La Gazzetta dello Sport

Furia Allegri all’intervallo Così Max sa trascinare tra rabbia e colpi di teatro

- Filippo Conticello @filippocon­t

Ha più di cinquanta anni e mura sottilissi­me l’angusto Castellani: sabato tra le 18.45 e le 19 certe urla hanno bucato facilmente il cemento di Empoli. Erano acute davvero, avevano accento toscano anche se arrivavano dallo spogliatoi­o piemontese: nessuno si è stupito di sentire Massimilia­no Allegri sgolarsi all’intervallo, anzi sarebbe stato strano il contrario. Raccontano che per lunghi minuti abbia sferzato la truppa con veemenza: di certo, ha ottenuto l’effetto sperato. La sua frusta serve, si sa: lo insegna il passato, lo conferma la ripresa empolese. Pare che Allegri non abbia usato tutto il tempo a disposizio­ne con i suoi e, dopo il picco delle urla, sia uscito dalla porta per tornare a respirare. Lungo il corridoio che riportava la squadra in campo si è sentita forte anche la voce di Leo Bonucci: formalment­e non era lui il capitano, ma il suo carisma ha ancora discreta presa.

GLI SHAMPI Il Max furioso è un classicone della commedia juventina: l’allenatore scarica sempre dosi di elettricit­à e i bianconeri si rianimano di colpo. Tra l’altro, pesava pure una ricorrenza sinistra: tre anni fa esatti, 28 ottobre 2015, Max toccava il punto più basso della sua avventura. Massimilia­no Allegri, 51 anni: in alto sabato ad Empoli; sotto la sfuriata a Carpi del dicembre ‘15

Era la sera del tonfo di Sassuolo, della punizione di Sansone, del -11 dalla Roma: sembrava il testamento e, invece, da lì iniziò l’ascesa verso la gloria. Con un recupero prodigioso Allegri vinse il quinto scudetto filato della Juve (il suo secondo), ma sarebbe arrivato un sesto e pure un settimo. Adesso, tre anni dopo, Allegri vive la situazione opposta: è questo il momento di massimo splendore. E se si è arrivati a queste vertigini, molto si deve al suo carattere pragmatico da buon livornese: predica la «halma», con aspirata cantilena toscana, ma sa regalare sfuriate che resteranno. Chi li ha visti da vici- no, dice che gli «shampi» di Allegri hanno qualcosa di teatrale. Ma, anche in questi casi, il tecnico sa presentars­i davanti ai media con lucidità e sobrietà, doti rare. In più, riesce a mettere nel cassetto le schermagli­e al momento opportuno: anche Bonucci è stato investito dalla furia del tecnico, ma adesso niente sembra più lontano dallo sgabello di Oporto.

SULL’ATTENTI Nella liturgia di questi anni bianconeri ha un posto d’onore il cappotto di Carpi fatto roteare come fosse il lazzo di un domatore il 20 dicembre 2015: per rilassatez­za pre-sosta, i suoi rischiavan­o di vanificare la rimonta impetuosa iniziata proprio dopo la caduta di Sassuolo. Simile lancio del soprabito il 25 ottobre dell’anno passato: Allegri era in vantaggio casalingo contro la Spal, ma furibondo per qualche rischio di troppo. Nel ritorno a Ferrara lasciò il campo prima del fischio finale con simile stato d’animo: lo 0-0 gli era andato di traverso. Era il 17 marzo, tre giorni prima Max aveva strigliato Benatia a bordo campo: «Devi stare zitto!», urlava a un centimetro dal volto del marocchino, colpevole di una rissa inutile con De Roon. Quando Higuain ha segnato il gol-scudetto a San Siro, il tecnico fumantino ha strattonat­o mezza Juve per conservare gli ultimi secondi di concentraz­ione. Al Castellani, invece, è bastato alzare i decibel: in tanti hanno ascoltato lungo i corridoi, tutti si sono rimessi sull’attenti.

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