Aggressività e tanta intensità La legge della Dea colpisce ancora
●●asperini, ex mai amato, quando vede l’Inter si esalta: la sua Atalanta, in giorni così, è strepitosa
La legge di Gasperini colpisce ancora. A Bergamo, nell’era di Gasp, l’Inter ha rimediato due sconfitte e un pareggio, un punto in tre partite. Gasperini si è lasciato male con l’Inter - l’esonero lampo del settembre 2011, neppure il tempo di capire dove fosse - e sente questa gara come nessun’altra, specie in casa. La legge dell’ex viene elevata al quadrato, ma non si può ridurre l’Atalanta di ieri a una frase fatta. C’è di più, tanto di più. C’è un’idea decisa di calcio, raffinata nel tempo e rafforzata con la ripetitività quotidiana. Una squadra del genere non si inventa dalla sera alla mattina. La prestazione di ieri viene da lontano, da anni in cui si è lavorato sugli stessi principi di gioco. L’aggressione è il valore fondante, l’Atalanta è la dimostrazione fatta squadra del vecchio detto sull’attacco come migliore forma di difesa. E i gol di Mancini e Djimsiti ne sono la prova: i centrali difensivi hanno disattivato Icardi e poi sono andati a segnare di persona. Si chiama ribaltamento della prassi. Nel campionato corrente l’Atalanta ha segnato 23 gol, nove dei quali li hanno realizzati dei difensori. Più di un terzo del totale, impressionante.
SULLE ALI L’Atalanta ha giocato un primo tempo strepitoso per aggressività e chiarezza di strategia. Gasperini da qualche tempo tiene Gomez sulla trequarti e allarga i due attaccanti davanti a lui, in questo caso Ilicic e Zapata. Passi per lo sloveno, universale giocatore di offesa, ma il colombiano ala sinistra, più che prima punta vera e propria, è sembrata una novità. Eppure ha funzionato alla grande. Ilicic e Zapata, supportati da Hateboer e Gosens alle rispettive spalle, hanno aperto la linea dell’Inter tale e quale una cozza dentro un piatto di spaghetti scotti. La scelta di cavalcare le corsie ha prodotto un nubifragio di palle gol. La prima parte si è chiusa soltanto sull’1-0 perché Handanovic ha fatto il fenomeno e perché Ilicic ha devoluto in beneficenza un paio di reti. Gasperini è devoto al culto della intensità e immaginiamo che ieri intorno alle 13 godesse a mille: Atalanta indemoniata e imprendibile, vicina alla perfezione per i canoni gasperiniani. La sostenibilità è stata garantita dai due mediani: Freuler e De Roon hanno sbrigato una mole non quantificabile di lavoro oscuro, di taglia e cuci. La semina è stata importante e il raccolto è arrivato in seconda battuta, nella ripresa. La squadra è sopravvissuta a qualunque contrarietà: alla generosità del rigore dell’1-1 interista, all’infortunio di Toloi e al conseguente spostamento di Hateboer nel terzetto di difensori centrali, non proprio il ruolo preferito dall’olandese.
ADÒSS La furia ha contagiato la panchina: dopo il gol di Mancini, il medico sociale Bruzzone e il team manager Moioli sono stati espulsi dalla panchina per eccesso di esultanza. Se si scartabella nei libri di storia della Dea, è difficile scovare una squadra che come l’Atalanta di Gasperini prenda alla lettera il motto della casa: «E adess adòss», e adesso addosso, in dialetto bergamasco. In certe indimenticabili giornate, la Gasp-Atalanta è così: ti salta sulla schiena e non te la scrolli più di dosso. In alto, la festa dell’Atalanta dopo il gol del 3-1, segnato da Djimsiti: la squadra di Gasperini ha vinto 4 partite di fila contro Chievo Parma, Bologna e Inter GETTY