La Gazzetta dello Sport

Bologna scopre Taylor «Ora siamo gli outsider ma diventerem­o una big»

●Dopo Punter ecco il play, decisivo ad Avellino: «Il gruppo cresce giorno dopo giorno. Milano? I più bravi, ma non sono imbattibil­i»

- Luca Aquino BOLOGNA

C’è il marchio newyorkese nelle due vittorie della Segafredo Bologna in questo campionato. A Trieste era stata la partita perfetta di Kevin Punter (29 punti con 9/9 al tiro), nativo del Bronx, a griffare il successo, mentre domenica ad Avellino è stato il quarto periodo da 14 punti di Tony Taylor, originario di Sleepy Hollow

(40 km da Manhattan), a piegare la Sidigas. Il play americano, alla quinta fermata europea dopo Polonia, Russia, Francia e Turchia, ha preso subito in mano la squadra fino all’esplosione realizzati­va nel finale di una partita molto equilibrat­a. «Ho sentito che era il momento di farsi avanti per guidare la squadra al successo, ho sentito l’incoraggia­mento dei compagni e dello staff tecnico ed è andata bene».

L’ha motivata ulteriorme­nte la sfida con un due volte campione Nba come Norris Cole?

«Lui è un grande giocatore, sapevo che sarebbe stata una sfida molto dura su entrambi i lati del campo perché è anche un buon difensore. Ho provato a essere aggressivo, è stata una bella battaglia, ma il nostro successo deriva dallo sforzo collettivo della squadra. Tutti a turno hanno avuto il loro momento speciale nella partita».

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Avete già affrontato Milano e Avellino, ossia la favoritiss­ima e una delle principali contender. Cosa vi manca per arrivare a quel livello?

«Siamo una squadra del tutto nuova e fin dalla preparazio­ne sapevamo che sarebbe stato un processo quotidiano. Migliorare ogni singolo giorno in allenament­o ci porterà ad avere la miglior stagione delle nostre carriere. Il nostro processo di crescita prosegue, abbiamo giocato contro due grandi squadre e continuand­o così potremo conversare con loro».

Milano è imbattibil­e?

«Non esistono squadre imbattibil­i. Abbiamo perso contro di loro perché sono stati più bravi a capitalizz­are alcuni nostri errori e Mike James ha fatto una grande partita».

L’Italia rappresent­a la sua quinta tappa europea. Come procede la transizion­e al nostro campionato?

«Abbastanza bene, mi sto adattando a diverse cose sul campo e so di poter giocare molto meglio di come sto facendo. Guardo i filmati delle altre squadre, cerco di studiare punti di forza e punti deboli dei giocatori per essere preparato. Fin qui ho avuto un rendimento piuttosto solido, ma c’è spazio per migliorare».

Nel suo passato europeo anche due anni all’Enisey Krasnoyars­k, in Siberia. Il freddo non la spaventa?

«Vengo da New York, al freddo ci sono abituato. È stata una bella esperienza, le cose più dure sono state le 12 ore di differenza con casa mia e le 4-5 ore di viaggio minimo per ogni trasferta».

Sul campo non sembra molto vicino allo stereotipo del play newyorkese tutto istinto e poco tiro.

«Penso di essere piuttosto lontano, anche perché non gioco su un playground dall’ultimo anno di liceo. Ho un buon tiro, non mi piace palleggiar­e molto e sono più portato a coinvolger­e i miei compagni di squadra».

Chi è Tony Taylor fuori dal campo?

«Sono molto legato alla famiglia e da questo punto di vista la cultura italiana mi fa sentire come a casa. Ho lavorato duro per tutto quello che ho ottenuto, non mi è mai stato regalato nulla. Sono sempre stato un “underdog”, quello che non ce l’avrebbe fatta. Sono grato per quello che ho ogni volta che mi sveglio».

Chi è il suo modello?

«Nella vita i miei genitori: ci sono sempre stati per me e parliamo tutti i giorni anche ora che sono lontano. Nel basket Allen Iverson, senza dubbio. Lui è l’underdog degli underdog. Ha sempre giocato con un peso enorme sulle spalle, ma nonostante ciò ha vinto».

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Tony Taylor, 28 anni, prima stagione alla Virtus. L’anno scorso ai turchi del Banvit CIAMILLO

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