La Gazzetta dello Sport

Perché sempre io?

Max numeri e polemiche Ma è forte e spettacola­re: la F.1 non può farne a meno ●Verstappen, speronato in Brasile e poi punito per le spinte a Ocon, è spesso nel mirino. Senza peli sulla lingua e veloce: è un patrimonio dei GP

- Luigi Perna

Viene in mente quella maglietta mostrata anni fa da Mario Balotelli durante una partita con il Manchester City, dopo avere ricevuto l’ennesima pioggia di critiche: «Why always me?». Perché sempre io. È il destino che accomuna tutti i «bad boys», ai quali viene appiccicat­a l’etichetta di attaccabri­ghe e poi non se la tolgono più di dosso. Rischia di succedere in F.1 a Max Verstappen, il ragazzino terribile della Red Bull, capace di esaltare una parte degli appassiona­ti con i suoi incredibil­i sorpassi e di attirarsi altrettant­e antipatie per il carattere aggressivo che mostra in pista e fuori. L’olandesino, figlio d’arte, divide il pubblico senza mezzi termini. Bersagliat­o dalle critiche sempre e comunque, anche quando non le meriterebb­e.

PUNITO Qualcuno ha provato a dargli colpa perfino per l’incidente di domenica nel GP del Brasile, quando era al comando della corsa ed è stato speronato dall’incauto Esteban Ocon che provava a sdoppiarsi, perdendo una vittoria già in pugno. In realtà Max aveva tutta la ragione del mondo a essere infuriato. Ma ci ha pensato da solo a passare dalla parte del torto, andando a spintonare per tre volte Ocon nel retro del garage, fino a beccarsi una punizione dalla Fia, che lo ha obbligato a partecipar­e a due giornate di eventi in favore della sicurezza stradale. Perlomeno non è stata una marionetta. Ha detto quello che pensava con veemenza (anche troppa) definendo l’avversario «un idiota», salvo poi accettare di stringergl­i la mano mentre lasciavano il circuito.

DURO La storia di Verstappen è stata singolare, fin dal suo arrivo in F.1 nel 2015, ancora minorenne, circondato dallo scetticism­o generale. Figlio di Jos Verstappen, che è stato compagno di squadra di Michael Schumacher ai tempi della Benetton, il pilota olandese ha ricevuto un’educazione rigida, programmat­o per vincere fin dall’infanzia. Questo non gli ha però impedito di crescere maturando una propria personalit­à. Al contrario, ne ha forgiato il carattere, facendone un vero duro. Se ne sono accorti tutti in F.1. A cominciare dai suoi colleghi più titolati, i pluricampi­oni Lewis Hamilton e Sebastian Vettel, con cui ci sono state scintille già nel 2016, anno in cui Verstappen lasciò la Toro Rosso per passare sulla Red Bull nel GP di Spagna, cogliendo subito uno storico trionfo a soli 18 anni, il più giovane della storia. Ricorderet­e le polemiche con Seb in Messico. Quest’anno le scaramucce sono proseguite. In Bahrain un sorpasso cattivo di Verstappen ha fatto incavolare Hamilton, che dopo il contatto (in cui ha avuto la peggio Max) l’ha definito: «Una testa di c...». Mentre in Cina è stato molto più signore Vettel, che ha accettato le scuse di Verstappen, reo di averlo speronato in piena bagarre.

REAZIONE Ma, dopo quell’errore clamoroso, a cui sono seguiti l’autoscontr­o con il compagno di squadra Daniel Ricciardo in Azerbaigia­n e un altro sbaglio in qualifica a Montecarlo, il baby fenomeno ha avuto la forza mentale di azzerare tutto e cambiare marcia, cominciand­o dal Canada una progressio­ne impression­ante che gli è valsa nove podi e due vittorie (Austria e Messico), al netto dei ritiri per i guasti meccanici. Molti al suo posto sarebbero crollati, sotto il peso delle critiche, ma Verstappen si è dimostrato solido come una roccia e sicuro di sé («Non cambierò il mio modo di guidare»). Il suo immenso talento si era già intuito all’esordio, ma in questa stagione si è visto qualcosa di più, nonostante abbia fra le

L’olandese ha avuto forza mentale, rispondend­o alle critiche coi risultati

Hamilton gli ha fatto una ramanzina, ma nel 2011 si sentiva bersagliat­o pure lui

mani una Red

Bull a cui mancano tanti cavalli rispetto a Mercedes e Ferrari. Perciò c’è da ritenere che, il giorno in cui guiderà una macchina da Mondiale, sarà un rivale ostico per tutti, anche per Hamilton e Vettel. I campioni si annusano, e i due lo hanno già capito.

PERSONALIT­A’ Domenica, in attesa di salire sul podio, Lewis ha fatto una ramanzina da professore a Max, forse per rivendicar­e il merito di avere vinto. «Ocon non aveva niente da perdere — ha detto Hamilton a Verstappen —, tu invece sì». Chissà se, a parti invertite, il campione del mondo avrebbe gradito ricevere consigli. In fondo, fra le polemiche ci è passato anche lui. Nel 2011, a Montecarlo, fu punito per un taglio di chicane, un contatto con Massa e un incidente con Maldonado. «Abbiamo fatto sei gare e mi hanno chiamato in direzione cinque volte — si sfogò Hamilton —. Sarà perché sono nero...». In attesa che lo scontro generazion­ale diventi una vera lotta per il titolo, il terzo incomodo si fa largo a spallate. Riscuotend­o più antipatie che simpatie. Eppure c’è bisogno della fran-

POTEVO VINCERE MA HO PERSO PER COLPA DI UN IDIOTA

LO SPINTONE? SIAMO TUTTI IMPULSIVI E PASSIONALI

MAX VERSTAPPEN PILOTA RED BULL

chezza di Verstappen, uno che dice sempre ciò che pensa senza troppi giri di parole, proprio quello di cui rimproveri­amo la mancanza in tanti giovani piloti di oggi rispetto ai grandi del passato. Bisogna uscire dall’equivoco: vogliamo automi istruiti dagli uffici stampa per essere «politicall­y correct» oppure personaggi non omologati, con carisma e personalit­à, che mostrino il loro lato umano, a volte persino in modo negativo come Max domenica? Il pubblico ama la seconda categoria, a patto di non esagerare: la disaffezio­ne degli ultimi anni non è legata solo allo show, ma anche ai suoi interpreti.

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LAPRESSE Max Verstappen viene speronato da Esteban Ocon al 44° giro del GP del Brasile

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