La Gazzetta dello Sport

UNA BELLA LEZIONE CHE NON FA MALE

La vendetta di Mou e il colpaccio della Roma

- Di ALESSANDRO DE CALÒ

Quando dopo un’oretta di preliminar­i Cristiano Ronaldo scaraventa il pallone nella porta di Mou, lo stadio della Juve comincia a capire sulla sua pelle d’oca cosa potrebbe essere questa Champions: un lungo sogno trionfale. Potrebbe, non è scontato che lo sia. Tra la consapevol­ezza della propria forza marziana e la presunzion­e di una superiorit­à assoluta c’è un confine sottile, qualche volta invisibile. Sull’onda del capolavoro di Ronaldo, i bianconeri si sono tolti un peso dallo stomaco e hanno pensato di poter prendere a pallonate il modesto – fino a quel punto – Manchester United messo in campo dal guru portoghese. E qui hanno fatto un errore blu. Proprio quando pensava di avercela fatta, esibendo alla sua gente lo scalpo del nemico abbattuto sul campo, la Juve ha cominciato a perdere questa partita. La punizione di Mata e l’autogol di Alex Sandro sono gli inevitabil­i colpi del kappaò, la beffa confeziona­ta da chi è stato abituato per una vita a combattere fino in fondo e a vincere in contropied­e. Vedremo cosa succederà domenica allo United nel derby con Guardiola, che ieri ha steso lo Shakhtar 6-0. La mano che, a giochi fatti, Mourinho porta all’orecchio per rispondere ai fischi e agli insulti del pubblico juventino richiama qualcosa degli anni interisti e rancori che il tempo non consuma.

Ma la lezione per la Juve è un’altra. La prima sconfitta della stagione dice che i bianconeri devono segnare più gol per le occasioni che producono. Stavolta c’è il paracadute: la qualificaz­ione al primo posto è soltanto rinviata. Ma più avanti un atteggiame­nto sbagliato potrebbe essere fatale. In Champions, si sa, Dio è nei dettagli. Intanto la Roma va a vincere a Mosca, nello stadio Luzhniki dove quattro mesi fa Pogba si è laureato campione del mondo. Proprio qui, ai primi di ottobre, il Real Madrid di Lopetegui aveva cominciato ad avvitarsi fatalmente su se stesso in una caduta che ha portato alla cacciata dell’ex selezionat­ore della Spagna. Allora i madridisti – reduci dal folgorante 3-0 sulla Roma – erano finiti a picco per non essere riusciti a rimediare l’1-0 del Cska firmato dal ventenne Vlasic dopo appena due minuti di gioco. Stavolta il piano inclinato fa decollare i gialloross­i, con lo stacco vincente di Manolas sul corner di Lorenzo Pellegrini dopo che le lancette dei secondi hanno fatto quattro giri di orologio.

Il bello è che appena la Roma ha cominciato a trovarsi in difficoltà, dopo il pari di Sigurdsson a inizio ripresa, il quadro è cambiato. Il piccolo, imprendibi­le, Kluivert ha costretto Magnusson al fallo e all’espulsione: tre minuti dopo, Pellegrini ha dato il colpo di grazia ai russi. Il risultato super che spiana le porte alla qualificaz­ione – basterà un pari, mal che vada col Viktoria per blindarla – non può cancellare del tutto i limiti di gioco esibiti dalla squadra di Di Francesco. È come se la Roma – oltre ad aver perso giocatori di qualità tipo Alisson, Strootman e Nainggolan – avesse smarrito la memoria del software che le aveva permesso di praticare un calcio splendido nella Champions dell’anno scorso. Comunque, i buoni risultati aiutano a superare i momenti difficili. È quello che sta facendo Solari col Real, devastante ieri a Plzen, in Boemia: la manita (5-0) è il suo terzo successo di fila. Se all’Olimpico riuscirà a batterlo, la Roma potrà classifica­rsi da prima. Questa Champions ha buoni colori per le nostre squadre. Anche Inter e Napoli hanno il futuro in mano, potremmo fare un buon pieno. E poi godercela: il bello deve venire.

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