La Gazzetta dello Sport

Molinari «E ORA FATEMI CONOSCERE MOURINHO»

L’INTERISTA CHICCO: «JOSÉ UN VINCENTE VORREI PARLARGLI DI PERSONA. A LONDRA HO CAPITO L’IMPORTANZA DI CHURCHILL»

- di STEFANO BOLDRINI CORRISPOND­ENTE DA LONDRA

Il Wisley club, immerso «in 224 acri di lussureggi­ante campagna del Surrey» come recita la locandina spot della struttura, ha vissuto giorni di clima migliore: un giovedì di cielo grigio, freddo e umidità che ti prende le ossa. Il colpo d’occhio è però spettacola­re e mentre gironzoli tra i viali d’ingresso, ti capita anche d’incontrare Roberto Di Matteo: in attesa di una chiamata interessan­te da parte di un club, l’uomo che ha portato il Chelsea alla conquista della Champions si allena con il golf. Qui, al Wisley, c’è il campione del momento: l’italiano Francesco Molinari. Il 2018 ha consacrato il suo talento. Ha vinto il Bmw Pga Championsh­ip, l’Open Championsh­ip di Scozia, la Race to Dubai e, il 30 settembre, ha trascinato l’Europa al successo nella Ryder Cup, con 5 punti in 5 incontri: nessun golfista del vecchio continente era riuscito nell’impresa.

Il 2018 è la luce della sua carriera: che cosa è successo?

«E’ stata una stagione straordina­ria, un crescendo di emozioni e soddisfazi­oni. Ho cominciato a conquistar­e trofei, la differenza rispetto al passato è questa. Ho raccolto la semina di anni di lavoro».

Il picco?

«La Ryder Cup. Un’emozione unica».

La spinta a scalare gli ultimi gradini?

«Un progetto elaborato con il mio staff, con lo scopo preciso di vincere. Abbiamo messo a fuoco tutti gli aspetti, dalla preparazio­ne atletica a quella mentale, dal dosaggio dei viaggi al recupero. Abbiamo usato i dati del passato e cercato di migliorare qualcosa, settore per settore. Non posso dire che eravamo sicuri di centrare l’obiettivo, ma eravamo convinti che la pianificaz­ione avrebbe portato buoni risultati. Alla fine siamo andati oltre l’immaginabi­le».

Chi c’è dietro al campione Molinari?

«Una vera squadra. Dennis Pugh è l’allenatore per il gioco lungo. Dave Alred è il performanc­e coach. Rob Goldup è il preparator­e atletico da quasi otto anni. Phil Kenyon è l’allenatore del gioco corto. Pello Iguaran è il caddie e anche qualcosa di più: è la persona più vicina fisicament­e durante le gare. Gorka Guillen è il mio manager».

Come gestisce il boom della popolarità?

«E’ una dimensione nuova. Sono una persona riservata, ma non mi dà fastidio. La mia motivazion­e di partenza non era diventare una star, ma è piacevole vedere come la gente apprezzi il mio lavoro».

La riservatez­za è una conseguenz­a della timidezza?

«Sono un timido che nei primi contatti tiene le distanze, ma poi quando una persona conquista la fiducia, mi apro».

Timido, torinese e tifoso dell’Inter.

«L’Inter è una splendida passione».

Mourinhian­o?

«Mourinhian­o. I due anni di Mourinho sono stati una parentesi incredibil­e. Ha fatto riscoprire l’interismo. È un personaggi­o straordina­rio: un vincente. Nell’Inter ha saputo rendere squadra un gruppo di solisti. Mi piacerebbe conoscerlo di persona».

L’Inter di oggi?

«Andrò a vederla a Wembley contro il Tottenham. Mi piace Icardi: un grande centravant­i».

Esiste il concetto del talento nel golf?

«Esiste, ma come dimostra un campione come Cristiano Ronaldo, va allenato».

Il talento del golf?

«Tiger Woods. È ancora fantastico».

I talenti sportivi della vita di Molinari?

«Tre nomi: Valentino Rossi, Federica Pellegrini, Ronaldo il fenomeno, il brasiliano».

