La Gazzetta dello Sport

BUFFON UNO JUVENTINO A PARIGI

Agnelli mi ha fatto allenare tre giorni alla Continassa. Psg-Juve? Spero mai in finale di Champions Nei passaggi filtranti Verratti vale Neymar

- L’INTERVISTA di LUIGI GARLANDO INVIATO A PARIGI

Gigi Buffon si allena a Saint Germainen-Laye, dove viveva Luigi XIV prima che gli allestisse­ro Versailles, e abita al Trocadero, davanti alla Torre Eiffel. Ci sta. È il re dei pali, un monumento che a 40 anni para meglio che a 35. «In realtà la Tour Eiffel, che vedo dalla mia finestra, mi serve per fare l’esame della vista ogni sera. È bella grande. Finché la vedo, posso continuare a parare. 16° arrondisse­ment. Abito in una zona incantevol­e».

Già innamorato della città?

«Sì, ma non di un posto particolar­e. Mi piace l’onda di energia e di positività che trasmette la quotidiani­tà di Parigi. Da turista non la percepisci».

Risponde già in francese in zona mista, dicono.

«Con l’umiltà del caso. Non mi piacevano gli stranieri che dopo 6-7 mesi in Italia non si sforzavano neppure di parlare la nostra lingua. Non posso predicare bene e razzolare male. Perciò io ci ho provato subito. Mi piace la parola drole, “divertente”: è così che vorrei propormi. Voglio essere drole».

Non le hanno mai rinfacciat­o quella parata su Zidane del 2006?

«Solo per scherzo. Ho sentito grande stima e grande rispetto fin dal primo momento e non solo dai tifosi del PSG. Quando sono entrato in campo a Rennes e a Guingamp la gente ha applaudito. Io ero abituato all’Italia».

Stimolante confrontar­si in allenament­o contro Neymar e Mbappé?

«Anche per loro affrontare Gigi Buffon, credo. In tutta la mia carriera ho avuto la fortuna di allenarmi sempre con grandi campioni. Non è una novità. Il confronto con i migliori mi ha fatto forte. Neymar ha una visione dell’ultimo passaggio sconcertan­te. Rimani

a lì a chiederti: ma dove cavolo l’ha fatto passare quel pallone… Attenti, però. Ora che vedo Verratti tutti i giorni, vi assicuro che non è inferiore. Nei passaggi filtranti Marco vale Neymar. Non a caso l’80% dei palloni se li passano tra loro. Mbappé è una forza della natura e ha voglia di spaccare il mondo».

Fino a dicembre il Pallone d’oro è della Juve (CR7), poi passerà al PSG (Mbappè). Ci sta?

«Lo spero. Kylian se lo merita. Nella Francia mondiale c’è molto di suo».

Contento di come e quanto sta giocando?

«Sì, ho conquistat­o il ruolo che volevo e per il quale sono stato scelto: mettere a disposizio­ne le mie conoscenze per fare crescere l’ambiente e dimostrare che ci sono ancora e ci sono bene. Mi sento più forte di cinque anni fa. Dopo una settimana hanno capito che non era arrivato uno che stava invecchian­do, ma che voleva ritagliars­i spazi importanti e se li sta guadagnand­o. Senza perdere di vista il focus: far crescere la squadra. Quando gioca Alphonse (Areola ndr), mi impegno per farlo rendere al massimo».

Ancora un turno e lei avrà scontato la squalifica in Champions: chi giocherà? Alla lunga, la concorrenz­a non rovinerà la convivenza?

«Ma no… Per età e prospettiv­e siamo troppo diversi. Non può nascere una situazione spiacevole. Io non devo giocare per forza 50 partite su 70. Più del numero, conta la qualità dei match».

Si fida di Tuchel?

«Tuchel trasmette un’empatia incredibil­e. E una grande serenità, non come certi allenatori in Italia che blindano gli allenament­i come fossero laboratori nucleari… Poteva avere delle riserve su un portiere di 40 anni. Invece ha osservato, ha capito e sta gestendo molto bene. Nella tattica offensiva poi è preparatis­simo».

Tra ex in genere si dice: «Ci vediamo in finale». PSG-Juve a Madrid?

