del campionato brasiliano, è in lotta per vincerlo, lasciamolo tranquillo».
LEGAMI La prudenza sull’affare Paquetà, visti i 35-40 milioni necessari a completare il trasferimento, è dettata anche dalla necessità di non indispettire la Uefa, alla vigilia di una serie di round che porteranno alla nuova sanzione per i bilanci in rosso del triennio 2014-17 e soprattutto all’accordo – volontario o imposto – sul percorso di risanamento. Sulla stessa linea s’inseriscono le dichiarazioni su Ibrahimovic: «Con Zlatan c’è un legame personale – è l’ammissione –, quando siamo arrivati ci abbiamo fatto un pensiero, anche a 37 anni è un trascinatore. Ma c’è un processo che stiamo seguendo, serve calma, il Fair play finanziario impone paletti e la priorità ora è rispettarli. Non dobbiamo mai dimenticare da dove siamo partiti, tre mesi fa non figuravamo nemmeno in Europa League, eravamo sotto squalifica».
VERSO L’INTER Meglio concentrarsi su orizzonti più vicini, allora. Come il derby. Leo non rinnega il suo tratto di cammino nerazzurro: «Vivo di emozioni, non ho mai programmato molto. Da giocatore ero amico di Ronaldo, con Moratti avevo condiviso tante iniziative benefiche, sul finire del 2010 capitò la possibilità di allenare l’Inter e la colsi – racconta –. Ancora oggi il rapporto con Moratti è ottimo, ma nel derby tutto questo non conterà. Lì influiranno la storia e la tradizione, ben più del momento di forma. Il Milan comunque è in crescita, è più consapevole della sua forza». Ironia della sorte, Leo è ancora l’ultimo allenatore ad aver alzato un trofeo con l’Inter (la Coppa Italia 2011). Ma oggi ragiona a lungo termine, perché, come ama ripetere, «i giocatori e i tecnici vincono le partite, ma sono le società a vincere i campionati».
LE ARMI DEL DIAVOLO E se raggiungono grandi risultati, i club, è anche perché i dirigenti finalizzano colpi come Higuain. «Gonzalo è un trascinatore, non sono sorpreso dei suoi gol, è così da quando aveva 18 anni – analizza il d.t., pensando al Milan di oggi –. Suso è incredibile, tutti sanno come gioca ma non riescono a marcarlo. Biglia fa da punto di riferimento, Kessie ha forza fisica e tecnica, Bonaventura si inserisce tanto e fa gol, Cutrone ha un’energia contagiosa». E Calhanoglu? «Deve essere più incisivo», lo sprona Leo. Perché un conto è avere talento, un altro è avere classe. E quella non s’insegna. Semmai si respira in certi pomeriggi, nel Monferrato.