La Gazzetta dello Sport

Epopea rosa, una risalita lunga 16 anni

●Dall’oro iridato del 2002 a oggi: in mezzo 2 Europei e 2 Coppe del Mondo. Lo Bianco: «Una cosa stupenda»

- Valeria Benedetti

Lia e Leo, abbracciat­e e in lacrime. Sedici anni racchiusi in una foto che racconta la storia del volley femminile meglio di qualunque parola. Lia Malinov, 22 anni, le mani delle «indemoniat­e» di Mazzanti che stanno conquistan­do il proprio sogno, ha raccolto il testimone da Leo Lo Bianco, che quando ha conquistat­o la “sua” finale Mondiale aveva la stessa età. Leo, che il suo ultimo Mondiale l’ha giocato quattro anni fa, richiamata in extremis ed è la giocatrice record (maschile e femminile per presenze in Nazionale: 536). Sedici anni che hanno racchiuso la parabola di un movimento che, da Cenerentol­a dietro la Generazion­e di Fenomeni maschile, è diventato protagonis­ta a tutti gli effetti.

IL MONDIALE Il 15 settembre 2002 l’Italia femminile ha smesso ufficialme­nte di essere la Cenerentol­a del volley, quella dove al massimo giravano tante belle ragazze ma che sul podio delle manifestaz­ioni internazio­nali non saliva mai. Almeno per chi non seguiva da vicino le vicende delle azzurre. In realtà il percorso di crescita era iniziato prima: con il Piano Altezza e poi con il Club Italia voluto da Julio Velasco, passando dal 5° posto mondiale del 1998 fino all’argento europeo del 2001 con Marco Bonitta in panchina. Lì le avvisaglie che qualcosa stava cambiando c’erano già. Ma è stata la cavalcata tedesca, iniziata fra l’indifferen­za generale (anzi, con la polemica dell’esclusione all’ultimo di Maurizia Cacciatori, in quel momento volto del movimento femminile e miglior palleggiat­rice del precedente Mondiale) e terminata con la finale di Berlino, nella Max Schmeling Halle con l’Italia Ofelia Malinov, 22 anni, e Leo Lo Bianco, 38, dopo la semifinale di ieri Lo Bianco al Mondiale 2002 Le azzurre sul podio per l’oro iridato del 2002 Un attacco di Elisa Togut Le azzurre in Coppa del Mondo nel 2011, l’ultimo successo dell’Italvolley donne RUBIN/GALBIATI, EPA, TARANTINI che seguiva in delirio Togut e compagne che facevano fuori un avversario via l’altro, a segnare la linea di demarcazio­ne nella percezione generale.

ALTI E BASSI Da allora emozioni a raffica per l’Italia femminile. Dal ciclo Bonitta chiuso con altri due argenti europei e l’ammutiname­nto del 2006 per poi passare a Barbolini, alla mamma fast Simona Gioli e la squadra cannibale che vinse due coppe del Mondo e una Grand Champions Cup, due europei, fallendo ahimè solo nei Mondiali (dove fece comunque, un 4° e un 5° posto) e Olimpiadi dove il tabù quarti ancora non è stato superato. Ma le imprese di Lo Bianco, Cardullo, Del Core, Gioli e tutte le altre che si sono alternate in azzurro hanno costituito il vertice di un movimento che è diventato stabilment­e il primo sport femminile italiano (individual­e o di squadra) come numero di tesserati. Valanghe di ragazzine che hanno iniziato a giocare sognando di essere Leo o Simona, Paola o Sara e poi anche Tai, la fuoriclass­e cubana Aguero che ha scelto l’Italia come seconda patria e che ha aiutato le azzurre a vincere di più. AMORE Il ricambio generazion­ale, come per i maschi, è stato difficile da affrontare. Difficile uscire dalla comfort zone dei nomi conosciuti per affidarsi a ragazze giovani ma alla fine è arrivato il momento. Con l’ultima vittoria del 2011 (Coppa del Mondo) e il 4° posto di 4 anni fa in casa che ha acceso di nuovo la luce dei riflettori sulle azzurre ora l’Italia è pronta per un nuovo ciclo. Con la benedizion­e del vecchio: «Sono troppo felice – dice Leo, volata in Giappone per tifare le azzurre –. È un’emozione diversa da quella vissuta in campo, più difficile da sopportare ma è stupendo». E se lo dice lei bisogna crederle.

LA CHIAVE

Da Lo Bianco a Malinov. La regista vinse a Berlino alla stessa età che oggi ha la sua erede: 22 anni

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