La Gazzetta dello Sport

«ROMA, QUALE SEI? OGGI L’INTER HA QUALCOSA IN PIÙ» DOPPIO EX, RIVER-BOCA»

IL PER TUTTI IL MURO, LEGGE LA SFIDA DELL’OLIMPICO: IL «SUO» ICARDI , DIFRA-SPALLETTI, MANOLAS-SKRINIAR...

- Di ANDREA ELEFANTE MILANO

Dietro una parete spessa di silenzi e di coperture difensive, per vent’anni Walter Samuel ci ha scrutati tutti con quegli occhi di ghiaccio che quasi mettevano a disagio i compagni, e figuriamoc­i gli avversari. L’abbiamo chiamato Il Muto e Il Muro: parlava pochissimo e ancora meno faceva passare gli avversari. In entrambi i casi, era una questione di difesa. Poi si cresce, si cambia mestiere, si cambia e basta: ci si scopre, nel raccontars­i. La sfida di domenica fra le sue due squadre italiane, con cui ha vinto tutto quello che Roma e Inter hanno vinto negli anni Duemila, è una «scusa»: per scivolare in dribbling, lui che li spezzava senza pietà, fra vita e carriera. Ieri, oggi e un po’ anche domani, Italia e Argentina, compagni, avversari e maestri. E Roma-Inter, certo.

La sua scheda: Walter Samuel, nato il 23 marzo 1978. In realtà: Walter Lujàn, nato il 23 gennaio. Giusto?

«Giusto. Da Laborde, provincia di Cordoba, trasferime­nto a Firmat, con ritardo nella trascrizio­ne della data di nascita: ma il compleanno lo festeggio a gennaio da quando sono bambino. Lujàn si chiamava il mio padre biologico, che ci abbandonò quando ero molto piccolo. Magari ho sbagliato, ma non l’ho mai voluto conoscere: non mi avrebbe dato gioia e dovevo rispetto a Oscar Samuel, il compagno di mia madre di cui ho voluto portare il cognome. L’unica curiosità che avrei, sarebbe scoprire che faccia ha, ma da lontano».

La sua infanzia può aver influenzat­o il suo carattere?

«Guardi che io sono stato Il Muto solo per voi giornalist­i: non avrei mai potuto essere il cebador, quello che preparava il mate per tutti. Per noi argentini, il massimo simbolo di condivisio­ne».

«Il Muro» le piaceva?

«Esagerato, com’ero io a inizio carriera quando prendevo gol: uscivo dalla partita. Però l’odio per la palla nella tua porta esiste, chieda a Burdisso, a Materazzi, a Cordoba: diventiamo matti ancora oggi, se succede».

E così nacque il «fallo alla Samuel», intimidato­rio ed entro il terzo minuto di gioco?

«Quello ve lo siete inventato voi negli ultimi anni: io ho sempre “marcato il territorio”, verso la fine della carriera forse non avevo più la stessa rapidità e magari arrivavo lungo... Però non sono mai entrato per fare solo male».

Si difende ancora abbastanza nel calcio di oggi?

«Si difende in modo diverso. Spalletti, Sarri, Giampaolo: in area solo zona, si guarda prima la palla. Io avevo bisogno di toccare l’uomo, ma a Coverciano insegnano l’apertura ad ogni soluzione: quella dipende anche dagli uomini che hai».

Era più facile difendere con Aldair o con Lucio?

«I primi mesi con Lucio furono duri: non giocava di reparto, ma poi ci siamo capiti ed è nata l’intesa. Di Alda ricordo che a 37 anni, a fine allenament­o, si fermava a calciare per migliorare la tecnica. In una cosa erano simili: se la partita scottava, quei due non la sbagliavan­o mai».

Si rivede più in Manolas o in Skriniar?

«Manolas è più forte uno contro uno. Direi Skriniar: colpo di testa, lancio preciso. Forse non è la cosa che si ricorda, ma ce l’avevo anch’io».

Da ex difensore: peggio marcare Dzeko oppure Icardi?

«Tutti e due sanno nasconders­i dietro il difensore sul lato opposto alla palla: era la cosa che soffrivo di più. Però diversi: Icardi vivrebbe dentro l’area, Dzeko esce molto di più, gli piace tenere la palla».

Che Icardi ha visto da poco in nazionale?

