PER L’OMICIDIO VOLONTARIO NON CI SONO ELEMENTI SUFFICIENTI
È
crollato, a sorpresa, l’impianto accusatorio della Procura di Roma sul delitto di Desirée Mariottini, la 16enne di Cisterna di Latina morta il 18 ottobre nell’edificio abbandonato di via dei Lucani 22, nel quartiere romano di San Lorenzo dopo aver assunto droga e psicofarmaci: «Non fu uno stupro di gruppo», è stata la decisione del tribunale del Riesame, chiamato a pronunciarsi sulle esigenze cautelari per 2 dei 5 pusher arrestati: il nigeriano Chima Alinno, 47 anni, e il senegalese Brian Minthe, 43, per i quali è caduta pure l’accusa di omicidio volontario. E giù polemiche. Culminate con un post abrasivo su Twitter dello psichiatra Alessandro Meluzzi: «I magistrati del Riesame riducono l’omicidio-stupro-brancoscempio di Desirée a rapporto non consensuale! Tra poco tutti fuori! Mafia nigeriana trionfante in festa. Coesione e sicurezza nazionale in pericolo». E ALLORA? Se non è stata violenza di gruppo, se non sono stati Alinno e Minthe responsabili dell’omicidio perché «non ci sono elementi probatori sufficienti», che cosa è successo allora quella notte in quel tugurio? La ragazza, secondo i giudici del Riesame, è stata oggetto in realtà di «abusi commessi singolarmente». E la violenza sessuale «aggravata dalla minore età della vittima», contestata ai due, è stata ritenuta diversa, per tempi e modi, rispetto alle modalità tipiche del reato dello stupro di gruppo (pena da 6 a 12 anni), considerato più pericoloso socialmente: si può immaginare, in attesa delle motivazioni SUI DUE PUSHER AFRICANI ANSA dei giudici, che i due africani abbiano approfittato dell’incosciente Desirée a turno, ma non in presenza degli altri. Alinno e Minthe, «alleggeriti», restano in carcere per l’accusa di spaccio, cessione di stupefacenti e, appunto, per la violenza sessuale sulla minorenne, ma la decisione del Riesame crea ora un precedente per gli altri pusher in carcere.
RICORSO I magistrati dell’accusa, guidati dal procuratore aggiunto Maria Monteleone, «vanno avanti» e presenteranno ricorso in Cassazione. E stamattina c’è attesa proprio per l’udienza del tribunale della Libertà per Mamadou Gara, l’altro nigeriano in manette a Roma con Alinno e Minthe (mentre il ghanese Yusuf Salia, arrestato a Foggia, non ha ancora presentato richiesta di scarcerazione) e per l’interrogatorio di garanzia di Marco Mancini, il pusher romano che avrebbe ceduto gli stupefacenti usati nel cocktail letale per Desirée.
IL TRIBUNALE DEL RIESAME