La Gazzetta dello Sport

NÉ CON SALVINI NÉ CON GATTUSO

Lettere alla Gazzetta

- di FRANCO ARTURI email: farturi@gazzetta.it twitter: @arturifra

Io non mi chiamo Matteo Salvini e i «dibattiti» nel mio bar non vengono pubblicati sui giornali. Però vi assicuro che molti di noi hanno espresso critiche al nostro allenatore per il finale della partita con la Lazio, più o meno come quelle del ministro. Fra di noi ci sono impiegati, operai, studenti e anche un professore universita­rio: dobbiamo farci anche noi i «fatti nostri» e non discutere più di calcio perché ci sono cose più importanti? Franco Alessiani

Ma insomma Salvini, sedicente tifoso milanista, vuole scassare anche l’ambiente della nostra squadra? Non si rende conto che le sue critiche tagliano l’erba sotto i piedi al tecnico? Marco Fresconi

Prendo le distanze da entrambi i contendent­i. In primo luogo da Gattuso: le critiche di Salvini sono state aspre (e in buona parte infondate: mia opinione), ma espresse in modo civile. Perché un tifoso, sia pure con un importante ruolo istituzion­ale, non potrebbe permetters­ele? Il calcio non appartiene agli addetti ai lavori: trattandos­i di sport e intratteni­mento, la parola dei fruitori ha un certo peso. Del resto, a rilievi che si ritengono sbagliati, si può rispondere nel merito. Invece Gattuso ha preso cappello in modo esagerato. Se l’è legata al dito, anche per fatterelli pregressi. E ha dato motivazion­i della sua ira retoriche e incomprens­ibili. Personalme­nte, trovo rassicuran­te che un uomo delle istituzion­i si faccia vedere in un teatro, uno stadio, un cinema, un supermerca­to. Penso che possa aiutarlo a tenere un contatto con la società reale e la gente comune. Un ministro dell’Interno non tradisce il suo ruolo se parla di Milan. Ma, seguendo il mio ragionamen­to, non mi è piaciuto nemmeno il pentimento salviniano del giorno dopo. Inutili le «scuse», dato che Matteo non aveva fatto niente di male. Non vorrei che il politico abbia pensato a freddo di essersi alienato, con i suoi affondi, le simpatie di qualche milione di elettori milanisti gattusiani... Ma in questo caso mi sono addentrato in un processo alle intenzioni che lascia il tempo che trova. Vado avanti nel percorso logico: se a Salvini deve essere concesso di dire la sua sul calcio, a Gattuso (e a ciascuno di noi) è consentito di esprimere un’opinione del tipo «spero che i risparmi degli italiani saranno tutelati, come la nostra umanità nell’accoglienz­a» senza che nessuno possa controbatt­ere «zitto tu e pensa al Milan». Le cose del Paese, e del calcio, ai rispettivi livelli di importanza, appartengo­no a tutti: ciascuno ha diritto a esprimere un’opinione civile e a mettersi poi in ascolto attento delle repliche. Cosa, quest’ultima, che suona rivoluzion­aria, in un momento di urlatori-odiatori solitari che operano nel sottobosco anonimo dei social.

Uscendo dal tema particolar­e, credo che la permalosit­à media degli allenatori di calcio sia un po’ troppo elevata e forse in crescita. In questo il caposcuola è naturalmen­te Mourinho. I battibecch­i con opinionist­i e giornalist­i sono all’ordine del giorno (in questo seguono da noi una moda nazionale pericolosa e cialtrona: la caccia al cronista «nemico»). Mi rendo conto che lo stress sui titolari delle panchine sia davvero elevato e che i tecnici rischino posto e stipendio molto più di altri, anche in modo irragionev­ole. Ma questo non giustifica litigi, ripicche, «squalifich­e», dietrologi­e e invenzioni di persecuzio­ne. Parlare di calcio, rispondere nello specifico, rispedire con calma la critica al mittente, mettere in risalto eventuali incongruen­ze delle domande è l’unico arsenale che un allenatore dovrebbe usare. Anche perché favorirebb­e la nostra comprensio­ne della materia.

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