ASCESA E CADUTA DEL TALENTO MANASSERO
Lo avevamo ammirato e anche un po’ invidiato. Perché è bella la vita se a 16 anni sei il golfista dilettante più forte di sempre poiché alla tua età nessuno aveva mai vinto il British Amateur… Se a 17 stabilisci un altro record di precocità conquistando il primo torneo da professionista… Se ne vinci un secondo a 18, e poi un terzo a 19, e a 20 completi la scalata alzando il trofeo del Bmw Pga Championship, ancora una volta il più giovane a scrivere il proprio nome nell’albo d’oro del torneo più importante del calendario europeo dopo i Majors. Vent’anni, il mondo in mano, la sensazione inebriante, ma anche concreta che il futuro sia lì, basta solo afferrarlo per scrivere la storia. Invece cinque anni dopo è rimasta la polvere. Ieri, crudele e spietato come solo il golf sa essere, è purtroppo arrivato il verdetto temuto: Matteo Manassero l’anno prossimo non giocherà lo European Tour, la serie A del golf continentale, la sua unica possibilità saranno gli inviti. Oppure il Challenge, la serie B, partecipante di diritto solo ai tornei minori. Ma come è potuto accadere? Dopo essersi piazzato 122° nella classifica di questa stagione dello European e aver mancato l’accesso automatico al prossimo anno per sei posizioni, il veronese ha partecipato alle terribili Qualifying School, un esame di riparazione lungo sei giorni di gara. In palio c’è la vita, chi resta fuori precipita perché sui circuiti minori i soldi sono pochi, le spese tante, la concorrenza feroce. Matteo non ha nemmeno passato il primo taglio: eliminato. Uno schiaffo doloroso. Il torneo va avanti per altri due giorni, sono rimasti in gara due italiani, Filippo Bergamaschi e Guido Migliozzi, lui no. A casa. A domandarsi dove si sia smarrito il suo talento.
Proprio nell’anno in cui Francesco Molinari ha finalmente regalato all’Italia la gioia di un Major, il British Open, e l’esaltazione di una Ryder Cup vissuta da protagonista, il crollo di Manassero fa ancora più male. Il golf è uno sport in cui basta un soffio di vento a cambiare gli equilibri instabili su cui si regge uno swing efficace e una carriera vincente e nel piccolo mondo italiano si sono date tante spiegazioni alla dissoluzione di Matteo: ragioni tecniche, difficoltà emotive, complicazioni familiari. Ma la risposta non la conosce nessuno, altrimenti sarebbe stato facile cambiare il destino.
Adesso Manassero è chiamato alla sfida più difficile. Giocare non più da predestinato col successo a portata di mano, ma combattere per risalire con la determinazione di chi deve ricostruirsi il futuro. Perché il suo posto è in alto, non in cantina. L’importante è che sappia che intorno a lui forse non c’è più invidia, ma ancora ammirazione. Per quello che ha fatto e per quello che, certamente, farà da domani. Forza, Matteo.