Fattore Ibra Ecco come ha cambiato le sue squadre
Ha ispirato tanti compagni Ma alcuni sono andati via
«Zlatan Ibrahimovic è un trascinatore incredibile, ma per avere a che fare con lui serve grande personalità. Altrimenti rischi di uscirne distrutto mentalmente». Già di per sé questa sarebbe un’affermazione forte, se poi a usare queste parole è il tecnico del Milan diventa ancora più significativa. Rino Gattuso non ama parlare di Ibra, l’ha fatto soltanto quando è stato incalzato nelle conferenze stampa. E si è espresso così. Non perché non abbia un bel ricordo dello svedese, sia chiaro: è che preferisce concentrarsi sui giocatori che può allenare oggi, verso i quali ha uno spiccato istinto di protezione. Questa frase di Gattuso, uno che la classe di Zlatan l’ha apprezzata da vicino, racconta meglio di altre i pericoli di un «Ibra bis» (i vantaggi sono fin troppo ovvi). E diventa lo spunto per ripercorrere la carriera di Ibrahimovic in relazione ai suoi compagni di viaggio: qualcuno con lui è cresciuto, qualcun altro è andato giù.
TOTEM NERAZZURRO Il periodo da considerare è l’epoca compresa tra lo Zlatan interista e lo Zlatan inglese. Con Malmoe e Ajax lo svedese era ancora in rampa di lancio, sebbene il suo carattere fosse già emerso tanto quanto la tecnica sopraffina. E nella Juve era un fuoriclasse in erba, in mezzo a tanti campioni già affermati: un valore aggiunto, insomma, ma non la colonna portante della squadra. Poi Calciopoli, il passaggio all’Inter. E qui, negli anni nerazzurri pre-Triplete, Ibra diventa un totem. C’è chi trova l’intesa tecnica con lui e si mantiene sugli standard abituali, come Crespo, c’è chi impara a conviverci dopo avergli fatto spazio, come «El Jardinero» Cruz, che scende a 12 gol stagionali nell’annata 2006-07 e poi risale a 19 nella successiva. C’è chi, infine, prende appunti e lo usa come modello per esplodere nel grande calcio, come il primo Balotelli.
BLAUGRANA SPENTO Barcellona è senz’altro il capitolo meno brillante, per Ibrahimovic. I gol non mancano, anche se risulteranno meno della metà di quelli segnati da Messi. Manca invece la Champions, con l’Inter che si rivela una ex molto vendicativa, ma manca soprattutto l’intesa con Guardiola e la filosofia del tiqui-taca. Ne fanno le spese Henry, uscito dal tridente titolare e spinto verso la Mls dopo una misera stagione da 4 reti, e pure Iniesta, che in blaugrana non vive un’annata all’altezza del Mondiale superbo di cui sarà protagonista.
CIAO DINHO Il ritorno di Ibra a Milano è rossonero. E qui si trasforma in Re Mida, trasforma in oro ciò che tocca. Boateng, Pato e Robinho raccolgono bene l’eredità di un Ronaldinho già crepuscolare, che paga il cambio di modulo e saluta a gennaio. E Nocerino dietro a Zlatan diventa una specie di Paul Scholes italiano: addirittura 10 gol nella Serie A 2011-12. Poi arriva il Psg: c’è intesa con le intuizioni geniali di Verratti, andrà meno bene quando arriverà Cavani. Che segnerà molto anche insieme a Ibra, sì, ma meno che da bomber solitario. L’ultima recita europea, al Manchester United, vede Rashford sulle orme del Balotelli nerazzurro e Martial messo all’angolo, costretto pure a cedere il numero 9. Altra immagine evocativa: Zlatan dà, Zlatan toglie.
●Lo svedese in carriera ha ispirato tanti compagni L’impatto peggiore? Col Barcellona e con... Martial
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IL NUMERO i gol complessivi segnati da Ibrahimovic con la maglia del Milan: 85 le gare totali
RONALDINHO (MILAN)
Zlatan arriva nel 2010-11 e regala lo scudetto ad Allegri, Dinho brilla poco e fa panchina: a gennaio saluta e torna in Brasile