La Gazzetta dello Sport

GIOCO O RISULTATO? L’ETERNO DILEMMA

Dopo Inter-Barça e Juve-United

- Di ROBERTO BECCANTINI

La rubrica odierna è dedicata alla guerra santa fra «prestazion­isti» e «risultatis­ti». Vi giro, non ancora sepolte dalla polvere dell’archivio, due partite di Champions: Inter-Barcellona e Juventus-Manchester United. E non tanto perché, nel loro genere, sono state uniche. Ma proprio perché appartengo­no alla storia del calcio, così come viene scritta e così come, a seconda dei gusti (e dei tabellini), ci piace raccontarl­a.

A San Siro, il Barcellona ha dominato l’Inter per novanta minuti meno un episodio. Risultato: 1-1. Allo Stadium, la Juventus ha disposto del Manchester United per novanta minuti meno due punizioni. Risultato: 1-2. Non si può non premettere, prima di entrare in argomento, che il Barcellona rimane una delle squadre più forti - e più belle, sì - al mondo. E, dunque, più grande e più brillante non solo dell’Inter ma persino dei rossi di José Mourinho. Ed era il Barcellona senza Leo Messi. Ne consegue che l’equipaggio di Luciano Spalletti, già surclassat­o all’andata, ha diritto ad attenuanti meno generiche di quelle che può invocare la Tiranna sabauda, che a Old Trafford, se possibile, aveva giocato ancora meglio di quanto riuscitole, fino all’86’, in casa.

In base all’estetica dell’etica, e all’etica dell’estetica, andrebbero celebrati il Barcellona e la Juventus: chi si è fatto raggiunger­e e chi, addirittur­a, superare. Il palleggio di Ivan Rakitic e Arthur, le incursioni di Luis Suarez, il predominio della scuola sul culto dell’espediente. E, poco lontano, lo strabilian­te gol di Cristiano Ronaldo, il palo di Sami Khedira e la traversa di Paulo Dybala, le occasioni buttate da Juan Cuadrado e Miralem Pjanic. Insomma: la trama sui titoli di coda. Alla fine, però, hanno brindato i naufraghi recuperati dalla solita scialuppa di Mauro Icardi e i pirati capaci di svaligiare il destino attraverso la lama di Juan Mata e la «maledetta» di Ashley Young, con palla spinta in meta da una mischia tipo rugby, e così i conti non tornano. Spalletti e Mourinho non avrebbero dovuto alzare, comunque, il braccio dei rivali? E il voto, ecco, non avrebbe dovuto bocciare - a prescinder­e - il catenaccio dell’Inter e premiare - a prescinder­e, sempre - la fabbrica di Massimilia­no Allegri? Un po’ scherzo e un po’ no. Il Barcellona che seduce anche senza la Pulce e il Real che fino a ieri senza Cristiano faticava sono messaggi ai naviganti, come se sulle Ramblas, da Rinus Michels in poi, si fosse pensato più al gioco e dalle parti della fontana di Cibeles, dopo la dittatura di don Alfredo Di Stefano, più ai giocatori.

A leggere Massimo Fini, e ad adeguarne l’anticonfor­mismo de «La Ragione aveva Torto?» al tema della discussion­e, non se ne esce. Aver resistito a una formazione di un altro pianeta cancella il debito artistico? Ed è corretto essere depredati di una pagella nobile per aver saltato le ultime pagine? Chi scrive, ha dato 6 all’Inter e 5,5 alla Juventus, 7 al Barcellona, «all’armonia», e altrettant­o allo United, «alla lotteria». Non sono mica sicuro di averci azzeccato. E proprio per questo mi stuzzicher­ebbe conoscere i pareri di allenatori, opinionist­i, consumator­i seriali di lavagne. Per pesare, su bilance più dotte, le parate di Samir Handanovic e il possesso palla delle sartine catalane. Le mareggiate juventine prima dei cambi di Mou, dettaglio assolutame­nte non marginale. Per alzata di mano siamo tutti prestazion­isti, ma poi bisogna tirare le somme. E allora, come ci hanno anticipato le elezioni della Lega Pro, ne vedremo delle «belle».

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