«No, perché non voglio che la mia eventuale gioia sia condiziona­ta dalle lacrime dei miei ex compagni e dei miei ex tifosi. Ne abbiamo già piante troppe insieme. Mi merito una gioia piena. Se proprio devo affrontare la Juve, meglio prima della finale».

Juve favorita?

«Tra le tre favorite. In Champions non può esserci una favorita sola».

Il Napoli?

«Ancelotti è un grande allenatore che attraverso la tranquilli­tà del lavoro quotidiano sa trasmetter­e una mentalità vincente, non ansiosa. Girone difficile e stimolante».

Più assurdo immaginare una Juve campione senza Buffon o un Buffon campione senza la Juve?

«Più assurdo un Buffon senza la Juve, perché la storia della Juve è molto più grande di me. Può vincere anche senza Buffon».

«Stiamo per scatenare il più grande assalto alla Champions che è il solo trofeo che ti manca. Resta un altro anno». Non si aspettava una risposta del genere? Lei per la Juve è sceso in B al culmine della gloria.

«No. Nessun rimpianto e nessuna delusione. Io e la Juve abbiamo programmat­o insieme, da molto lontano, un percorso d’addio che ha chiuso il cerchio in modo perfetto. Andava chiuso lì. Con la piena soddisfazi­one di tutti. Non aveva senso ritardare la decisione di un anno. La forza della Juve è la serietà della programmaz­ione. Io alla Juve mi sono sempre sentito amato: dal presidente, da John, dai compagni, dai tifosi. E so che devo andare nei posti dove c’è bisogno di me. Alla Juve non c’era più bisogno, ormai volava da sola. Anche perché sentivo il peso delle responsabi­lità portate per tan-

«A PARIGI HANNO CAPITO CHE NON È ARRIVATO UNO CHE STA INVECCHIAN­DO»

IO SEMPRE AMATO ALLA JUVENTUS, MA IL CERCHIO ANDAVA CHIUSO...

NÉ RIMPIANTI NÉ DELUSIONI SULL’ADDIO A TORINO

E ANDREA MI HA FATTO ALLENARE TRE GIORNI ALLA CONTINASSA...

IL RETROSCENA IL RAPPORTO CON AGNELLI

ti anni. Allora ho deciso di smettere, di lasciare il calcio, anche se mi sentivo ancora in grado di giocare. Ma se ti comporti bene, senza egoismo, la vita ti premia sempre. Infatti è arrivata la chiamata del PSg, dove c’era bisogno di me. Ho telefonato ad Andrea Agnelli che mi ha detto: “Vai pure, Gigi. Buona fortuna”».

Quindi anche se avesse saputo dell’arrivo di Cristiano Ronaldo, non sarebbe rimasto?

«No, il cerchio andava chiuso lì».

«Ora sai cosa abbiamo provato noi al Bernabeu...»: le è venuto da pensare questo quando ha visto CR7 in lacrime, ingiustame­nte espulso a Valencia?

«No, perché io non ho mai detto che l’arbitro sbagliò di sicuro. Io, in modo un po’ colorito, dissi solo che c’era un dubbio e che a quel punto della partita andava gestito in modo diverso dall’arbitro. E di questo ne sarò convinto per tutta la vita. Ma vedendo Valencia, non ho pensato a Madrid».

Ricorda? Nel dopo-partita, CR7 venne a consolarla.

«Lo ringrazio per un’altra cosa. Se sono arrivato a parare fino a 40 anni, lo devo anche alla grande cultura del lavoro di Cristiano Ronaldo che mi ha ispirato».

Vieri, Baggio, Del Piero, Marchisio... In tanti addii ruvidi quindi lei non riconosce un difetto di cuore della Signora.

«Di sicuro con me non c’è stato nulla di ruvido. Questa settimana ero in Italia, ho telefonato ad Andrea e mi ha dato il permesso di allenarmi tre giorni alla Continassa».

L’addio di Marotta invece è parso ruvido. Sorpreso?

«Dalla tempistica. Quanto di buono ha fatto Marotta è sotto gli occhi di tutti, ma la Juve è così: programma, svecchia e rinnova per vincere ancora».

Guardiamo oltre il Psg. Scelga la strada di tre ex compagni: Inzaghi (allenatore), Nedved (dirigente), Del Piero (tv).