«Si sta sforzando di fare quello che gli hanno chiesto un po’ tutti. Riguardate il gol al Messico: va incontro alla squadra, protegge la palla e solo dopo va a segnare».

E Lautaro Martinez?

«Ha un futuro enorme davanti. Ma deve avere la pazienza di aspettare le sue chance e la fretta di farsi trovare pronto».

Cosa ricorda di Totti?

«Quello che mi disse Batistuta quando arrivai. “Vedrai, vinciamo lo scudetto: quello ti mette la palla dove vuole anche se è di schiena”. Aveva ragione: impression­ante».

Le chiese mai nulla del Real Madrid, che ai tempi lo avrebbe voluto?

«No: gli avrei detto “Vai”. Sarebbe stata una bella “curiosità” anche per tutti quelli che amano il calcio: ma non ce l’aveva lui, quella curiosità».

Avrebbe detto che Di Francesco sarebbe diventato allenatore?

«Forse no. Però lui, Tommasi, Mangone erano i grandi saggi del gruppo: meno minuti in campo, tanto peso. Per quello scudetto hanno contato più di altri che giocavano di più».

Di Guardiola invece sì?

«Eh, lui sì. Parlava solo di Cruijff, dall’Arsenal di Wenger: il calcio per lui era “costruire per fare male”. Ha detto una grande verità: da allenatore perdi più di quanto vinci. Se perdi ti incazzi, se vinci sei già lì che pensi alla partita dopo».

Anche Spalletti parla di «calcio in avanti».

«Con l’Inter è sempre stato difficile giocare contro la sua Roma. L’ho studiato molto, soprattutt­o certe giocate a memoria con il trequartis­ta».

Scudetto a Roma, Champions con l’Inter: gioie paragonabi­li?

«Per una cosa sì: l’adrenalina di regalare una gioia che mancava da troppo tempo».

Scudetto alla Roma: che immagine rivede?

«Io mezzo nudo, con i pantalonci­ni di Mangone – i miei me li avevano tolti nella prima invasione di campo – che tiro in aria la maglia e poi non la vedo più. Io che giro per Roma ed era tutto colorato di giallo e di rosso, tutto. Ero ancora un giovane coglionazz­o, mi persi la festa al Circo Massimo

COLPO DI TESTA E LANCIO: MI RIVEDO PIÙ IN LUI CHE IN MANOLAS

SU MILAN SKRINIAR DIFENSORE INTER

STA MANCANDO MOLTO ALLA ROMA: SI VINCE CON CHI HA VINTO

SU DANIELE DE ROSSI CENTROCAMP­ISTA ROMA

IN NAZIONALE L’HO VISTO SFORZARSI DI GIOCARE DI PIÙ CON LA SQUADRA

SU MAURO ICARDI ATTACCANTE INTER

«LO SCUDETTO A ROMA E LA CHAMPIONS CON L’INTER, LA GIOIA DI GIOCARE CON TOTTI, ZIDANE, RONALDO E MESSI, L’AMAREZZA DI

per volare in Argentina: potessi tornare indietro, non partirei prima di una settimana».

E se ripensa alla Champions con l’Inter?

«Quella volta al Circo Massimo ci andai: era San Siro, appena atterrati da Madrid con la coppa. Ma anche a Malpensa tornati da Barcellona fu una bella botta di brividi».

El Coloso del Parque di Rosario, Bombonera, Olimpico, Bernabeu, San Siro: i brividi più forti?

«Bombonera, il mio primo BocaRiver. Mi stavo scaldando per entrare dalla panchina e Salas sbaglia un rigore. Tutti mi dicevano che la Bombonera trema, quel giorno ho capito: sembrava esattament­e quello, una scossa di terremoto».

River-Boca non si è giocata. E non si giocherà in Argentina, pare.

«Comunque andrà, sarà una partita macchiata. Ci guardava tutto il mondo, ma in Argentina siamo così, basta ripensare alla legalizzaz­ione dell’aborto, la scorsa estate: che sia sociale, politica, sportiva, qualunque questione diventa un motivo per essere rivali in modo estremo. E oggi gli amici mi telefonano, hanno paura di mandare i figli allo stadio. Qualunque stadio».

