CHI FERMA LA JUVE? CI PROVA PIATEK
Non è tutto derby quel che luccica, c’è vita oltre Milano in questa nona giornata che precede il terzo turno di Champions League. La domanda che aleggia è la stessa da settimane ed evoca il titolo di una archeocanzone dei vecchi, ma sempre godibili, Creedence Clearwater Revival: chi fermerà la Juve? Loro, i Creedence di John Fogerty, in realtà si chiedevano chi avrebbe placato la pioggia e la guerra, «Who’ll stop the rain». Noi, con minore poesia e musicalità, ci domandiamo se ci sia qualcuno in grado di incantare la Signora. Difficile che ci riesca il Genoa fresco di cambio di allenatore - dall’aggiustatore Ballardini al redivivo Juric -, sebbene i rossoblù abbiano in pancia Krzysztof Piatek, il capocannoniere del campionato. A pensarci bene è l’unica stranezza della vigilia: al posto del sorprendente polacco, capace di nove gol in sette partite, dovrebbe esserci Cristiano Ronaldo, che «annaspa» (si fa per dire) a quota quattro reti, meno della metà dell’attuale tronista dei marcatori.
Allo Stadium, nel tardo pomeriggio, si misureranno due strisce positive da urlo. La Juve capolista proverà a far sua la nona vittoria di fila nell’attuale campionato, l’undicesima in stagione se si allarga lo spettro alla Champions. Piatek tenterà di lasciare il segno per l’ottava volta consecutiva in Serie A - il Genoa deve recuperare la gara contro il Milan-, la nona se si include la Coppa Italia. Una cosa non esclude l’altra, la Juve può vincere e Piatek aggiungere un’altra tacca al calcio della sua pistola immaginaria. Il polacco sosterrà una specie di esame di maturità perché dovrà misurarsi con una difesa avversaria molto più forte di quelle fin qui affrontate. Per gli archivi non c’è storia: l’ultima vittoria del Genoa a casa Juventus risale al paleolitico, quando lo Stadium si chiamava Delle Alpi ed era un pentolone gelido: 20 gennaio 1991, 0-1 con gol di Tomas Skuhravy, centravanti ceco, vicino di casa di Piatek. Repubblica CecaCecoslovacchia ai tempi di «Tomasone» - e Polonia sono Paesi confinanti: sì, ci aggrappiamo a tutto, invochiamo i corsi e i ricorsi della geopolitica pur di evitare che la corsa-scudetto finisca prima di Natale, a causa della manifesta superiorità juventina.
In prima serata, a Juve-Genoa conclusa, il Napoli dovrà battagliare sul fronte orientale, a Udine. Maurizio Sarri si lamenterebbe per il presunto svantaggio del giocare dopo, con addosso la pressione della probabile vittoria della capolista. Carlo Ancelotti è furbo e a certe cose non si appiglia, e più dell’Udinese lo preoccupa forse il «fermo biologico» di Insigne, non convocato per stress muscolare. La squadra di Velazquez è stata presa a pallonate dalla Juve stessa, prima della sosta, per cui Udinese-Napoli può diventare una discreta pietra di paragone tra la grande inseguita e il principale inseguitore. Il Napoli, per quanto attratto dalla Champions, dalla sfida di mercoledì a Parigi con il Psg, non può fallire il passaggio a Nordest: per non rischiare il meno otto o meno nove dalla capolista e per non essere risucchiato dall’Inter, nell’eventualità che gli «spallettiani» vincano il derby di Milano. Gli statistici suggeriscono ad Ancelotti di stare all’erta, il Napoli è uscito sconfitto da cinque delle ultime dieci trasferte a Udine. Gli scudetti si vincono o si perdono in queste tappe intermedie, con la Champions ammaliante sullo sfondo. Alla fine predomina chi sa resistere al coro delle sirene di Ulisse, chi sta sul pezzo contro il Genoa e l’Udinese anche se dietro l’angolo ci sono United e Psg.