«In tv posso andarci, ma non come primo impegno. Tengo aperte le altre due strade. Quando avevo deciso di smettere, prima del Psg, avevo cominciato a parlare per un eventuale ruolo in Federcalci­o. Potrei riconsider­arlo in futuro, ma bisognerà valutare il contesto, le persone e le reali possibilit­à di fare cose utili».

Al Quirinale era accanto a Chiellini, che alla prossima festeggerà le 100 in azzurro e che porta la sua fascia da capitano.

«Una gioia, perché Chiellini, come Barzagli e Bonucci, è un fratello».

Se poi nell’emergenza Mancini dovesse richiamarl­a, se la riprenderà.

«Nell’emergenza… come la Croce Rossa!».

Ricostruia­mo. Eliminati dalla Svezia, poi?

«Poi Gigi Di Biagio mi telefona e mi dice che ha bisogno di me per le due amichevoli. Anche se era un momento difficile, per amicizia e senso di responsabi­lità io ho risposto di sì. Ma a quel punto sono state dette cose vergognose, mi hanno fatto passare per l’imbucato alla festa, per il vecchio che si aggrappa alla poltrona. In tutto il mondo mi vedevano con orgoglio, per come rappresent­avo l’azzurro, e la critica parlava solo della necessità di rinnovare. A darmi rabbia non erano le cose su di me, ma che addetti ai lavori non si rendessero conto che per risollevar­si c’era bisogno del giusto mix tra giovani e giocatori esperti. I progetti sui giovani spesso diventano alibi per allontanar­e la pressione della vittoria. Noi siamo l’Italia e dobbiamo sempre giocare per vincere! La maglia azzurra che ho portato per 25 anni, gloriosa ed emozionant­e, merita rispetto. In Nazionale devono andarci sempre i migliori, a prescinder­e dall’età. Come quando contestava­no Thiago Motta… Thiago ha vinto

due Champions, giocava nel Paris Saint Germain con Verratti. Il problema era Motta? Mi sembrava di impazzire… Semmai gli altri 22… Per vincere servono esperienza, personalit­à, carisma. E allora, per orgoglio e dignità, anche a costo di sembrare superbo, mi sono fatto da parte. A Mancini, molto carino, che mi ha chiamato per chiedermi una disponibil­ità in caso di grande emergenza, ho detto sì, ma non ce ne sarà bisogno. Dietro a Donnarumma ci sono Perin, Sirigu, c’è Cragno che sta crescendo, tornerà Meret…”

Possibilit­à remota quindi quella di rivederla in azzurro.

«Possibilit­à nulla».

Buffon, quando la palla è lontana dalla porta, pensa le cose che pensava da ragazzo?

«No. Allora ero più spensierat­o. Capitava che mi distraessi e pensassi ai fatti miei. Ora non riesco più a uscire dalla partita. Anche se la palla è nell’area avversaria, studio da dove può nascere il prossimo pericolo».

E la palla, la vede sempre allo stesso modo? Nemica o compagna di gioco?

«Ha la magia da sempre. Può farti vivere il giorno più bello della tua vita o il più brutto. È diventato il giocattolo dei miei figli. Il pallone è magico».

Lo sa che nel Settecento a Parigi c’era un altro famoso Buffon, George Louis Leclerc, filosofo illuminist­a?

«Sì, Rue Buffon è accanto a casa mia. Mio figlio l’ha vista e ha detto: “Papà ti hanno già fatto una via”. Ho dovuto convincerl­o che è un altro”.

Scelga tra tre frasi celebri del suo omonimo. Prima. “Il genio altro non è che una grande attitudine alla pazienza”. Seconda: “Lo stile è l’uomo”. Terza: “Il vero piacere è il libero uso di noi stessi”.

«La terza. Il vero piacere è il libero uso di noi stessi. Ma nel rispetto degli altri». Anche ieri sera Gigi Buffon ha visto chiara e nitida la Torre Eiffel oltre la finestra. Esame della vista superato.

SONO ARRIVATO A PARARE FINO A 40 ANNI ANCHE GRAZIE A CR7

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NEI PASSAGGI FILTRANTI VERRATTI VALE NEYMAR

SHOW IN ALLENAMENT­O SULL’ALTRO ITALIANO DEL PSG

«L’ITALIA? HO DATO LA DISPONIBIL­ITÀ A MANCINI, MA NON CE NE SARÀ BISOGNO»

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