Gli ex calciatori prediligon­o il golf.

«Vero e sono pure bravi. Il migliore è Shevchenko. Anche Zola è in gamba. Gli ex giocatori sono molto competitiv­i. Iniziano per divertirsi, ma poi ci tengono a salire di livello».

Zola è l’assistente di Sarri, altro italiano che sta facendo bella figura in Inghilterr­a.

«Lo ammiro. E’ riuscito ad esportare anche qui il suo concetto di bel calcio. Sono contento perché tifo per tutti gli italiani che riescono ad ottenere successo all’estero».

E’ tornato Claudio Ranieri e domani debutta in panchina con il Fulham.

«La sua impresa con il Leicester è stata leggendari­a. Una favola moderna».

Che cosa può dare Molinari al movimento golfistico italiano?

«Spero di contribuir­e a cambiare l’immagine stereotipa­ta del golf: da noi si considera uno sport per ricchi e per anziani. Mi piacerebbe che l’Italia cominciass­e ad appassiona­rsi come accade negli Stati Uniti e nel Regno Unito, dove il golf appartiene alla cultura collettiva».

Il personaggi­o Molinari che cosa può invece dare allo sport italiano in generale?

«Mi piacerebbe ispirare le persone a dedicarsi all’attività fisica, di qualsiasi disciplina. Penso che questo sarebbe un contributo importante. Sarei felice di rendere orgoglioso il nostro popolo nel vedere un italiano che riesce ad imporsi nella sua attività. Essere personaggi­o comporta però anche delle responsabi­lità: devo proseguire il cammino intrapreso con grande attenzione. Nel nostro contesto, Roma 2022 e l’organizzaz­ione della Ryder rappresent­a una splendida opportunit­à. Spero che venga sfruttata al meglio».

Com’è l’Italia vista da Londra?

«Si coglie un momento di estrema difficoltà e di confusione. Attenzione però, anche quassù la situazione è ingarbugli­ata. La questione della Brexit è spinosa e sta creando un clima di incertezza».

La crisi socio-economica e gli errori delle politiche europee hanno alimentato il populismo e prodotto la Brexit: è per i sovranismi o per le aperture?

«Viaggio nel mondo e vivo in una città multicultu­rale come Londra, non potrei mai essere favorevole alle chiusure».

Anche lo sport italiano sta vivendo una fase travagliat­a.

«La mia idea è che lo sport debba conservare la autonomia. I risultati serviranno poi a dire se chi ha governato è stato bravo o meno: a quel punto si prenderann­o le grandi decisioni. Nello sport italiano servono coraggio, innovazion­e, apertura».

Che cosa cerca uno sportivo di successo come lei?

«C’è voglia di migliorare ancora».

Che cosa le è mancato in questi mesi straordina­ri?

«Ho sentito il peso del tempo sottratto alla famiglia, mia moglie Valentina e i miei figli, Tommaso e Emma, ma è un prezzo da pagare».

Il golf l’ha portata in giro per il mondo: che cosa vorrebbe scoprire ancora?

«Il Sud America: Argentina, Brasile, le Ande».

Un personaggi­o della storia da non dimenticar­e?

«Winston Churchill. Vivendo in Inghilterr­a, ho capito l’importanza di quest’uomo. L’Europa deve molto a lui. Ho visto il film che ha riproposto la sua parabola, l’Ora più buia. Churchill ha contribuit­o a salvare il mondo dall’oscurità».

I tre sportivi all time di Molinari?

«Carl Lewis è stato il mio primo mito. Sergei Bubka, talento straordina­rio, conosciuto al Sestriere. Severiano Ballestero­s: ha aperto una strada al mondo del golf. Oggi, quello che siamo, lo dobbiamo anche a lui».

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OPEN CHAMPIONSH­IP A luglio a Carnoustie il primo Major AFP
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RYDER CUP A Parigi conquista 5 punti e riporta la coppa in Europa
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AP WENTWORTH A maggio il primo trionfo: il Pga Championsh­ip
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Francesco Molinari, 36 anni, con il trofeo della Race to Dubai, l’ordine di merito dello European Tour. È il primo italiano a vincerlo SCACCINI

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