La Gazzetta dello Sport

«LA DEA QUARTA? CI PROVO E IO VI DICO CHE L’INTER BUTTERÀ GIÙ LA JUVE»

GASPERINI INTERVISTA ESCLUSIVA

- INVIATO A TORINO di LUIGI GARLANDO

Il tecnico: «Atalanta, non firmo per l’Europa League Ilicic se vuole è un campione, Zapata può farci volare Il miglior centravant­i d’Italia per me è Pavoletti»

Gasperini, ma lei non era il provincial­e della difesa a 3 e della marcatura a uomo a tutto campo? «Io veramente la difesa a 3 l’ho imparata da Ajax e Barcellona, anche se in Italia tutti ripetevano che in Europa non funziona. Quando arrivai all’Inter la facevano in pochi, ora la situazione è cambiata. Marcatura a uomo? Se un mio giocatore attraversa il campo per inseguire un avversario e molla il suo posto, mi arrabbio di brutto».

È diventato l’idolo di Sacchi...

«In questi anni Arrigo mi ha fatto arrivare spesso apprezzame­nti. Sms, telefonate. Pubblicame­nte fa un altro effetto... Da un grandissim­o innovatore come lui, poi. In tanti hanno vinto, in pochi hanno lasciato il segno. Il suo Milan lo ha lasciato».

Una lezione di Sacchi?

«La zona pressing è alla base dei miei principi. All’epoca la facevano solo il suo Milan e il Pescara di Galeone in cui giocavo. Anche se oggi il calcio di Sacchi sarebbe improponib­ile, sono cambiate troppe cose: il passaggio al portiere, il fuorigioco in linea, la maggior severità per fallo tattico e fallo da ultimo uomo... Il calcio non si ferma. È in evoluzione continua. Anche il mio».

La sua difesa a 3 infatti non è quella delle origini.

«L’illuminazi­one mi venne al Genoa da Burdisso, marcatore fortissimo. Fino ad allora la su-

I GIOCATORI IN SPOGLIATOI­O LANCIAVANO IN ARIA PERCASSI...

SUL PRESIDENTE DOPO IL 4-1 DI DOMENICA

periorità numerica in difesa era un dogma. In un Genoa-Juve lasciai Burdisso e De Maio contro Tevez e Llorente: fecero un partitone. Guadagnavo un uomo per la manovra. Valeva la pena di rischiare. I difensori dell’Atalanta che attaccano sempre nascono da quella intuizione. Il calcio cambia, parlare di numeri, di difesa a 3 non ha più senso. Contro un tridente posso difendere a 4 e impostare a 3. Contano i principi non i moduli. E così per le ali».

Cioè?

«Un tempo ne tenevo sempre due larghe. Poi al Genoa arrivò Suso che non era Sculli e gli chiesi di convergere come fa nel Milan e come fa ora Gomez, che si alterna con Ilicic al centro».

Un’innovazion­e del futuro?

«Il portiere che sale tra i due difensori centrali per impostare così si guadagna un altro uomo per la costruzion­e. Vedrete, in futuro i portieri verranno scelti più per i piedi che per le mani».

Berisha è pronto?

«No. Meglio che per ora si concentri sulle parate...».

Klopp: «Alleniamo per divertire la gente». Allegri: «Chi si vuole divertire, vada al circo».

«Io al Genoa ho fatto 70 punti, all’Atalanta 72. Mi piace vincere. Ma quello che conta di più è giocare bene. La vera soddisfazi­one è vedere la gente in delirio. La gioia dei tifosi dell’Atalanta domenica scorsa non ha prezzo. Io cerco queste emozioni. E poi così i giocatori crescono in autostima. Si convincono: posso farlo».

Era in delirio anche Percassi?

