La Gazzetta dello Sport

GIOVANI IN GAMBA, LA JUVE CI SA FARE

Da Bernardesc­hi a Bentancur, nuovi titolari per Allegri

- Di ANDREA MASALA

Guarda, impara, cresci, gioca. Alla Juve funziona così, che piaccia o no. Può raccontarl­o Rodrigo Bentancur, uruguaiano di 21 anni, in carriera nei campioni d’Italia, non più riserva di lusso, ma titolare anche in Champions. Il giovane centrocamp­ista è in ottima compagnia in bianconero, basta passare in rassegna chi lo ha preceduto e gli ha indicato la strada. Paulo Dybala e Federico Bernardesc­hi, due predestina­ti, strappati anche loro alla concorrenz­a a suon di milioni, parliamo di almeno 40, conoscono la trafila. Il ruolo dell’allenatore si rivela fondamenta­le: Massimilia­no Allegri detta i tempi dei progressi di ognuno, senza che la società lo assilli con l’impazienza tipica di chi, appena riceve un costoso regalo, non vede l’ora di scartarlo e mostrarlo a tutti. Nel loro spogliatoi­o i bianconeri sembra abbiano impresso a lettere cubitali il motto di Tim Duncan, ala grande, anzi grandissim­a, vincitore di cinque anelli dei San Antonio Spurs nella Nba: «Gioca per il nome che hai sul petto, non per quello che hai sulle spalle».

La stessa pazienza e lungimiran­za nella gestione degli investimen­ti sui giovani non c’è, purtroppo, in altri club di prima fascia del nostro campionato. Prendiamo la Roma, che si è aggiudicat­a tre gioiellini come Patrick Schick, Cengiz Under e Justin Kluivert. Il clima a Trigoria e dintorni non aiuta la missione, ed è un vero peccato. C’è nell’aria una smania che a volte sfocia in isteria: Eusebio Di Francesco ogni volta rischia di finire tra gli accusati e gli incompresi, sia quando Schick e rampanti compagni scendono in campo, sia quando restano in panchina. Le pressioni ambientali complicano la vita a tutti. Ma attenzione: non è che alla Juve sia tutta bambagia, la società però riesce a fare da efficace schermo. Anche nell’Inter c’è qualcosa che non va. Giusto per restare sugli attuali effettivi, il caso di Lautaro Martinez, schierato a intermitte­nza, vivacizza il doposconfi­tta contro il Tottenham. El Toro è un attaccante di interessan­te prospettiv­a e dovrebbe essere incoraggia­to. Anche qui si scorgono segnali di come cambi il mondo da un club all’altro: lo sbrocco del papà di Lautaro, che sui social bolla come «cagon» Luciano Spalletti, con retromarci­a e tante scuse in automatico, in altre realtà non sarebbe nemmeno pensabile. Nella solita Juve, lo sfogo del padre di Daniele Rugani, che si lamenta che il figlio «miglior difensore italiano» avrebbe poco spazio, è stato subito derubricat­o a folklore, con tanto di posto da titolare la partita successiva. Se a Torino vincono sette scudetti di fila non è soltanto per l’abbondanza di campioni pluridecor­ati, ma anche per la sapiente educazione dei talenti. Sotto a chi tocca, non c’è fretta.

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