Verstappen fa «F1esta» nel giorno di Hamilton
●Max gestisce bene le gomme Vettel e Raikkonen sul podio FERRARI FRAGILE MA DI TESTA
«Oggi è il giorno fratellone». La spinta a superare l’ultimo ostacolo è arrivata da Nicolas, il più piccolo della famiglia Hamilton, affetto fin dalla nascita da paralisi cerebrale, ma capace di non arrendersi fino a diventare anche lui un pilota di auto. E’ stato l’ispirazione di Lewis Hamilton da quando erano piccoli e nel giorno del trionfo il suo messaggio è servito al campione inglese per stringere i denti, conquistando il quinto titolo mondiale al termine di una delle gare più sofferte della carriera. Da ieri Hamilton è nell’Olimpo della F.1, accanto all’argentino Juan Manuel Fangio e preceduto solo dal sette volte iridato Michael Schumacher. E’ il pilota della sua generazione che l’ha meritato di più, come ha detto Fernando Alonso, uno dei grandi rivali di questo decennio, e la strada davanti a Lewis è ancora lunga.
ABBRACCIO Le tribune del circuito di Città del Messico, gremite da oltre centomila spettatori, hanno fatto cornice alla «F1esta» per il fuoriclasse della Mercedes, proprio come era avvenuto un anno fa, su questa stessa pista, al termine di un’altra sfida contro Sebastian Vettel. I due si sono incontrati sotto al podio, dove Lewis stavolta non è salito, e il tedesco della Ferrari si è avvicinato al rivale per abbracciarlo con grande sportività, riconoscendone il valore. E’ stato uno dei momenti più intensi della stagione. Per Seb l’onore delle armi, al termine di una gara carica d’orgoglio in cui ha strappato il secondo posto, approfittando del ritiro del poleman Daniel Ricciardo. Mentre Hamilton ha lottato come se non avesse nulla da perdere nelle prime curve, ma poi ha dovuto cedere per il consumo di gomme eccessivo della Mercedes, chiudendo quarto dietro all’altra rossa di Kimi Raikkonen. Abbastanza per avere l’aritmetica certezza del titolo con due gare d’anticipo.
FENOMENO La gestione degli pneumatici è stata la chiave della gara. E il baby terribile Max Verstappen, autore di una partenza fulminante con cui ha scavalcato subito Ricciardo, è stato maestro nel conservarle, cogliendo una vittoria formidabile, la quinta della carriera e la seconda in Messico dopo quella del 2017, quando infilò Vettel al via. Il fenomeno della Red Bull era demolito nel morale dopo lo smacco delle qualifiche, in cui il compagno di squadra gli aveva strappato la pole per soli 26 millesimi, ma ha reagito da vero Leone (è il simbolo che porta sul casco) prendendosi il successo di forza su un tracciato favorevole al team di Milton Keynes. «Non riuscivo a dormire la notte prima. Ero dispiaciuto – confessa Max –. Ma con questo successo mi sono rifatto. E’ stato fondamentale andare subito al comando, perché Hamilton e gli altri, restando dietro, hanno avuto più difficoltà con il degrado degli pneumatici. Ho tenuto sotto controllo il vantaggio, ma alla fine ho chiesto al team di “tagliare” la potenza del mio motore per non rischiare la fine di Daniel».
GENERAZIONI Il ventunenne figlio d’arte, cresciuto sotto la ferrea ala protettrice di papà Jos, già prenota il futuro assieme al prossimo ferrarista Charles Leclerc, suo coetaneo, protagonista anche ieri di una gara entusiasmante. Saranno gli eredi di Hamilton e Vettel. Intanto Lewis ha legittimato il quinto titolo, portando in fondo una macchina che (senza i cerchioni forati) ha patito gli stessi guai di Austin, al contrario di una Ferrari tornata ai livelli pre-Singapore, velocissima in rettilineo e impeccabile nella gestione gomme. La SF71H avrebbe meritato il titolo almeno quanto la Mercedes. La vera differenza l’ha fatta ancora Hamilton, sfruttando ogni occasione e approfittando dei punti persi da Vettel in gare come Baku, Hockenheim e Monza. Nove vittorie e nove pole parlano da sole. Lewis può riscrivere tutti i record della F.1, se correrà il tempo necessario. Intanto sogna: «Non mi sembra vero».
QAFP uanta tristezza sul volto di Vettel alla fine del GP del Messico! Poveretto, era arrivato 2O e doveva patire da un lato la gioia di Verstappen, dall’altro l’euforia di Hamilton, fresco iridato. Immagine emblematica della stagione che la Ferrari ha buttato via, dato che il titolo piloti è quello che conta di più per il grande pubblico. Anche ieri, infatti, si è vista una Ferrari molto forte, sconfitta perché la Red Bull correva su una pista su misura per lei, anche se resta il sospetto che al Cavallino sia mancata la giusta convinzione per provarci. Una sorta di rassegnazione preventiva, sbagliata. Perché trovarsi con Vettel che, a 15 giri dalla fine, era staccato di soli 8” e stava rimontando, significava avere possibilità concrete. Una Ferrari più competitiva della Mercedes, come nella maggior parte dei casi quest’anno, ma meno consistente come team. Vettel dovrà fare un esame di coscienza sui troppi errori che gli sono costati il titolo, la Ferrari dovrà meditare sullo sbandamento avuto dopo la scomparsa di Marchionne, con tante manovre dietro le quinte che hanno finito per distrarla dall’obbiettivo iridato. La sconfitta è venuta dalla fragilità mentale del team, non dall’auto. Debolezze nascoste quanto evidenti, con le quali non si va lontano.
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MALASORTE Ricciardo ancora appiedato mentre era 2o, è l’ottavo ritiro del 2018, il secondo consecutivo