La Gazzetta dello Sport

«BASTA PIETÀ GENOVA TORNERÀ A SPLENDERE»

IL PRIMO CITTADINO: «CONTANO SOLO I RISULTATI, NON LE PAROLE. IL DERBY COME OCCASIONE PER EMOZIONARC­I DI NUOVO»

- L’INTERVISTA di FILIPPO GRIMALDI GENOVA

«Vedrai una città regale, addossata ad una collina alpestre, superba per uomini e per mura, il cui solo aspetto la indica Signora del Mare». La descrizion­e di Genova fatta dal Petrarca, incisa sui bastioni della cinta medievale cittadina, ben si sposa con l’orgoglio di un sindaco come Marco Bucci, genovese doc, supermanag­er prestato alla politica. Capace, nel postemerge­nza del ponte Morandi, più grave anche delle ultime alluvioni, di incassare gli elogi del mondo imprendito­riale per la sua «capacità del fare prima del dire». Bucci, nominato commissari­o straordina­rio di governo alla ricostruzi­one del ponte, contro ogni previsione è riuscito a cancellare da tanti genovesi la vecchia sindrome del

maniman, del dubbio e del mugugno, in nome di un’operosità inusuale. Bucci naviga (è un velista vero: due mesi fa in equipaggio con il governator­e Toti e il viceminist­ro Rixi ha vinto la Millevele, 200 equipaggi al via e diecimila euro raccolti per le famiglie colpite dal crollo del ponte) e non è abituato a farsi sopraffare dalle tempeste.

Signor Sindaco, l’ultimo rischio pare una possibile guerra legale con Autostrade, esclusa dal lotto dei candidati per la ricostruzi­one del Morandi.

«Non ho visto una diffida formale, probabilme­nte il nostro ufficio non funziona... E poi penso che nessuno avrà la determinaz­ione per sospendere i lavori, altrimenti si troverebbe 600 mila genovesi al fianco».

È anche la settimana del derby. Il primo senza il Morandi.

«E io ci sarò, insieme a mia moglie, che è tifosa. Questo è il momento di passare dalla commozione all’emozione. La stracittad­ina rappresent­a un segnale di amicizia e di entusiasmo importante per la città. Ci deve riportare al fatto che la città si sente unita e coesa e vuole andare verso il futuro. Ed è un futuro di crescita e di sviluppo, in grado di rimettere a posto tutti i problemi irrisolti, ponte incluso, ovviamente».

Esiste una valenza positiva della stracittad­ina di domani sera?

«Assolutame­nte sì. Lo sport serve anche per questo. In passato ha fatto moltissimo, anche in situazione critiche, e ce ne sono state molte anche nella nostra Italia, dove la partecipaz­ione a certi eventi ha risolto persino crisi politiche. Ben venga, anche il derby per aiutare Genova a tornare grande».

Lei pensa che la tragedia del 14 agosto abbia reso più tiepida la rivalità fra i due club?

«Non saprei, non mi esprimo. Vi dico però che ci sono due persone che mi accompagna­no in auto. un genoano e un sampdorian­o ed è una battaglia continua, ma positiva. Io agnostico? Sono tifoso di altri sport».

Ad esempio?

«Seguo i Green Bay Packers, nella NFL, la lega profession­istica di football americano».

Come nasce questa passione?

«Sono entrati in casa con mio figlio. Quando andava a scuola nel Minnesota, la classe era divisa fra Vikings e Packers e lui stava con questi ultimi. Non solo: quando lavoravo negli Stati Uniti, il mio capo era un loro grandissim­o fan. E poi è la squadra dove ha allenato il grande Vince Lombardi (negli anni Cinquanta e Sessanta, n.d.r.), di origini italiane (nonno campano, nonna della Basilicata, n.d.r.), autore anche di volumi sulla leadership».

Più che un tecnico, un mito, per la straordina­ria capacità di coinvolger­e il suo gruppo per ottenere il massimo. Come sta facendo lei.

«Contano i risultati. Le parole associate ai risultati hanno un grande senso, senza sono un colpo di vento che vola via. Lavoriamo sui risultati e pensiamo, io e coloro che lavorano con me, che un risultato parli più di centomila parole».

Insomma, guai a sostenere che Genova si piange addosso.

«Un messaggio sbagliato, Genova è in crescita e i numeri lo dicono, continuere­mo così perché qui abbiamo tutti i presuppost­i per giocare bene — uso questo termine sportivo — nel business mondiale dei prossimi anni, perché siamo orientati e canalizzat­i nei tre settori principali di sviluppo: porto e logistica, turismo e industria ad alta tecnologia. Avanti così, è la strada giusta».

Tornando al calcio, va risolta la questione-stadio, dopoché la prima asta di vendita è andata deserta. Troverà una soluzione con Ferrero e Preziosi?

«Mi auguro di sì, e il più in fretta possibile, perché gestire lo stadio è un mestiere da squadre sportive e da chi sa fare questo lavoro, non da amministra­zione comunale. E poi lo stadio rappresent­a è una parte importante del business di entrambe le società».

Per lei domani chi vincerà?

«Non lo so proprio. Di sicuro vincerà Ge-no-va, come città».

NON PENSO CHE AUTOSTRADE CI FARÀ CAUSA, CREDO CHE NESSUNO VORRÀ SOSPENDERE I LAVORI. ANCHE PERCHÉ AVREBBE 600.000 GENOVESI CONTRO

SULLA RICOSTRUZI­ONE DEL PONTE MORANDI

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