«BASTA PIETÀ GENOVA TORNERÀ A SPLENDERE»
IL PRIMO CITTADINO: «CONTANO SOLO I RISULTATI, NON LE PAROLE. IL DERBY COME OCCASIONE PER EMOZIONARCI DI NUOVO»
«Vedrai una città regale, addossata ad una collina alpestre, superba per uomini e per mura, il cui solo aspetto la indica Signora del Mare». La descrizione di Genova fatta dal Petrarca, incisa sui bastioni della cinta medievale cittadina, ben si sposa con l’orgoglio di un sindaco come Marco Bucci, genovese doc, supermanager prestato alla politica. Capace, nel postemergenza del ponte Morandi, più grave anche delle ultime alluvioni, di incassare gli elogi del mondo imprenditoriale per la sua «capacità del fare prima del dire». Bucci, nominato commissario straordinario di governo alla ricostruzione del ponte, contro ogni previsione è riuscito a cancellare da tanti genovesi la vecchia sindrome del
maniman, del dubbio e del mugugno, in nome di un’operosità inusuale. Bucci naviga (è un velista vero: due mesi fa in equipaggio con il governatore Toti e il viceministro Rixi ha vinto la Millevele, 200 equipaggi al via e diecimila euro raccolti per le famiglie colpite dal crollo del ponte) e non è abituato a farsi sopraffare dalle tempeste.
Signor Sindaco, l’ultimo rischio pare una possibile guerra legale con Autostrade, esclusa dal lotto dei candidati per la ricostruzione del Morandi.
«Non ho visto una diffida formale, probabilmente il nostro ufficio non funziona... E poi penso che nessuno avrà la determinazione per sospendere i lavori, altrimenti si troverebbe 600 mila genovesi al fianco».
È anche la settimana del derby. Il primo senza il Morandi.
«E io ci sarò, insieme a mia moglie, che è tifosa. Questo è il momento di passare dalla commozione all’emozione. La stracittadina rappresenta un segnale di amicizia e di entusiasmo importante per la città. Ci deve riportare al fatto che la città si sente unita e coesa e vuole andare verso il futuro. Ed è un futuro di crescita e di sviluppo, in grado di rimettere a posto tutti i problemi irrisolti, ponte incluso, ovviamente».
Esiste una valenza positiva della stracittadina di domani sera?
«Assolutamente sì. Lo sport serve anche per questo. In passato ha fatto moltissimo, anche in situazione critiche, e ce ne sono state molte anche nella nostra Italia, dove la partecipazione a certi eventi ha risolto persino crisi politiche. Ben venga, anche il derby per aiutare Genova a tornare grande».
Lei pensa che la tragedia del 14 agosto abbia reso più tiepida la rivalità fra i due club?
«Non saprei, non mi esprimo. Vi dico però che ci sono due persone che mi accompagnano in auto. un genoano e un sampdoriano ed è una battaglia continua, ma positiva. Io agnostico? Sono tifoso di altri sport».
Ad esempio?
«Seguo i Green Bay Packers, nella NFL, la lega professionistica di football americano».
Come nasce questa passione?
«Sono entrati in casa con mio figlio. Quando andava a scuola nel Minnesota, la classe era divisa fra Vikings e Packers e lui stava con questi ultimi. Non solo: quando lavoravo negli Stati Uniti, il mio capo era un loro grandissimo fan. E poi è la squadra dove ha allenato il grande Vince Lombardi (negli anni Cinquanta e Sessanta, n.d.r.), di origini italiane (nonno campano, nonna della Basilicata, n.d.r.), autore anche di volumi sulla leadership».
Più che un tecnico, un mito, per la straordinaria capacità di coinvolgere il suo gruppo per ottenere il massimo. Come sta facendo lei.
«Contano i risultati. Le parole associate ai risultati hanno un grande senso, senza sono un colpo di vento che vola via. Lavoriamo sui risultati e pensiamo, io e coloro che lavorano con me, che un risultato parli più di centomila parole».
Insomma, guai a sostenere che Genova si piange addosso.
«Un messaggio sbagliato, Genova è in crescita e i numeri lo dicono, continueremo così perché qui abbiamo tutti i presupposti per giocare bene — uso questo termine sportivo — nel business mondiale dei prossimi anni, perché siamo orientati e canalizzati nei tre settori principali di sviluppo: porto e logistica, turismo e industria ad alta tecnologia. Avanti così, è la strada giusta».
Tornando al calcio, va risolta la questione-stadio, dopoché la prima asta di vendita è andata deserta. Troverà una soluzione con Ferrero e Preziosi?
«Mi auguro di sì, e il più in fretta possibile, perché gestire lo stadio è un mestiere da squadre sportive e da chi sa fare questo lavoro, non da amministrazione comunale. E poi lo stadio rappresenta è una parte importante del business di entrambe le società».
Per lei domani chi vincerà?
«Non lo so proprio. Di sicuro vincerà Ge-no-va, come città».
NON PENSO CHE AUTOSTRADE CI FARÀ CAUSA, CREDO CHE NESSUNO VORRÀ SOSPENDERE I LAVORI. ANCHE PERCHÉ AVREBBE 600.000 GENOVESI CONTRO
SULLA RICOSTRUZIONE DEL PONTE MORANDI