Toro, frenata in 4 tempi Mazzarri fa lo psicologo
● Il tecnico parlerà con tutto il gruppo e avrà colloqui individuali Si cerca la cura per superare il problema dei cali di concentrazione
Quei maledetti blackout mentali. Al Toro il nemico è insidioso, sopratutto invisibile. E lentamente si sta insinuando come un virus da debellare. È anche per questo che Mazzarri ha voluti i suoi giocatori, tutti e subito, ieri al Filaldelfia. Per capire, rivedere, parlarne, approfondire, andare a fondo di una difficoltà che, ormai, non è più episodica ma che sta divenendo una costante: il Torino continua a soffrire di incredibili amnesie, momenti di pause anche profondi, a partita in corso, che rischiano di rovinare quanto di buono si costruisce. Non è un problema fisico (i risultati dei test atletici si sono stabilizzati su parametri più che buoni) e non sembra nemmeno la conseguenza di un lavoro tattico da migliorare (per quanto tutto sia perfezionabile). Il Toro ha una sua precisa identità e a Bologna ha dimostrato di essere in crescita sul piano del gioco. Attraverso confronti di gruppo e conversazioni individuali Mazzarri sta provando a puntare al cuore del problema di mentalità che sta condizionando il decollo del Toro. Anche Bologna ha lasciato in eredità una squadra discontinua, capace di essere ai limiti della perfezione per un’ora abbondante, poi altrettanto capace di lasciarsi andare di colpo. Staccando la spina. Se il Toro a Bologna ha ritrovato gioco e organizzazione e se la classifica resta incoraggiante, la sensazione però è che manchi ancora qualcosina per compiere quel salto di qualità atteso alla fine del trittico con Chievo, Frosinone e Bologna. Le possibili cause? La «testa» è al primo posto nell’elenco dei fattori di rischio, ma c’è anche dell’altro.
1. ALLA RADICE Comincia, dunque, a sembrare qualcosa che somigli molto al tema madre: la continuità. In avvio di campionato si erano percepiti i primi segnali, come in quella metamorfosi clamorosa tra il pessimo primo tempo e la brillante ripresa di San Siro con l’Inter e la successiva gara casalinga contro la Spal. Già un mesetto e mezzo fa Mazzarri aveva provato a indossare i panni dello psicologo per entrare nella testa dei suoi. Lungo il cammino Walter ha ritrovato altri indizi: il primo tempo col Napoli, la parte centrale della trasferta di Verona, la rimonta subita dal Frosinone, domenica il ritorno del Bologna. In 6 delle prime 9 giornate il Toro ha spento di colpo la luce, come se nella squadra scattasse qualcosa che induca a scollegarsi dalla gara. Non sarà facile estirpare il problema
> Il Gallo è da recuperare: finora un solo gol su azione e il posto in Nazionale a rischio
> Si è smarrita la solidità in difesa: era il marchio di fabbrica della gestione attuale
alla radice, Mazzarri lo sa molto bene.
2. MOMENTO NO A uno strepitoso Iago Falque ritrovato, si frappone il fantasma di Belotti. Fa bene Mazzarri a non mettere pressione al suo capitano e centravanti (lo ha ribadito nel dopo-gara del Dall’Ara), ma i numeri ci consegnano l’avvio più in ombra del Gallo dell’ultimo triennio. Quel due alla casella dei gol fatti (di cui uno su rigore al Napoli) è l’indicatore di un principio di malessere: lui che era partito meglio addirittura lo scorso anno, nella stagione degli infortuni, con 3 gol e 1 assist dopo 9 turni, per non parlare dei 5 gol e dei 2 assist di due stagioni fa. Segna poco, Mancini gli ha tolto anche la Nazionale: si sbloccherà, lasciandosi così alle spalle questo momento no. È tassativamente da recuperare.
3. LA PANCHINA D’ORO Incidono anche le difficoltà d’integrazione di Soriano e Zaza, i due colpi dell’ambizioso mercato estivo del Torino, troppo spesso non in campo. Zaza è stato impiegato per 326’ partendo 3 volte su 9 dal 1’, Soriano ha accumulato poco di più, 330’ (4 volte titolare): difficile abituarsi a vedere in panchina una trentina di milioni potenziali d’investimenti (senza contare gli ingaggi). Al netto dei discorsi sulla sostenibilità e sugli equilibri, il Toro avrebbe bisogno di vedere più protagonisti due uomini del loro livello.
4. SCRICCHIOLA Ultimo, ma solo per una coincidenza cronologica. Nelle ultime due uscite di campionato, il Toro ha evidenziato una fragilità difensiva che ha stupito. Due gol presi dal Frosinone, altrettanti dal Bologna (due tra i peggiori attacchi del campionato) sono troppi: automatismi e solidità difensiva sono sempre stati alcuni tra i principi fondanti del Mazzarri-pensiero. Un punto di forza che era stato pure confermato in avvio di stagione: il Toro inizia a scricchiolare dietro, e non può permetterselo.