GIOVANI IN GAMBA, LA JUVE CI SA FARE
Da Bernardeschi a Bentancur, nuovi titolari per Allegri
Guarda, impara, cresci, gioca. Alla Juve funziona così, che piaccia o no. Può raccontarlo Rodrigo Bentancur, uruguaiano di 21 anni, in carriera nei campioni d’Italia, non più riserva di lusso, ma titolare anche in Champions. Il giovane centrocampista è in ottima compagnia in bianconero, basta passare in rassegna chi lo ha preceduto e gli ha indicato la strada. Paulo Dybala e Federico Bernardeschi, due predestinati, strappati anche loro alla concorrenza a suon di milioni, parliamo di almeno 40, conoscono la trafila. Il ruolo dell’allenatore si rivela fondamentale: Massimiliano Allegri detta i tempi dei progressi di ognuno, senza che la società lo assilli con l’impazienza tipica di chi, appena riceve un costoso regalo, non vede l’ora di scartarlo e mostrarlo a tutti. Nel loro spogliatoio i bianconeri sembra abbiano impresso a lettere cubitali il motto di Tim Duncan, ala grande, anzi grandissima, vincitore di cinque anelli dei San Antonio Spurs nella Nba: «Gioca per il nome che hai sul petto, non per quello che hai sulle spalle».
La stessa pazienza e lungimiranza nella gestione degli investimenti sui giovani non c’è, purtroppo, in altri club di prima fascia del nostro campionato. Prendiamo la Roma, che si è aggiudicata tre gioiellini come Patrick Schick, Cengiz Under e Justin Kluivert. Il clima a Trigoria e dintorni non aiuta la missione, ed è un vero peccato. C’è nell’aria una smania che a volte sfocia in isteria: Eusebio Di Francesco ogni volta rischia di finire tra gli accusati e gli incompresi, sia quando Schick e rampanti compagni scendono in campo, sia quando restano in panchina. Le pressioni ambientali complicano la vita a tutti. Ma attenzione: non è che alla Juve sia tutta bambagia, la società però riesce a fare da efficace schermo. Anche nell’Inter c’è qualcosa che non va. Giusto per restare sugli attuali effettivi, il caso di Lautaro Martinez, schierato a intermittenza, vivacizza il doposconfitta contro il Tottenham. El Toro è un attaccante di interessante prospettiva e dovrebbe essere incoraggiato. Anche qui si scorgono segnali di come cambi il mondo da un club all’altro: lo sbrocco del papà di Lautaro, che sui social bolla come «cagon» Luciano Spalletti, con retromarcia e tante scuse in automatico, in altre realtà non sarebbe nemmeno pensabile. Nella solita Juve, lo sfogo del padre di Daniele Rugani, che si lamenta che il figlio «miglior difensore italiano» avrebbe poco spazio, è stato subito derubricato a folklore, con tanto di posto da titolare la partita successiva. Se a Torino vincono sette scudetti di fila non è soltanto per l’abbondanza di campioni pluridecorati, ma anche per la sapiente educazione dei talenti. Sotto a chi tocca, non c’è fretta.