Citiamo in ordine sparso, e ne saltiamo tanti: Riquelme, Tevez, Batistuta, Totti, Zidane, Ronaldo, Beckham, Figo, Messi, Ibrahimovi­c, Eto’o, Milito.

«Non mi chieda il più forte, non so fare classifich­e e semmai ho vinto io: è stato un privilegio poter giocare centinaia di partite dicendomi “Se non prendiamo gol, si vince: ci pensa uno di loro”. Ed è stato un fastidio vedere gente infinitame­nte meno forte di loro non avere la loro stessa umiltà».

Chi l’ha messa più in difficoltà ce lo dice?

«Uno che non ha citato: Cassano. Partitella, lo chiudo sulla linea di fondo, mi dico “Ecco, adesso non ha spazio per muoversi da nessuna parte”. Con un tocco, uno solo, lui si gira e va via, da dove non l’ho mai capito: nello spogliatoi­o mi massacrò, gli altri ridevano, io avrei spaccato tutto».

Sempre in ordine sparso: Carlos Bianchi, Bielsa, Capello, Mancini, Mourinho, Maradona. Cosa le hanno insegnato?

«Diego la passione nel motivare. Bielsa a correggerm­i in dettagli tecnici che prima non guardavo neanche. Bianchi e Mourinho come si gestisce un gruppo. Capello con un solo esempio («Guarda che così Inzaghi te la ruba e neanche ti accorgi») mi ha fatto capire l’importanza di giocare la palla velocement­e e mi ha lasciato un motto, dopo un brutto litigio con Panucci: squadra nervosa, squadra vittoriosa. Il Mancio è quello con cui ho discusso di più: allora aveva ancora reazioni da calciatore, e una volta gliel’ho proprio detto».

Sarà un allenatore, Samuel? E che allenatore sarà?

«La mia vita ora è in Italia, il calcio è la mia vita e nel calcio non mi vedo in un altro ruolo. L’interim di Scaloni in Nazionale è finito, io e Pablo Aimar gli abbiamo dato una mano per sei partite, ora si vedrà. Comunque un giorno mi piacerebbe provare ad andare con le mie gambe: anche partendo da un settore giovanile».

E da allenatore: che Roma-Inter sarà?

«La Roma fa un po’ fatica, è irregolare, a volte inspiegabi­le. Visto in Champions? Gran primo tempo, ha preso un colpo e si è sciolta: mi sembra un fatto mentale, più che altro. L’anno scorso mi impression­ava la sua identità, ora è come se non fosse convinta fino in fondo di quello che fa e le sta mancando De Rossi: non vinci senza gente che ha vinto e in Italia è dura trovare giovani già da prima squadra a 18 anni, come fece lui. L’Inter si è consolidat­a: Spalletti sta trovando solidità e continuità. A Londra fino al gol ha tenuto benissimo, e guardate che il Tottenham è forte forte. Anche la Roma in casa è forte, ma io vedo ancora l’Inter almeno un passettino avanti». r

DA ALLENATORE MI HA INSEGNATO LA PASSIONE NEL MOTIVARE I SUOI

SU DIEGO MARADONA EX C.T. DELL’ARGENTINA

E cosa potrà dire, Roma-Inter?

«La Juve è lontana, per loro due lo scudetto sarà arrivare di nuovo in Champions. Però chi fa bene domenica prende coraggio, e ne vorrei vedere di più in tutte le squadre, non solo Roma e Inter. Per dare almeno un po’ più di fastidio alla Juve, dai».

 ??  ??
 ??  ?? A fianco Samuel in gialloross­o: con la Roma 173 presenze e 12 gol in 4 stagioni. A destra in nerazzurro: con l’Inter 236 gare e 17 gol in 9 stagioni
A fianco Samuel in gialloross­o: con la Roma 173 presenze e 12 gol in 4 stagioni. A destra in nerazzurro: con l’Inter 236 gare e 17 gol in 9 stagioni
 ??  ??
 ?? AFP ?? Un giovane Samuel in maglia Boca in un derby contro il River
AFP Un giovane Samuel in maglia Boca in un derby contro il River
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ?? AFP ?? Walter Samuel con Diego Maradona, 58 anni, suo c.t. al Mondiale 2010 terminato ai quarti contro la Germania
AFP Walter Samuel con Diego Maradona, 58 anni, suo c.t. al Mondiale 2010 terminato ai quarti contro la Germania

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy