Gran Bretagna al comando del G5 europeo L’Italia è ferma
I BRITANNICI, NELLE ULTIME SEI OLIMPIADI ESTIVE, DA 15 A 67 PODI: A RIO SECONDI SOLO AGLI USA LEADER STORICI. GLI AZZURRI DA 35 A 28 ANCHE SE GLI EVENTI AUMENTANO
Se il parametro per valutare qual è il Paese che nella storia dello sport ha prodotto i migliori risultati di vertice è il medagliere olimpico, esiste un dominatore: gli Stati Uniti. I numeri parlano chiaro. Gli atleti a stelle e strisce, pur assenti a Mosca 1980 a causa del noto boicottaggio, la fanno da padroni. Quasi da dittatori. Il conto parte da Atene 1896 e si conclude a PyeongChang 2018, per 51 rassegne a cinque cerchi, quella intermedia di Atene 1906 esclusa, perché il Cio non la riconosce più come ufficiale. Il dominio è riscontrabile sia nel computo totale (2827 presenze sul podio), sia in quello riferito ai soli Giochi estivi (2522). A guidare il gruppo in quelle invernali – a sorpresa solo per chi non mastica di discipline di neve e di ghiaccio – c’è invece la Norvegia (368). Al secondo posto nel totale (1912), nelle edizioni estive (1558) e in quelle invernali (354) c’è l’Impero russo con tutte le sue varie denominazioni, da Urss in poi.
ECCEZIONE PECHINO Lungi dall’affermare che quello statunitense sia necessariamente il modello perfetto (i pingui bottini sono figli, per dirne una, dell’enorme base di praticanti), la supremazia olimpica è riscontrabile pure nelle più recenti rassegne. E in quelle estive in particolare. Nelle edizioni dell’ultimo ventennio, da Atlanta 1996 a Rio 2016, solo a Pechino 2008, in testa al medagliere, c’è un Paese diverso: la Cina padrona di casa.
IL G5 Nel contesto è interessante verificare come se la passano le potenze più tradizionali dell’Europa occidentale, quelle alle quali è giusto guardare per un confronto con l’Italia. Considerando tali Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna, in una sorta di virtuale G5, il dato che più balza all’occhio è la crescita rapida ed esponenziale della Gran Bretagna, capace di un miracolo sportivo. I portacolori di Inghilterra, Scozia e Galles, ai Giochi ospitati dalla città della Coca Cola, non andarono oltre i 15 podi con un solo oro, quello vinto dai grandi Matthew Pinsent e Steve Redgrave nel due senza del canottaggio, per il 36° posto complessivo nel medagliere. Orrore: era da Helsinki 1952 che non andava così male. Da allora la crescita, grazie a nuove politiche mirate di finanziamenti, è stata impetuosa e costante. I medaglieri, dalla decima piazza di Sydney 2000 (28 podi), alla seconda di due anni fa in Brasile (67) sono tornati a sorridere. Con l’importante sottolineatura che adesso la Gran Bretagna vince anche in discipline, ciclismo in testa, che un tempo non venivano di fatto prese in considerazione. Ora si fa centro persino negli sport invernali: in febbraio, a PyeongChang, con un oro e quattro bronzi.
QUI AZZURRI E l’Italia? Nello stesso intervallo di tempo è rimasta sostanzialmente al palo, con un tasso di crescita inferiore a zero, visto che dalle 35 medaglie di Atlanta 1996 (con 13 ori e 13 sport sul podio), con passi all’indietro corti, ma pressoché costanti, è passata alle 28 di Rio 2016 (con 8 titoli e 10 discipline a festeggiare). Da notare che, nel mentre, gli eventi sono aumentati da 271 a 306, gli atleti da 10.318 a 11.238 e i Paesi rappresentati da 197 a 207.
I CONFRONTI Mal comune, mezzo gaudio: quello tricolore, pur su altre scale, è l’andamento avuto dalla Germania (da 65 a 42 podi), mentre la Spagna è rimasta sui propri livelli (17 nel 1996, 17 nel 2016) e la Francia, tra qualche alto e basso, è complessivamente migliorata (da 37 a 42 medaglie, pur se con cinque successi in meno, scesi da 15 a 10).
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