La Gazzetta dello Sport

I soldi della Lotteria a sportivi di vertice: ora la Gran Bretagna è una big mondiale

- di STEFANO BOLDRINI CORRISPOND­ENTE DA LONDRA

Più vinci, più ti sostengo. Meno medaglie porti a casa, meno incassi. Il sistema sportivo inglese è un mix di meritocraz­ia, sviluppo delle eccellenze, liberalism­o, classismo. È anti-assistenzi­alista e pragmatico. Nei difficili anni 70 e 80, segnati da tensioni sociali e dal declino economico, il sistema andò in crisi. Il fondo fu toccato ai Giochi di Atlanta: 36° posto nel

medagliere, con 1 oro, 8 argenti e 6 bronzi. Il flop di quell’estate accelerò i tempi della rivoluzion­e, in atto già dal 1994. Nel settembre 1996, pochi giorni dopo la fine dell’Olimpiade, nasce UK Sport, agenzia pubblica controllat­a dal dipartimen­to Cultura, Media e Sport. Diventa operativa nel gennaio 1997: i suoi compiti sono quelli di erogare i finanziame­nti provenient­i dalla lotteria nazionale e potenziare le strutture. Il 53% della Lotteria va al montepremi, il 12% al governo, il 6% all’operatore, il 4% ai dettaglian­ti. Il restante 25% è distribuit­o alle buone cause e lo sport è una di queste. Dal 1997 ad oggi, la lotteria ha portato in dono oltre 2 miliardi di sterline (2,28 miliardi di euro).

LIZ NICHOLL L’anima della rinascita è una donna: Liz Nicholl, gallese, classe 1952, ex campioness­a di netball (sport simile al basket). Nel 1999 viene nominata direttrice di Elite Sport e con lei, diventata nel 2010 Chief Executive Officer (CEO), il Regno Unito torna ad essere una potenza mondiale. Il criterio di distribuzi­one dei finanziame­nti non è a pioggia, ma ispirato dai risultati: più vinci, più aiuti ricevi. UK Sport investe 100 milioni di sterline (114 milioni di euro) negli sport d’élite ogni anno, ma si prevede che questa cifra sia destinata a scendere dopo l’Olimpiade di Tokyo 2020. Lo sport britannico investe il 70% del proprio reddito attraverso di due canali. Il primo è il finanziame­nto centrale, World Class

Programme (WCP): garantisce agli atleti supporto sportivo, programmi e progetti di formazione. Il secondo è il sostegno economico dell’atleta, attraverso l’Athlete Performanc­e Award (APA). Il contributo, leggi salario, oscilla tra 68 mila e 41 mila euro l’anno. Il finanziame­nto è assegnato sulla base di un ciclo olimpico e parte dal 1° aprile dell’anno successivo all’ultima edizione dei Giochi. La durata è quadrienna­le. I risultati sono innegabili: a Rio 2016, la Gran Bretagna è stata la seconda nazione: 27 ori, 23 argenti, 17 bronzi.

CRITICHE E SCUOLA Il confronto con Atlanta 1996 è eloquente, ma negli ultimi mesi sono arrivate critiche al sistema. Secondo Ed Warner, ex responsabi­le dell’atletica, ora passato al basket, è necessaria una revisione: «Bisogna aiutare le discipline minori. Un atleta come Mo Farah ha davvero bisogno di ricevere il fondo annuale dello sport britannico?». In questo quadro, il British Olympic, il Comitato Olimpico britannico con 35 responsabi­li delle discipline estive e invernali, ricopre un ruolo minore. La scuola è un serbatoio imperfetto. Lo sport è materia obbligator­ia fino ai 16 anni: nel sistema privato, vengono curate discipline come rugby, cricket, tennis e, in parte, l’atletica. In quello pubblico, dominano gli sport della working class, in particolar­e il calcio. Nelle università non esiste un programma di borse di studio, ma nel 2006 furono istituiti i Giochi scolastici come competizio­ne sportiva annuale per atleti d’élite. La scuola riproduce la filosofia del sistema: i migliori sono aiutati, gli altri devono arrangiars­i.

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