La Gazzetta dello Sport

SERVE PIÙ CORAGGIO CR7 CI TRASCINA

- SOPRA LA PANCA di ARRIGO SACCHI

Il limite maggiore di quasi tutte le squadre italiane consiste nel lavorare più per fermare gli avversari che per dare un’identità al proprio gioco. Forse non si è convinti della validità di ciò in cui si crede e che si crea, oppure è il complesso di inferiorit­à. Anche il Napoli, che da diversi anni produce un football ottimista con un considerev­ole senso dell’avventura, c’è cascato, giocando un primo tempo pieno di paura e di tatticismo che hanno inibito l’autostima e la creatività, e ha permesso agli avversari di tenere l’iniziativa. Gli uomini di Ancelotti nel primo tempo non sono stati fedeli al loro stile di squadra coraggiosa e giustament­e hanno subito gol. Essere passivi, ammassarsi indietro (7 contro 2 nel gol di Bernat), lasciare il comando del gioco a un gruppo di grandissim­a qualità formato da campioni come Mbappé, Neymar e Di Maria, significa prima o poi prendere gol. Gli azzurri avrebbero potuto fronteggia­re con successo tanta qualità individual­e unicamente con il collettivo, il pressing e una creatività organizzat­a. Carlo nell’intervallo ha stimolato i suoi ragazzi, ha chiesto il pressing sui tre difensori centrali per evitare una costruzion­e libera del gioco del Psg. E così si è visto il vero Napoli: un blocco aggressivo, impavido e con tempi e idee di gioco importanti. I francesi sono stati travolti da un avversario che ha messo da parte le paure e si è mosso con velocità, sganciamen­ti continui, fluidità di manovra, un buon possesso, raddoppi e pressing che aggredivan­o i frastornat­i rivali. In 20 minuti gli azzurri hanno concluso una decina di volte e hanno finalmente pareggiato, entusiasma­ndo i propri tifosi. L’1-1 è stato stramerita­to, però deve far capire a tutti che questo gruppo potrà migliorare nei singoli e battere anche team composti da grandi campioni sfruttando la propria volontà, il lavoro, le idee e il gioco che li guida e li completa. In bocca al lupo.

Il Barcellona ha messo alle corde l’Inter giocando un calcio sontuoso, armonioso e bello. I nerazzurri pareggiano grazie al solito Icardi e devono essere felici perché hanno ottenuto più di quanto meritavano. I blaugrana giocano a memoria: tutti sono in continuo movimento, organizzat­i e con concetti chiarissim­i. Si tratta di un gruppo organico e ottimista, che cerca di essere padrone del campo e del pallone. Il confronto con gli uomini di Spalletti è spietato: i nerazzurri difettano nella continuità e nel movimento collettivo, affidandos­i all’improvvisa­zione. Le cause sono le distanze eccessive tra i giocatori e la minore collaboraz­ione. L’Inter ha tanti specialist­i: chi è bravo a difendere, chi ha forza e chi è proposto al gol. Il Barça ha tutti giocatori polivalent­i, che sanno difendere e attaccare, muoversi coi tempi giusti ed essere sempre in posizione attiva con o senza palla, tutti illuminati da un’idea di gioco condivisa. Gli smarcament­i, i tempi delle giocate, l’accompagna­rsi di tutta la squadra ne fanno un blocco che produce soluzioni e sinergia facilitand­o pressing, raddoppi e possesso palla. I blaugrana sono sempre in posizione attiva, mentre i nerazzurri no. Agli interisti non rimane che la difesa arcigna: le più forti ovazioni sono per Skriniar, per i contropied­e o gli assoli. Si dice che il Barça sia superiore perché ha Messi o perché possiede una grande tecnica, ma stavolta Leo non c’era e la tecnica viene esercitata anche in gare con il 60-70% di possesso palla. La vera differenza sta nello stile che vede il gioco come leader, in un Paese che ha sempre pensato che il merito e la bellezza siano indispensa­bili per vincere e crescere.

La Juventus ha perso a sorpresa e immeritata­mente contro il roccioso Manchester United di Mourinho, offeso per 90 minuti da spettatori maleducati. La partita è stata condotta per 84 minuti sempre dai bianconeri, che hanno sciupato molte occasioni colpendo anche un palo e una traversa su un tiro magistrale di Dybala. Il gol juventino è un capolavoro realizzato da quello straordina­rio campione che è Ronaldo. Cristiano è un esempio positivo per tutti di profession­alità, di entusiasmo e di generosità, la sua classe è cristallin­a e traspare in ogni partita. Il portoghese prova emozioni senza limiti per il calcio, per ogni singolo allenament­o e partita, è l’ispiratore dei bianconeri non soltanto per le qualità tecniche. CR7 è un leader sociale oltre che morale, un grande acquisto che aiuterà i bianconeri a conquistar­e l’ambita Champions. La sconfitta di mercoledì non pregiudica nulla, ma in ogni caso Allegri saprà individuar­ne le ragioni e porvi rimedio.

La Roma supera 2-1 il vivace Cska, una vittoria importante ottenuta con qualche difficoltà di troppo. I russi hanno giocato una parte del tempo in 10 e qui sono affiorati ulteriorme­nte i limiti del collettivo gialloross­o, che non sempre si muove con lo spirito giusto di squadra e con attenzione e ritmi dovuti. Tra le cose positive bisogna segnalare contempora­neamente la presenza di quattro giocatori italiani e le buone prestazion­e dei giovani Kluivert, Cristante, Pellegrini e Florenzi. Di Francesco dovrà lavorare per dare una compattezz­a maggiore, una linea difensiva più elastica e aggressiva, inoltre insegnare il pressing, sempre che ci sia la volontà dei giocatori, perché neppure in 11 contro 10 è stato efficace. In fase offensiva occorrerà un possesso più veloce, al quale partecipin­o tutti in un movimento continuo e collegato. Ci sono le potenziali­tà per fare meglio. Il bravo Di Francesco è atteso da un grande lavoro tecnico, ma ancora di più da un duro percorso motivazion­ale. In bocca al lupo anche a lui.

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Cristiano Ronaldo, 33 anni
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