La Lega che verrà60
UFFICI ESTERI E TV DELLA A MA SERVE L’A.D.
MICCICHÈ HA PRESENTATO AI CLUB IL PIANO TRIENNALE PER RIDURRE IL DIVARIO CON GLI ALTRI TORNEI. C’È TANTO DA FARE: NELLA LIGA LAVORANO 290 PERSONE, A MILANO 40
In via Rosellini a Milano, nella sede della Lega Serie A, lavorano 40 persone. La Liga spagnola ne occupa 290, di cui 70 all’estero, la Bundesliga 140, la Premier League 120, la Ligue 60 (sì, persino la Ligue ne ha di più). Basterebbero questi numeri per fotografare il gap strutturale con le altre grandi leghe europee. Altrove, già da tempo, si è deciso di potenziare l’ente organizzatore del campionato trasformandolo in una macchina commerciale in grado di vendere a ogni latitudine il prodotto, nella consapevolezza che un approccio collettivo riesce sempre a dare un valore aggiunto rispetto alla somma dei giri d’affari individuali dei club. In Italia, fino a poco tempo fa, le assemblee assomigliavano a rissose riunioni condominiali. Con l’arrivo del presidente Gaetano Miccichè, eletto a marzo ma insediatosi a fine maggio, la musica è cambiata: banchiere rispettato, riesce a zittire persino Lotito. Miccichè, però, non basta e lo sa per primo lui stesso. Per questo motivo ha chiesto al suo braccio destro Marco Brunelli di elaborare le linee guida del piano industriale della Lega Serie A per il triennio 2018-21. Cinquanta pagine che sono un punto di partenza: toccherà al nuovo amministratore delegato riempirle di contenuti operativi e metterle in pratica. Presentando il documento alle società, nell’ultima assemblea, Miccichè ha esortato i presidenti a fare presto a nominare l’a.d.: «C’è bisogno di rafforzare la struttura della Lega e di compiere un salto in avanti nell’ottica della globalizzazione».
DIFFERENZE
I 2,1 miliardi di ricavi della Serie A si scontrano con i 5,3 della Premier, i 2,9 della Bundesliga e i 2,8 della Liga. In particolare sono sottosviluppati i segmenti della biglietteria (52% il riempimento degli stadi italiani, oltre il 90% per quelli inglesi e tedeschi) e dell’area commerciale. Teniamo benissimo nei diritti tv, anche se in quelli internazionali (352 milioni) incassiamo un quinto della Premier (1573) e la metà della Liga (636, che diventeranno 897 dal 2019). Questo è il quadro economico. I club sono società di capitali e operano chiaramente in autonomia sul mercato, ma serve uno sforzo in più per delegare materie e competenze alla Lega in modo da valorizzare il calcio italiano con una strategia condivisa. Non a caso, il piano triennale elenca i punti di forza (popolarità e capillarità di penetrazione del calcio, forza del made in Italy, gestione dell’attività sportiva) ma non nasconde i punti di debolezza: conflittualità interna ed esterna, meccanismi decisionali interni inefficienti, marketing collettivo, poca abitudine alla programmazione di lungo termine, stadi inadeguati, resistenza al cambiamento. Tutto questo in un contesto non proprio favorevole: da una parte la concorrenza sempre più aggressiva delle altre leghe e delle nuove forme di intrattenimento, dall’altra l’arretratezza e la rigidità del quadro normativo e della procedura di vendita centralizzata dei diritti tv. Ma si cerca di pensare positivo. D’altronde, è un piano di sviluppo che guarda al futuro. E allora è necessario cogliere le opportunità: la nuova governance in Lega e Figc, la creazione di nuovi prodotti centralizzati, la promozione della Serie A sui mercati esteri, il trasferimento di know-how dall’esterno (con la rinuncia all’advisor Infront?), il rafforzamento della struttura di Lega.
ALL’ESTERO
L’internazionalizzazione è in cima all’agenda. La Liga spagnola, tanto per fare un esempio, è presente in 50 paesi nel mondo con sedi in Spagna, Cina, Usa, Belgio, Nigeria, Sudafrica, Messico, Emirati Arabi Uniti, India e Singapore, e prossimamente in Brasile e Indonesia. Le possibili iniziative per la Serie A? Oltre all’apertura di uffici all’estero, collocare i big match nelle fasce orarie più adatte ai mercati strategici, magari sfruttando la promozione dei top player stranieri, creare un portale centralizzato di acquisto di biglietti online, fare accordi con tour operator internazionali, organizzare tornei amichevoli sull’esempio del Barclays Asia Tour della Premier, continuare a proporre gare ufficiali fuori confine, possibilmente andando oltre la Supercoppa.
COLLETTIVO
C’è poi il capitolo delle attività commerciali centralizzate. Rispetto alle concorrenti, la Lega sfrutta meno diritti promo-pubblicitari: 3 sponsor contro i 18 della Liga e gli 8 della Premier. In Serie A manca una bevanda ufficiale, una banca ufficiale, un orologio ufficiale, e poi collezionabili comprese le figurine digitali, le statistiche, i giochi elettronici, il campionato di videogame E-League. E si potrebbe centralizzare pure la pubblicità della Coppa Italia, sul modello della Bundesliga. Tutto congelato, come lo studio di fattibilità della tv della Lega da esplorare in vista del ciclo 2021-24, perché la governance va completata con la figura-chiave dell’a.d. È da mesi che se ne parla invano, adesso non c’è più tempo da perdere.