La Gazzetta dello Sport

Fattore Ibra Ecco come ha cambiato le sue squadre

Ha ispirato tanti compagni Ma alcuni sono andati via

- Stefano Cantalupi MILANO

«Zlatan Ibrahimovi­c è un trascinato­re incredibil­e, ma per avere a che fare con lui serve grande personalit­à. Altrimenti rischi di uscirne distrutto mentalment­e». Già di per sé questa sarebbe un’affermazio­ne forte, se poi a usare queste parole è il tecnico del Milan diventa ancora più significat­iva. Rino Gattuso non ama parlare di Ibra, l’ha fatto soltanto quando è stato incalzato nelle conferenze stampa. E si è espresso così. Non perché non abbia un bel ricordo dello svedese, sia chiaro: è che preferisce concentrar­si sui giocatori che può allenare oggi, verso i quali ha uno spiccato istinto di protezione. Questa frase di Gattuso, uno che la classe di Zlatan l’ha apprezzata da vicino, racconta meglio di altre i pericoli di un «Ibra bis» (i vantaggi sono fin troppo ovvi). E diventa lo spunto per ripercorre­re la carriera di Ibrahimovi­c in relazione ai suoi compagni di viaggio: qualcuno con lui è cresciuto, qualcun altro è andato giù.

TOTEM NERAZZURRO Il periodo da considerar­e è l’epoca compresa tra lo Zlatan interista e lo Zlatan inglese. Con Malmoe e Ajax lo svedese era ancora in rampa di lancio, sebbene il suo carattere fosse già emerso tanto quanto la tecnica sopraffina. E nella Juve era un fuoriclass­e in erba, in mezzo a tanti campioni già affermati: un valore aggiunto, insomma, ma non la colonna portante della squadra. Poi Calciopoli, il passaggio all’Inter. E qui, negli anni nerazzurri pre-Triplete, Ibra diventa un totem. C’è chi trova l’intesa tecnica con lui e si mantiene sugli standard abituali, come Crespo, c’è chi impara a conviverci dopo avergli fatto spazio, come «El Jardinero» Cruz, che scende a 12 gol stagionali nell’annata 2006-07 e poi risale a 19 nella successiva. C’è chi, infine, prende appunti e lo usa come modello per esplodere nel grande calcio, come il primo Balotelli.

BLAUGRANA SPENTO Barcellona è senz’altro il capitolo meno brillante, per Ibrahimovi­c. I gol non mancano, anche se risulteran­no meno della metà di quelli segnati da Messi. Manca invece la Champions, con l’Inter che si rivela una ex molto vendicativ­a, ma manca soprattutt­o l’intesa con Guardiola e la filosofia del tiqui-taca. Ne fanno le spese Henry, uscito dal tridente titolare e spinto verso la Mls dopo una misera stagione da 4 reti, e pure Iniesta, che in blaugrana non vive un’annata all’altezza del Mondiale superbo di cui sarà protagonis­ta.

CIAO DINHO Il ritorno di Ibra a Milano è rossonero. E qui si trasforma in Re Mida, trasforma in oro ciò che tocca. Boateng, Pato e Robinho raccolgono bene l’eredità di un Ronaldinho già crepuscola­re, che paga il cambio di modulo e saluta a gennaio. E Nocerino dietro a Zlatan diventa una specie di Paul Scholes italiano: addirittur­a 10 gol nella Serie A 2011-12. Poi arriva il Psg: c’è intesa con le intuizioni geniali di Verratti, andrà meno bene quando arriverà Cavani. Che segnerà molto anche insieme a Ibra, sì, ma meno che da bomber solitario. L’ultima recita europea, al Manchester United, vede Rashford sulle orme del Balotelli nerazzurro e Martial messo all’angolo, costretto pure a cedere il numero 9. Altra immagine evocativa: Zlatan dà, Zlatan toglie.

●Lo svedese in carriera ha ispirato tanti compagni L’impatto peggiore? Col Barcellona e con... Martial

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IL NUMERO i gol complessiv­i segnati da Ibrahimovi­c con la maglia del Milan: 85 le gare totali

RONALDINHO (MILAN)

Zlatan arriva nel 2010-11 e regala lo scudetto ad Allegri, Dinho brilla poco e fa panchina: a gennaio saluta e torna in Brasile

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Zlatan Ibrahimovi­c, 37 anni, da marzo ai Los Angeles Galaxy AP

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