Viviani lancia il quartetto «Conquistiamo il mondo»
●Elia, plurivincitore stagionale, premiato con il Giglio d’Oro: «Più tecnica e allenamenti per puntare a Olimpiade e record»
Il brindisi, con lo spumante 51,151 portato da Francesco Moser, dopo tagliata di fiorentina e cantuccini. Il saluto: «Dai, ora vado, così riesco a fare un po’ di palestra». La promessa: «Non mi pongo più limiti, e credo che sia giusto dopo quanto ho fatto quest’anno. Il salto di qualità c’è stato e gli obiettivi saranno sempre più alti.
Le prossime due stagioni saranno le più importanti. Il 2019 perché vado a cercare quella grande classica che mi manca, la Sanremo o la GandWevelgem; il 2020 perché voglio nuovamente il titolo olimpico dell’Omnium»
STORIE Quando arrivano patron Saverio Carmagnini e il suo Giglio d’Oro, il più importante premio italiano, giunto alla 45a edizione, che Elia Viviani ha vinto... per distacco, capisci che la stagione è davvero finita. Sulla strada in salita verso le Croci di Calenzano, c’è l’esaltazione delle radici più autentiche del ciclismo. Ci sono le due figlie di Alfredo Martini, Milly e Milvia, testimoni continue dell’affetto di tutti verso papà, punto di riferimento e saggezza a quattro anni dalla morte. Ecco la moglie Maria Pia e la figlia Elisabetta del grande campione del Mugello, Gastone Nencini, che premiano Davide Ballerini, il comasco rivelazione del 2018. Arriva l’onorevole Riccardo, nipote di Gastone, che proprio con la parabola sportiva e umana di Martini sullo sfondo vuole scrivere un romanzo storico. Francesco Moser qui è di casa, i sommelier fanno a gara per una foto con il trentino che vince pure con il vino. Poi Moreno Argentin, tutta la Toscana storica da Poggiali a Bartolozzi, al nostro collega Franco Calamai, 94 anni, tra i fondatori del Giglio d’Oro. E la Toscana del calcio che ama la bicicletta. Amerigo Sarri, papà di Maurizio, ora allenatore del Chelsea con il Napoli nel cuore, che da piccolo lo portava a seguire Moser. Oppure Giancarlo Antognoni, bandiera della Fiorentina e campione del mondo 1982, che ha ricevuto il premio Martini-Maestri dello Sport: «Sono cresciuto in campagna a Perugia, e allora non c’era lo scooter, ma soltanto la bicicletta e le gambe. Ciclismo sport durissimo, più faticoso del calcio».
PRINCIPE Ecco, questo è il mondo che ha consacrato Elia Viviani dopo le 18 vittorie del 2018, il Tricolore e la Sei Giorni di Gand. «E’ la più bella, una festa continua con gli atleti che corrono in questo velodromo piccolissimo, 166 metri (la misura olimpica è 250 metri, ndr), pieno di gente all’interno, pieno di gente sugli spalti racconta il veronese della Deceuninck-Quick Step, 29 anni -. Sei sempre in curva, rapporti leggeri e tantissima frequenza di pedalate, completamente diverso da una pista tradizionale. E si sta sempre a pedalare, anche due Americane a sera, si va a dormire alle 3 di mattina dopo aver fatto anche 115 km. Una guerra psicologica per sei giorni. Sono felicissimo, e adesso ci sarà anche il mio poster dentro questo bellissimo stadio». Un’età dell’oro iniziata «con quelle lacrime così spontanee
LE FRASI «Corro in Coppa a Berlino e Londra per la qualificazione olimpica»
«Il quartetto è una disciplina fantastica. Ci sarà molto da divertirsi»
dopo il secondo posto alla Gand-Wevelgem dietro Sagan. Li’ è nato un nuovo Elia, perché si è capito quanto ci tenga al mio lavoro e a questo sport». Ora si torna in sella, strada e pista: «Due prove di Coppa, a Berlino la settimana prossima e poi a Londra, correrò quartetto e omnium per essere tranquillo della qualificazione olimpica. Il quartetto è una disciplina fantastica, e con questo gruppo azzurro ci sarà da divertirsi. Certo, ha ragione il c.t. Villa: con più allenamenti e più tecnica si può puntare alla medaglia olimpica e anche al record del mondo».