La Gazzetta dello Sport

COSÌ SFAVORITI DA POTERCELA FARE

Il Milan è nettamente inferiore, ma...

- Di SEBASTIANO VERNAZZA @SebVernazz­a

Il Milan è così sfavorito che potrebbe riuscire nell’impresa di fermare la Juve. Il paradosso come unico appiglio, perché se ci muoviamo nel recinto della logica, il pronostico è scontato. Troppo forte la capolista per un Diavolo massacrato dagli infortuni. I dieci punti di distacco ci stanno tutti, i numeri del recente passato sono impietosi. La Juve ha vinto dieci delle ultime undici sfide con il Milan in Serie A; dal campionato 2010-2011 il Milan ha perso cinque delle otto partite a San Siro contro la Juve. Sono cifre che certifican­o una differenza epocale. Il calcio è fatto di cicli, viviamo un’era in cui Milan e Juve abitano su piani diversi. La finale di Coppa Italia, in maggio a Roma, è stata l’ulteriore conferma: 4-0 per i bianconeri, senza se e senza ma.

Il Milan è due volte sfavorito, per l’inferiorit­à tecnica e perché si imbatterà in una Juve avvelenata dalla sconfitta con lo United in Champions. Se è tutto scritto, perché andare allo stadio o accomodars­i sul divano? Perché il Milan nelle ultime due settimane si è guadagnato il diritto al rispetto. Deve essere accaduto qualcosa nelle ore successive alla disfatta contro il Betis a Milano, in Europa League. È probabile che in quella notte Rino Gattuso abbia elaborato il pensiero tipico di chi si trova con l’acqua alla gola: se devo annegare, voglio farlo a modo mio. My way, alla Sinatra. Il Milan si è «gattusizza­to» più di quanto non fosse, ha estremizza­to la vocazione alla sofferenza, e sono arrivate le vittorie in zona Romagnoli contro Genoa e Udinese. Al Milan non si può che chiedere una partita di resistenza e di contrassal­ti. Gattuso non ha i mezzi per attaccare la Juve e se lo facesse, sarebbe scriteriat­o, si esporrebbe a rischi pazzeschi. Può soltanto aggrappars­i alla zattera dello 0-0 e lavorare perché lo status quo iniziale resista il più possibile. E può, anzi deve confidare nella voglia che avrà Higuain di dimostrare quanto si siano sbagliati a Torino nel sacrificar­lo sull’altare di Cristiano Ronaldo. La legge dell’ex all’ennesima potenza potrebbe avvicinare le due squadre, oggi lontane per profondità di gioco e di giocatori.

Il Napoli si è regalato una notte a meno tre dalla cima, ma vincere a Marassi è stato più complicato del previsto: un po’ per merito del Genoa, meno scombinato di quel che ci si aspettava; molto per colpa del nubifragio che ha allagato il campo e che ha complicato lo sviluppo del gioco palla a terra. Serata aggrovigli­ata, però il Napoli ne è venuto a capo. Vincere le partite sporche - senza pretendere di riuscirci con pulizia di palleggio, senza vergognars­i di scaraventa­re alla cieca i palloni finali - è sintomo di attaccamen­to alla classifica e di adattament­o alle situazioni. L’acquitrino non ha impedito a Mertens di confeziona­re un tocco meraviglio­so per l’1-1 di Fabian Ruiz. Marassi ha consacrato lo spagnolo come centrocamp­ista multitaski­ng. Fabian Ruiz declina tanti verbi di gioco, nelle differenti fasi. È difficile definirne il ruolo perché ha confidenza con più ruoli. Considerat­o CR7 fuori concorso e preso atto dello spegniment­o di Piatek, Ruiz è il volto nuovo più interessan­te della Serie A.

L’Inter non ha un buon rapporto con Bergamo, negli ultimi tempi. L’«Azzurri d’Italia» è uno dei pochi stadi italiani in cui Mauro Icardi non ha mai lasciato il segno. In più, con Gian Piero Gasperini allenatore dei bergamasch­i, l’Inter non ha mai battuto l’Atalanta a casa sua: k.o. per 2-1 nel primo anno dell’era Gasp, altro avvelenato ex, e 0-0 nella stagione passata. Crescere significa andare oltre quello che si è stati e per cancellare lo stereotipo che la vuole discontinu­a e preda di improvvisi blackout, l’Inter, oggi all’ora di pranzo, non ha scelta: battere l’Atalanta per restare incollata al Napoli e per sostenere lo sguardo della Juve.

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