Grinta di capitano Belotti guida la ripartenza Toro
●Il Gallo è primo a far partire il pressing Chiede ai compagni aggressività e dà l’esempio Le prende, le dà e non tira mai indietro la gamba
Aveva parlato a caldo, sabato pomeriggio, ancora segnato sul volto dalla grande delusione generata dal passo falso contro il Parma. Scegliendo parole non casuali, anzi evocative, e dal grande impatto, in un vocabolario che di colpo si era riempito di termini come «mancanza di aggressività», «scarsa cattiveria» e «poca concentrazione». In questi tre concetti, apparentemente semplici, c’è probabilmente la sintesi del perché il Toro abbia subìto una metamorfosi così vistosa proprio sul più bello dopo l’exploit genovese. Non si espone spesso Andrea Belotti: è un capitano silenzioso, preferisce parlare attraverso i gol utilizzando una lingua che però ultimamente gli viene fuori un po’ a singhiozzo (ha un bottino di 4 reti, di cui 2 su rigore); e, quando i gol proprio non abbondano, si sforza almeno di vestire gli abiti del trascinatore attraverso l’esempio.
LA GRINTA DEL CAPITANO Il manifesto della grinta da capitano si può ritrovare in quella statistica sui falli commessi in questo primo terzo di campionato: Belotti è il sesto giocatore più falloso del Torino, addirittura il quinto considerando solo i «titolari» (il quarto è Zaza, uno che finora ha visto pochissimo il campo). Certo, ci sono mille modi per leggere una statistica: la propensione del Gallo al fallo si può anche interpretare come il tentativo di suonare la carica, di spronare i compagni. Applicazione, voglia e cattiveria: sono le qualità che Mazzarri vorrebbe diventassero endogene nel suo Toro, dopo il crack col Parma subìto in quel sabato da dimenticare. DEFICIT DI QUALITÀ Apparentemente, potrebbe sembrare un’anomalia vedere un centravanti primeggiare nella classifica dei falli commessi. Scavando a fondo, provando a capirne il perché, ti accorgi che poi tanto anomalia non è: in molte situazioni di gioco, il Gallo si è sentito quasi in obbligo di dover dare quel qualcosa in più richiesto dalla fascia da capitano. Non gli sarà riuscito sempre benissimo perché, a dispetto di una quantità garantita, emerge un certo deficit di qualità. Una tesi confermata da alcuni numeri sul Gallo, capace finora di perdere per 171 volte la palla: le palle perse a partita sono 14,25, un dato molto più alto rispetto a una media che in Serie A per gli attaccanti galleggia intorno alle 9,12. E poi ci sono anche i passaggi positivi: quelli di Belotti sono 12,75 a gara (153 in 12 giornate), in media alle punte della A ne riescono 13,89.
TORNARE MARTELLO L’impegno: quello proprio no, non è in discussione. Il Gallo è il quinto titolare più falloso del Toro con i suoi 15 interventi duri fischiati dagli arbitri. Molto più di giocatori dalla maggiore «vocazione» difensiva: un esempio su tutti è quello di Nkoulou, che di professione fa il difensore e che finora le ha giocate tutte commettendo «solo» 10 falli. Anche nella classifica dei più duri della A, Belotti si piazza in alto, al posto numero cinquanta. Ancora lui, è il bersaglio preferito dei difensori avversari: è il giocatore del Toro ad aver subìto il maggior numero di falli (28), addirittura è il decimo più colpito di tutta la A (i primi sono Barella, Berardi e Srna a 34). Le prende e le dà, si direbbe. Numeri accentuati anche dalla sua tendenza a «salire» spesso a centrocampo, che però lo porta ad allontanarsi dalla porta e in questa attitudine si può spiegare l’evidenza molto bassa di occasioni create: appena 0,58 a partita, quando la media degli attaccanti di A è di 0,96, quasi il doppio. Restano il sacrificio e l’impegno. Restano quelle parole di Belotti dopo il Parma: «dobbiamo ricominciare a essere martello». Le ripeterà domani ai compagni al Filadelfia. È l’unica ricetta per tornare a essere feroce: questo Toro non ha vie di fuga alternative.