«Ormai è un rito. Quando vinciamo, i giocatori sanno che il presidente scenderà subito in spogliatoi­o e annuncerà entusiasta il premio partita... Allora lo aspettano facendo una specie di ola: ooohh... E quando entra, esplode l’ovazione. Domenica l’hanno sollevato e fatto volare in aria. Si merita queste gioie, lui e suo figlio Luca, a.d. A Verona, prima della delicata partita col Chievo, hanno pranzato con la squadra. Eravamo quartultim­i. Stefano, l’altro figlio, è partito da Hong Kong in tempo per esserci con l’Inter. Famiglia fantastica. I giocatori sentono la loro presenza».

Se arrivasse una grande di Premier a cercarla, Percassi la lascerebbe partire?

«Credo di no e così avrei la scusa... Sto bene in Italia. Potevo allenare in Premier una squadra di non primissima fascia e so che avrei fatto bene, perché noi italiani tatticamen­te siamo più preparati. Non ho voluto. Il problema era vivere lì dal lunedì al sabato. Alla mia età sento ancora di più le radici».

In rete girava un suo fotomontag­gio con mano all’orecchio, alla Mourinho. Ci ha pensato?.

«No. Io non ho rancore verso gli interisti e mi spiace che molti ce l’abbiano con me. Forse hanno interpreta­to la mia analisi come un attacco all’Inter, ma io dicevo soltanto che la società all’epoca non era strutturat­a per vincere, infatti ha faticato per anni. Solo ora ha messo le basi per costruire un futuro importante. Io dico che l’Inter, in prospettiv­a, è la squadra che butterà giù la Juve dal trono. Quanto a Mourinho, non ho trovato offensivo il suo gesto. Il calcio ha bisogno di iro-

nia. Più che la mano, mi ha fatto ridere la smorfia buffa».

Moratti?

«L’ho rivisto per la prima volta dopo anni in tribuna a San Siro, per Inter-Barcellona. È stato cordiale. Anche molti altri interisti. Non mi odiano tutti...».

Nel primo tempo ha pensato di restituire i 7 gol di San Siro?

«Vanno bene anche quattro...Dopo quei 7 gol, l’Atalanta decollò e finì il campionato a +10 sull’Inter che si fermò. Ora mi auguro che dopo la goleada non ci fermiamo noi».

Spalletti è stato impression­ato dal calore dello stadio.

«Vedrà l’anno prossimo, quando avremo la prima curva nuova: un muro verticale tipo Dortmund, più vicino al campo… Il pubblico non ci chiede di vincere a tutti i costi, ma di sentire sempre la responsabi­lità della rappresent­anza. Dopo la sconfitta con la Samp eravamo quartultim­i. I tifosi ci hanno applauditi lo stesso, perché vedevano i giocatori stremati a terra. Altrove avrebbero fischiato».

Impression­ante è anche la vostra condizione fisica. Cosa ha portato il danese Bangsbo?

«È un ricercator­e. Ha lavorato con Lippi, Ancelotti, Leonardo. Ha portato innovazion­i come lo Yo-yo test. Conoscevo i suoi libri. È un fisiologo che studia sforzo, fatica, recupero. Ha conoscenze che vanno oltre le mie e quelle del mio staff. Come dicevo: ad ogni livello, tattico, di preparazio­ne, una squadra dev’essere dinamica, aggiornars­i ed evitare la noia della ripetitivi­tà».

Ilicic fino a qualche partita fa sembrava annoiato.

«Ilicic è un grande campione che a volte dimentica ciò che serve per esserlo. Se lo vuole, lo è. Ci siamo scontrati. Quando è tornato dalla Nazionale ha fatto l’incazzato, io pure. Ma sotto i miei modi burberi c’è affetto».

Zapata cresce.

«Se decolla lui, vola l’Atalanta. Ha sofferto il cambiament­o, alla Samp era stato fermo a lungo. Sta recuperand­o forza, deve essere più cattivo in area».

Barrow invece si è perso un po’.

«Per un ragazzo partito col botto, non è facile confermars­i. Ma le difficoltà lo aiuteranno a crescere. Ha la testa a posto».

Hateboer e Gosens sembravano la caricature di Conti e Spinazzola. Invece...

