PERCHÉ VOGLIAMO PIÙ BENE A FIONA
Lettere alla Gazzetta
che criminalità organizzata, corruzione, evasione fiscale e burocrazia continuino a essere i grandi mali nazionali, più o meno come in passato, quando di immigrati si parlava poco o nulla (o magari sì: vi ricordate i «terroni» al Nord?). E purtroppo non è vero che i giovani siano più avanti. Il problema è transgenerazionale, come decine di eventi di cronaca nera dimostrano: le spedizioni punitive e la caccia all’immigrato sono quasi sempre abnormi deviazioni di delinquenti di giovane età.
Non confondiamo l’utopia con la realtà. Nel regno della prima è tutto bello, dolce e scontato: le persone si giudicano dal loro valore e dalla loro onestà, non dal colore della pelle. Siamo purtroppo molto lontani da questo. E abbiamo tremendamente bisogno di fare appello alla ragionevolezza e ai percorsi positivi. Come quello di Fiona May. Lo sport ne può vantare per fortuna molti ed è giusto metterli in evidenza. Ciascuno è figlio della propria storia anche se, come abbiamo visto, c’è un vento internazionale che soffia per tutti. Paesi come l’Inghilterra, la Francia, gli Stati Uniti, l’Olanda e molti altri hanno cominciato a vivere il problema dell’integrazione da decenni o addirittura secoli, per i cascami degli imperialismi e dello schiavismo. In Italia abbiamo scoperto la grande (per modo di dire: siamo al 7% del totale) immigrazione dall’estero soltanto da 15-20 anni. E per molti è stato uno shock, anche considerando che, insieme a una massa di brave persone, arrivano da noi potenziali criminali, proprio come noi italiani abbiamo esportato un secolo fa in tutto il mondo tesori di laboriosità e cultura, ma anche mafiosi doc. Non abbiamo avuto il tempo di metabolizzare e dobbiamo cominciare a farlo. Quindi, se vi diciamo di volere un pizzico più di bene a May, Egonu, Sylla e Zaytsev, stiamo facendo qualcosa che conta molto sul piano sociopolitico e sentimentale.