La Gazzetta dello Sport

Il Superclasi­co del Pipa Papà Higuain: «Oggi tifo River Al Boca segnammo sia io che Gonzalo»

●Il padre del milanista in vista della finale di Libertador­es di sabato: «Partite uniche, per le tifoserie l’attesa è da fine del mondo»

- Filippo Maria Ricci CORRISPOND­ENTE DA MADRID

© RIPRODUZIO­NE RISERVATA QUESTA FINALE È UNA BENEDIZION­E, RIPORTA SU DI NOI L’ATTENZIONE

JORGE HIGUAIN EX BOCA E RIVER

Papà Higuain, il «Pipa», è stato un buon difensore: «old school» argentina, pochi fronzoli, tanta sostanza, applicazio­ne massima. Quindici anni di carriera e un breve passaggio in Francia (dove è nato il Pipita), messo lì in mezzo tra le esperienze con Boca e River, che in questa conversazi­one sono sempre e rigorosame­nte pronunciat­e senza articolo. Di «Clásicos», Jorge Higuain ne ha giocati tanti.

E iniziamo dal padre di tutti i Boca-River. Ha visto l’andata?

«Non in diretta, perché ero allo stadio per Milan-Juve. Poi ho recuperato con immagini e articoli vari: il River è stato più vicino al successo, ha creato più gioco e occasioni da gol. Una partita vibrante, vertiginos­a e il risultato è positivo. Peccato solo che non ci sia la regola dei gol in trasferta. Col formato precedente il River avrebbe avuto un vantaggio significat­ivo».

Tifa River dunque.

«Io nasco come hincha di Ferrocarri­l Oeste perché quella era la squadra di mio padre. Col Boca sono rimasto un anno, col River 4. Lì ho vinto il campionato e lì i miei figli sono cresciuti tanto a livello sportivo come sociale visto che sono andati alla scuola del club che accompagna la carriera dei canterani. È normale che in un Clásico la mia preferenza vada al River».

I suoi ricordi?

«Sono partite uniche. Se il mondo conosce, apprezza, rispetta il Boca-River può immaginare cosa significa quella partita per i tifosi delle due squadre. La passione non è inferiore a quella di nessun’altra partita del mondo. Fortunatam­ente – e ripeto, fortunatam­ente – i tifosi ospiti ora non possono assistere alla gara perché altrimenti sarebbe stato pericolosi­ssimo. Lo dico con una gran pena nell’anima, perché i Clásicos coi tuoi tifosi presenti sono un’altra storia. Peccato enorme però purtroppo siamo arrivati a un punto nel quale dobbiamo ringraziar­e il fatto che i tifosi ospiti siano banditi perché non succedano cose orribili».

Il suo primo Clásico con il Boca.

«Avevo quasi trent’anni, non ero più un ragazzino però la sensazione è stata comunque indimentic­abile. La settimana che porta alla sfida è incredibil­e, l’attesa, la tensione, i giornali, la gente per strada, in ogni cosa che circonda la gara si genera un sentimento da fine del mondo, come se non ci fosse un domani».

Il bilancio personale?

«Non eccezional­e. Quando ero al Boca giocavamo contro un equipazo: Pumpido, Ruggeri, Francescol­i… e quando ero al River diciamo che la tendenza era che loro vincessero i Clásicos e noi il campionato. Però col River ho avuto la fortuna di segnare in un Clásico che vincemmo (settembre 1990). E, sedici anni dopo, la stessa cosa è toccata a Gonzalo».

Questa finale ha riacceso i fari sul calcio argentino.

«Sì, ed è una benedizion­e perché riporta l’attenzione del mondo a casa nostra e dimostra che il fútbol argentino può ancora dire qualcosa, che ci sono buoni giocatori e che il campionato continua ad essere una cantera per il mondo. Per noi a livello di club questa è la partita più importante della storia, ma il sentimento d’orgoglio calcistico va oltre le due tifoserie coinvolte».

Per lei il calcio argentino continua ad essere una buona cantera, però rispetto ai suoi tempi non c’è paragone.

«È vero. Però, e non è certo una consolazio­ne, anche dal Brasile non arrivano più i giocatori che nascevano un tempo. Il Sudamerica non riesce a mantenere il livello qualitativ­o del passato recente». LE DUE SPONDE

«Pipa» Higuain in maglia Boca nel 1986-87 e col River nel 1988-91.

Perché?

«Questo è un tema che mi sta a cuore e m’intristisc­e: oggi i ragazzi preferisco­no giocare col telefono o col tablet più che con la pelota. È una lotta costante e la famiglia deve fare di più. I genitori devono portare i bambini al parco a giocare, non togliersel­i di dosso dando loro un aggeggio elettronic­o: troppo comodo. È un problema sociale che sta investendo il mondo intero, perché io parlo con amici in Italia e dicono lo stesso: anche a voi mancano i giocatori, tanto che siete rimasti fuori dal Mondiale. Quando vado in giro a Milano, a Madrid, o prima a Torino, io non incontro bambini che giocano a pallone. Mio padre mi portava al parco tutte le domeniche e poi a vedere il Ferro, e io facevo lo stesso con i miei ragazzi: parco e River».

Sabato come finisrà?

«Difficile da dirsi. Sono due grandi squadre che devono giocare con estrema cautela. È una partita psicologic­amente complessa che bisogna saper condurre con grande personalit­à. Il Monumental influirà e rovescerà sul campo un’esigenza che il River deve gestire: non bisogna farsi trascinare dalla passione ma dall’intelligen­za e applicarla in campo».

IN FINALE SERVE INTELLIGEN­ZA, NON FARSI TRASCINARE DALLA PASSIONE

JORGE HIGUAIN EX BOCA E RIVER

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L’ORARIO per motivi di sicurezza anticipato di un’ora l’inizio del ritorno: sabato alle 16 (20 italiane)

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 ??  ?? Jorge «el Pipa» Higuain, 61 anni, qui sopra a destra, col figlio Gonzalo agli esordi al River nel 2005-06. Nella foto grande, qualche anno fa
Jorge «el Pipa» Higuain, 61 anni, qui sopra a destra, col figlio Gonzalo agli esordi al River nel 2005-06. Nella foto grande, qualche anno fa
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