La Gazzetta dello Sport

Carlo, Liverpool e quei balletti in Champions

● Grobbelaar nell’84, poi Dudek nel 2005. Ma due anni dopo ad Atene...

- Maurizio Nicita @manici50

«Sono le notti per cui vale la pena fare questo lavoro». Pensieri e parole di Carlo Ancelotti, 23 maggio 2007, Atene. Il giorno della rivincita con il Liverpool dopo l’incubo di Istanbul due anni prima: due finali di Champions. La storia di Carletto con i Reds dura ormai da quasi 25 anni e ci si potrebbe scrivere un libro di epica sportiva. Il prossimo 11 dicembre ad Anfield ci sarà una nuova pagina da vergare, con altri protagonis­ti in campo, ma con lo storico prestigio del club inglese e quello non meno importante che può vantare Ancelotti, unico tecnico ad aver allenato ben 8 club in Champions e nel ristretto club di chi la Coppa dalle grandi orecchie l’ha vinta da giocatore e allenatore, più di una volta.

OLIMPICO La storia, quella fatta di partite che contano, vive il primo capitolo nel maggio del 1984. A Roma si gioca la finale di Coppa dei Campioni e i gialloross­i di Niels Liedholm si qualifican­o per giocarla nel loro stadio con il Liverpool di Rush e Dalglish. Carlo è infortunat­o, resta a bordocampo nel riscaldame­nto accanto a Falçao e gli altri compagni, poi assiste dalla tribuna ai rigori decisivi, con i balletti del portiere Bruce Grobbelaar e gli errori di Bruno Conti e Ciccio Graziani. «Perdemmo perché eravamo sicuri di vincere in casa nostra», ha commentato anni dopo.

ISTANBUL Mai e poi mai Carletto avrebbe potuto pensare che un altro portiere del Liverpool, Jerzy Dudek, gli potesse togliere da allenatore del Milan un’altra Champions, sempre coi balletti ai rigori in finale. Quella partita è un po’ il paradigma della sconfitta, quella che fa male davvero: chiudi il primo tempo in vantaggio 3-0, subisci l’incredibil­e rimonta – in sei minuti – dei Rossi di Rafa Benitez e all’ultimo secondo del supplement­are la grande occasione di Shevchenko e l’assurda parata di Dudek prima di quei rigori. Roba da ammazzare un toro.

ATENE Non Carlo Ancelotti che due anni dopo riesce a prendersi una grandissim­a rivincita sportiva. Alla vigilia l’ennesima finale col Liverpool arriva con un dubbio: Gilardino o Inzaghi centravant­i? Il fiuto gli fa scegliere quest’ultimo – lasciato in tribuna due anni prima perché non al meglio fisicament­e – e Pippo gli regala la doppietta decisiva. Nella partita del girone di qualificaz­ione con l’Aek ad Atene, Carlo aveva detto: «Siamo venuti per misurare il campo in vista della finale». Sembrava una battuta invece ci credeva «perché per due anni tutti i giorni ho ripensato a quella finale di Istanbul, era stato il mio Milan più bello ma successe qualcosa di imponderab­ile». A proposito di corsi e ricorsi, in quella stagione il Milan iniziò il torneo dai preliminar­i, superando la Stella Rossa. Anche da giocatore ad Ancelotti capitò di vincere la Coppa passando da Belgrado: nell’88 la famosa partita ripetuta al Marakana per nebbia e poi nell’89 la vittoria a Barcellona con Sacchi, contro la Steaua. Anche stavolta ci sono i serbi di mezzo. Come finirà ad Anfield? Carletto spera come il 2 maggio del 2010: il suo Chelsea vince 2-0 con gol di Drogba e Lampard, il suggello per la Premier, conquistat­a la settimana successiva, rompendo il dominio dell’United di Sir Alex Ferguson. E la storia continua.

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AFP Atene 23 maggio 2007: Carlo Ancelotti alza la Champions

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