«Gosens è cresciuto in forma fisica e convinzion­e. Ora attacca con più fiducia. Hateboer doveva migliorare tecnicamen­te. Ci arrivava sempre su palloni tipo domenica, ma non segnava. Quel gol gli farà molto bene. Ma se devo dire chi mi ha dato più soddisfazi­one domenica, le dico: i tre dietro. Toloi, Dijmsiti e Mancini, linea inedita, ma hanno giocato con gli stessi principi dei titolari. Per me non è un aspetto marginale».

Mancini poi continua a segnare.

«E non mi sorprende, perché attacca la palla e la porta con un tempismo eccezional­e. Ma è un difensore e allora deve imparare da Chiellini, Masiello, Toloi...come si combatte duro nella nostra area di rigore».

Il Papu Gomez sa già tutto.

«Nella stagione scorsa ha pagato la delusione per la Nazionale, dopo averla assaggiata. Ora è entrato nella dimensione del vero capitano. È sereno, non pensa più alla grande destinazio­ne».

Di De Roon e Freuler si parla troppo poco. Concorda?

«Con la difesa, sono il vero nucleo della squadra. De Roon ha una continuità eccezional­e, Freuler è tornato al top».

Sono i meno sostituibi­li: è questa la spada di Damocle?

«Pessina e Valzania hanno giocato poco, ma sono giovani di buona affidabili­tà».

Il primo 2000 a esordire?

«Kulusevski, centrocamp­ista classe 2000, per forza atletica, passo e resistenza ha già valori da grande. Buona conduzione della palla e ultimo passaggio, deve crescere nel tiro e nel colpo di testa. Ma un giovane diventa pronto solo quando si allena per qualche mese con la prima squadra: nel confronto con i grandi prende personalit­à, s’irrobustis­ce nei contrasti. Per questo mi auguro di riuscire a sfoltire la rosa a gennaio, per inserire qualche ragazzo da formare e lanciare. Se devo allenare 30 giocatori, diventa impossibil­e».

L’Atalanta ha battuto l’Inter e pareggiato in casa di Roma Milan. Non si stancherà in coppa. Un’utopia il 4° posto?

«Per ora cerchiamo conferme in un campionato equilibrat­issimo, a sud della Juve».

Oggi firmerebbe per un posto in Europa League, rinunciand­o all’ipotesi Champions?

«La certezza dell’Europa è tanta roba, ma non firmerei. Per principio, mi piace sempre giocarmela. Non avrei firmato per un pareggio con l’Inter».

Sa già come fermare CR7?

«E’ presto. Però è bello che sia qui. Un esempio, per come gioca e si comporta. Gli avversari non lo odiano. Lo affrontere­mo il 26 dicembre, una festa».

Colleghi da applaudire?

«Ancelotti è stato straordina­rio. Pensavo che avrebbe trovato molte difficoltà dopo Sarri. Invece ha costruito un Napoli più vario, più imprevedib­ile. De Zerbi lo avevo già ammirato al Palermo al Benevento. Ma sono tante le squadre che provano a giocarsela con qualità e coraggio, come l’Atalanta. Ho visto tante belle partite. Di recente Spal-Cagliari, per esempio. C’è un bell’equilibrio».

Giocatori?

«Pavoletti, fortissimo, il miglior centravant­i italiano. E Barella. Il Cagliari, ottimo, non c’entra con la lotta salvezza».

Due azzurri, si può sperare.

«Guardi, mi spiace dirlo, ma non vedo tutte le partite dell’Italia. Difficilme­nte una nazionale insegna novità tattica. E poi non sopporto questo stillicidi­o di interruzio­ni del campionato per impegni di poco valore. Sono tra quelli che vorrebbero raggruppar­e gli impegni della Nazionale in un mese solo, ma per appuntamen­ti importanti che restituisc­ano prestigio alle nazionali e passione alla gente».

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Il mago di Bergamo Gian Piero Gasperini, 60 anni, è alla terza stagione all’Atalanta
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 ??  ?? Gian Piero Gasperini, 60, 3° anno all’Atalanta
Gian Piero Gasperini, 60, 3° anno all’Atalanta
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