GIOCO O RISULTATO? L’ETERNO DILEMMA
Dopo Inter-Barça e Juve-United
La rubrica odierna è dedicata alla guerra santa fra «prestazionisti» e «risultatisti». Vi giro, non ancora sepolte dalla polvere dell’archivio, due partite di Champions: Inter-Barcellona e Juventus-Manchester United. E non tanto perché, nel loro genere, sono state uniche. Ma proprio perché appartengono alla storia del calcio, così come viene scritta e così come, a seconda dei gusti (e dei tabellini), ci piace raccontarla.
A San Siro, il Barcellona ha dominato l’Inter per novanta minuti meno un episodio. Risultato: 1-1. Allo Stadium, la Juventus ha disposto del Manchester United per novanta minuti meno due punizioni. Risultato: 1-2. Non si può non premettere, prima di entrare in argomento, che il Barcellona rimane una delle squadre più forti - e più belle, sì - al mondo. E, dunque, più grande e più brillante non solo dell’Inter ma persino dei rossi di José Mourinho. Ed era il Barcellona senza Leo Messi. Ne consegue che l’equipaggio di Luciano Spalletti, già surclassato all’andata, ha diritto ad attenuanti meno generiche di quelle che può invocare la Tiranna sabauda, che a Old Trafford, se possibile, aveva giocato ancora meglio di quanto riuscitole, fino all’86’, in casa.
In base all’estetica dell’etica, e all’etica dell’estetica, andrebbero celebrati il Barcellona e la Juventus: chi si è fatto raggiungere e chi, addirittura, superare. Il palleggio di Ivan Rakitic e Arthur, le incursioni di Luis Suarez, il predominio della scuola sul culto dell’espediente. E, poco lontano, lo strabiliante gol di Cristiano Ronaldo, il palo di Sami Khedira e la traversa di Paulo Dybala, le occasioni buttate da Juan Cuadrado e Miralem Pjanic. Insomma: la trama sui titoli di coda. Alla fine, però, hanno brindato i naufraghi recuperati dalla solita scialuppa di Mauro Icardi e i pirati capaci di svaligiare il destino attraverso la lama di Juan Mata e la «maledetta» di Ashley Young, con palla spinta in meta da una mischia tipo rugby, e così i conti non tornano. Spalletti e Mourinho non avrebbero dovuto alzare, comunque, il braccio dei rivali? E il voto, ecco, non avrebbe dovuto bocciare - a prescindere - il catenaccio dell’Inter e premiare - a prescindere, sempre - la fabbrica di Massimiliano Allegri? Un po’ scherzo e un po’ no. Il Barcellona che seduce anche senza la Pulce e il Real che fino a ieri senza Cristiano faticava sono messaggi ai naviganti, come se sulle Ramblas, da Rinus Michels in poi, si fosse pensato più al gioco e dalle parti della fontana di Cibeles, dopo la dittatura di don Alfredo Di Stefano, più ai giocatori.
A leggere Massimo Fini, e ad adeguarne l’anticonformismo de «La Ragione aveva Torto?» al tema della discussione, non se ne esce. Aver resistito a una formazione di un altro pianeta cancella il debito artistico? Ed è corretto essere depredati di una pagella nobile per aver saltato le ultime pagine? Chi scrive, ha dato 6 all’Inter e 5,5 alla Juventus, 7 al Barcellona, «all’armonia», e altrettanto allo United, «alla lotteria». Non sono mica sicuro di averci azzeccato. E proprio per questo mi stuzzicherebbe conoscere i pareri di allenatori, opinionisti, consumatori seriali di lavagne. Per pesare, su bilance più dotte, le parate di Samir Handanovic e il possesso palla delle sartine catalane. Le mareggiate juventine prima dei cambi di Mou, dettaglio assolutamente non marginale. Per alzata di mano siamo tutti prestazionisti, ma poi bisogna tirare le somme. E allora, come ci hanno anticipato le elezioni della Lega Pro, ne vedremo delle «belle».