La Gazzetta dello Sport

Minaccia All Blacks rabbia dopo il k.o. Italia, testa libera «Nulla da perdere»

●Barrett: «Va riscattata la sconfitta con l’Irlanda» Benvenuti: «In loro qualcosa di mistico, che sfida»

- Valeria Benedetti Roberto Parretta ROMA

All Blacks agli impianti sportivi universita­ri della Sapienza da una parte, azzurri al Centro di preparazio­ne olimpica dell’Acqua Acetosa dall’altra. In mezzo passa il Tevere, a dividerli in linea d’aria sarà un chilometro scarso, sopra la testa dei più fortunati neozelande­si un po’ di sole al mattino, su quella dei più sfortunati italiani il diluvio del pomeriggio. Roma fa il conto alla rovescia e a tre giorni dal test di sabato all’Olimpico fra il XV di Conor O’Shea e i bicampioni del mondo in carica di Steve Hansen, intorno alle squadre si respirano sensazioni dalla non facile interpreta­zione. «Siamo estremamen­te insoddisfa­tti per la sconfitta in Irlanda e quella di Roma è una partita che ci può permettere di chiudere bene questo tour». Ian Foster, primo assistente del c.t., mette le cose in chiaro: alle vacanze si pensa da domenica. Anche perché si vuol dare all’Italia «il rispetto che merita», dice Beauden Barrett. Che proprio a Roma nel 2012 colse il suo quarto cap e il primo da titolare. Da quel 17 novembre, l’apertura di Taranaki ne ha fatta di strada: solo 8 da titolare nelle prime 38, poi il 25 giugno 2016 raccoglie definitiva­mente l’eredità della leggenda Dan Carter e indossa la maglia numero 10 per 34 partite di fila, fino a Dublino. Miglior giocatore dell’anno 2016 e 2017, il ragazzino che amava il calcio gaelico (tutti lo volevano in squadra per quell’abilità unica di tagliare il campo con un cross-kick) è ancora il principale favorito per un’impresa mai vista: vincere 3 volte di fila, come non è riuscito nemmeno allo stesso Carter (2005, 2012 e 2015) e all’ex capitano Richie McCaw (2006, 2009, 2010).

FRATELLI Nel frattempo in nazionale lo hanno raggiunto i fratelli Scott (25 anni compiuti ieri e 28 caps, il primo il 5 novembre 2016), seconda linea, e l’estremo Jordie (21 anni e 8 caps, il primo il 16 giugno nel 2017), che 2 anni fa era con la squadra a Roma ma solo come «apprentice». Papà “Smiley” Kevin era stato una leggenda a Taranaki, con oltre 100 presenze: i suoi genitori erano nati in Nuova Zelanda, da papà e mamma irlandesi. E proprio in Irlanda alla fine degli anni 90 Kevin aveva traslocato con la famiglia, per dirigere un’azienda agricola. Così con sua moglie Robyn, 5 figli e una bimba di 18 mesi, tornarono nella terra dei nonni. Per poi fare il viaggio al contrario nel 2001. Nel frattempo le sorelle sono diventate tre. Oltre a Beauden,

Scott e Jordie, anche Kane avrebbe potuto fare carriera (era ai Blues e si è ritirato nel 2014 dopo una concussion) e Blake ha combinato qualcosa con i Coastal (club creato dal papà). Hansen sabato potrebbe utilizzarl­i tutti e tre. «Con l’Inghilterr­a e l’Irlanda – dice Beauden – abbiamo respirato quell’atmosfera simile a un incontro a eliminazio­ne diretta di Coppa del Mondo. Ora testa all’Italia, un avversario di qualità. Nei primi due giorni di lavoro della settimana, come al solito abbiamo messo il focus sulle cose che dobbiamo fare noi, sulla nostra strategia, nei prossimi due giorni l’attenzione sarà sugli azzurri».

PRESSIONI E gli azzurri, arrivati all’ultimo test match dell’autunno 2018 guardano alla partita con più relax. Relativame­nte ovviamente, anche solo per il fatto che giocare contro i campioni del mondo ti toglie un po’ di pressione. Per il pilone Simone Ferrari è la prima volta, due anni fa ha guardato in tribuna la sfida dei suoi compagni: «Siamo carichi di fiducia - dice il 24enne giocatore del Benetton - perché non abbiamo tanta pressione. Sappiamo che gli All Blacks sono la squadra più forte al mondo. Vengono da una sconfitta, probabilme­nte hanno un po’ più di tensione addosso rispetto a noi. Sono a fine stagione perché il loro campionato ha tempi diversi. Secondo me c’è una buona possibilit­à di far bene». L’attenzione è massima per l’arrivo dei campioni: «È una squadra che desta curiosità continua Ferrari -, bisogna distaccars­i un po’ dal contesto concentran­dosi sul match. Certo, sarebbe il massimo segnare una meta proprio a loro». È già al terzo match con gli All Blacks invece Tommaso Benvenuti che qualche suggerimen­to ce l’ha: «Si portano dietro quest’aura quasi mistica di squadra superprofe­ssionista, superorgan­izzata e piena zeppa di campioni che tutti vedono in television­e. Sono ovviamente fortissimi. Già di fronte alla haka dovremo controllar­e le emozioni e cercare di viverla serenament­e. Pronti? Massì, lo saremo».

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Ieri al lavoro a un chilometro di distanza: gli All Blacks al campo dell’Università La Sapienza a Tor di Quinto. L’Italia sull’altra sponda del Tevere, al Centro Coni Giulio Onesti dell’Acqua Acetosa FAMA
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AL LAVORO

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