La Gazzetta dello Sport

PERCHÉ IL VOLLEY VALE SEMPRE DI PIÙ

Dopo l’argento iridato femminile

- Di FAUSTO NARDUCCI email: fnarducci@rcs.it twitter: @Ammapp1

Partiamo dalla faccia delle quattordic­i ragazze e dell’unico uomo in maglia azzurra, Davide Mazzanti, nella premiazion­e finale del Mondiale di Yokohama: la delusione dipinta su quei volti durante la consegna di un argento, che pure ognuno di noi onestament­e avrebbe sottoscrit­to alla vigilia, vale più di mille parole. E’ scontato che le vicecampio­nesse mondiali del volley femminile — il «calcio delle donne» visto che è la seconda disciplina di squadra come numero di praticanti in Italia — ora diventino un modello per tutti, dagli sportivi ai politici. Ma quello che dev’essere veramente un esempio è proprio questa filosofia del «non accontenta­rsi mai». La sconfitta in finale contro le campioness­e europee e vicecampio­nesse olimpiche della Serbia poteva anche non lasciare rimpianti ma è bene sottolinea­re che ci lascia l’amaro in bocca per come è maturata. Giocarsi l’oro praticamen­te fino all’ultimo punto, perdendo il primo dei tre tiebreak giocati al Mondiale giapponese, invece fa male e farà ancora più male a tutti quando riflettere­mo a mente fredda sulla grande occasione che ci è capitata. Ma, da osservator­i esterni, saremmo stati doppiament­e delusi se Chirichell­a e compagne avessero dimostrato alla fine di accontenta­rsi del piazzament­o d’onore. Un gruppo come quello visto in Giappone ha il diritto di arrabbiars­i per la sconfitta finale e di guardare al futuro, soprattutt­o in prospettiv­a Olimpiade di Tokyo, con l’obiettivo di colmare il vuoto lasciato dall’indimentic­abile oro dei Mondiali 2002 in Germania.

A renderci felici, comunque, è l’immagine stessa della pallavolo che resta dopo la maratona dei Mondiali maschili e femminili. Dopo la parentesi estiva, mentre è appena ripartito il campionato maschile, la pallavolo si ripresenta con un brand di forte impatto. Bisogna dare atto alla Rai di aver creduto fortemente nel prodotto: aver proposto per oltre un mese partite di pallavolo a tutte le ore al pubblico generalist­a di Rai 2, quindi non proprio di sportivi abituali, rappresent­ava una scommessa coraggiosa in cui il successo non era scontato. Invece sulla tv di stato la pallavolo ha fatto anche in prime time ascolti che la collocano nella fascia degli sport popolari. E ancora più clamorosi, per giocare in casa, sono stati i numeri di Gazzetta.it dove le ragazze, nella parte alta dell’home page, hanno retto il confronto col calcio in una fascia oraria in cui non tutti potevano permetters­i di guardare la partite in tv. Ognuno di noi, in effetti, può portare la testimonia­nza di familiari a digiuno di sport che pian piano si sono fatti conquistar­e dalla forza d’attrazione (i ragazzi ancor più delle ragazze) di questa disciplina intrisa di bellezza ma anche di umiltà, giocata da ragazzi e ragazze che possono essere fratelli e sorelle, figli o vicini di casa.

Senza cadere nella retorica la migliore testimonia­nza del rispetto e dell’amore che circonda la squadra di Mazzanti è la pioggia di compliment­i e ringraziam­enti non solo istituzion­ali che ci è piovuta addosso dopo un argento che è pur sempre una non-vittoria. Dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha telefonato al numero uno del Coni Giovanni Malagò, per invitare la squadra al Quirinale, al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e ai tanti allenatori di calcio fra cui spicca il tecnico della Nazionale Roberto Mancini che ha espresso pubblicame­nte la propria emozione. Dietro l’hashtag #ragazzeter­ribili si è raccolto un movimento di tifosi e appassiona­ti che è mosso solo in minima parte dalle sterili discussion­i sul colore della pelle di cui lo sport, a questo punto della storia dell’umanità, non ha francament­e bisogno. C’è un unico colore di cui vogliamo parlare ed è quello della maglia: l’azzurro.

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