Il salto di Kouamé «Al Genoa per merito Ora datemi il derby»
●Il giovane attaccante rossoblù si sente pronto per sfidare la Sampdoria: «Una vittoria ci rilancerà»
Sarà la beata incoscienza dei suoi vent’anni, o forse soltanto la piena consapevolezza nei suoi mezzi, ma i suoi grandi occhi e il timbro forte delle sue parole raccontano che Christian Kouamé è un bomber con potenzialità ancora tutte da scoprire. «Può darsi — racconta lui —. Neppure io, in fondo, so se da qui a fine stagione voi potrete vedere un Kouamé ancora migliore di oggi. Di sicuro posso dirvi che da quand sono al Genoa gioco con la testa leggera, senza preoccupazioni, perché le ultime stagioni mi hanno insegnato che bisogna riflettere, certo, ma poi è necessario andare in campo senza preoccupazioni. Il Genoa e la serie A mi hanno trasmesso grandi motivazioni. Ora sta a me tradurle sul campo. Se sono qui, vuol dire evidentemente me lo sono meritato. Ma guai a fermarsi: questa è tutta un’altra storia rispetto a un anno fa in B, con un finale da scrivere. Dipende soltanto da me dimostrare ciò che so fare».
Lei è il sesto Under 21 più utilizzato in Italia e il 23° in Europa a livello di minutaggio. Sin qui è una stagione da incorniciare e fra nove giorni c’è il derby.
«Nei prossimi giorni immagino che Criscito e gli altri miei compagni inizieranno a spiegarmi cosa sia davvero. Non ne ho mai giocati in carriera, ma ne ho guardati un po’ in tv.. Una vittoria potrebbe rilanciarci in vista delle partite successive, un po’ com’era successo all’Inter».
In elevazione ha pochi eguali, nel Genoa, ma pure in serie A. Contro il Napoli, dov’è salito altissimo nell’azione del gol impedendo a Mario Rui di contrastarla, solo Albiol alla fine ha retto il confronto con lei in fatto di duelli aerei.
«Ma è una dote innata, che non devo allenare, pur cercando di sfruttarla al massimo in campo. Ricordo che già da bambino, in Costa d’Avorio (è arrivato in Italia a 15 anni, n.d.r.), saltavo molto più dei miei amici. È una dite che sfruttavo molto anche l’anno scorso in serie B, ma non quando ero in Primavera, perché giocavo da esterno».
Che spiegazione dà di un Genoa un po’ matto, l’unica squadra capace di strappare un pari contro la Juve, ma che poi infila tre k.o. consecutivi?
«Se giochi contro i campioni d’Italia e subito dopo con Udinese, Milan, Inter e Napoli, può succedere di perdere. Certo, con Milan e Napoli un punticino sarebbe stato giusto, ma diamo merito ai nostri avversari. Io so che il Genoa ha sempre dato il massimo, e continuando su questa strada le vittorie verranno per forza. Non ne ho alcun dubbio».
Ci racconta come nasce la sua grande passione per Drogba?
«Semplice, le risponderò così: Didier è il calcio. In Costa d’Avorio è più di un idolo. Ovunque uno vada, si parla di Drogba. Un fenomeno vero, e potete immaginare quando ero bambino ad Abidjan cosa significasse per quelli della mia generazione vederlo giocare, nello stesso ruolo che avevo io. Per me è più di un modello».
Lei ha giocato sino ad oggi ottime partite, mentre Piatek sembra un po’ calato ed è a secco ormai da oltre un mese. L’ultimo gol risale al 10 ottobre scorso contro il Parma. Pensa di aiutarlo a tornare a segnare?
«Certamente. Se non lo facessi io, che sono il suo compagno in attacco, chi potrebbe farlo? Io aiuto tutti in campo, lo scopo è fare il bene del Genoa».
Il suo primogenito, Michael Joah, ha compiuto due mesi ieri: è nato alla vigilia della partita con il Bologna, lei ha seguito il lieto evento per telefono. Per ora vive a Parigi con la sua compagna Kaely, ma presto la raggiungeranno a Genova. Cos’ha rappresentato per lei la paternità?
«Una grande motivazione in più, una spinta continua a spingermi sempre oltre. Ora non lotto solo per me in campo. Lo faccio anche per lui e la cosa mi rende incredibilmente felice».
Le è rimasto qualche rimpianto per com’è finita l’ultima partita con il Napoli?
«L’interruzione per la pioggia avrebbe potuto favorire indifferentemente noi, oppure loro. Sono stati più bravi del Genoa quando siamo tornati in campo, il Genoa ha avuto comunque l’atteggiamento giusto in campo. Contro un avversario così forte era logico dover stare dietro e ripartire. Non è bastato, ma non è questo il risultato che cambia i nostri orizzonti. Ora pensiamo alla Sampdoria. Nè loro, nè noi, abbiamo vissuto un bel periodo negli ultimi tempi. Ma questo è il calcio: l’importante è avere fiducia».
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