MILAN DA BRIVIDI Va sotto e rischia la figuraccia Dopo un’ora la sveglia per il 5-2
Avanti con Cutrone, poi è buio (1-2) prima della reazione Higuain a secco. Ad Atene basta il pari. Lazio ko a Cipro (2-0)
Dopo il black out, il diluvio. Di gol. Fatelo soffrire il Milan, se volete tirargli fuori il meglio. Fatelo stare sempre sul pezzo, senza rilassarsi mai, per evitare brutte sorprese. Al di là di chi ha davanti. Forse perché la stagione è un po’ così, all’insegna del dolore vista la produzione industriale di infortuni. Forse perché non è ancora maturo del tutto, non sa ancora gestire la normalità. Ma è un Milan che si sente a suo agio nel disagio. E’ successo anche col Dudelange. D’improvviso, la paralisi, il black out e poi la paura. Poi si è alzato San Jesus dalla panchina e tutto è cambiato. Sono bastati i suoi dribbling e la sua presenza a rianimare il piede di Cutrone e compagni. Cinque sberle e passa la paura. E col Betis vincente sull’Olympiacos il viaggio ad Atene si fa più leggero. Basta non perdere per qualificarsi, anzi si può perdere ma non 2-0, 3-1 (passerebbero i greci per differenza reti) o con 3 gol di scarto. Si può fare, sì, ma basta black out, please.
LA CHIAVE All’inizio, la sfida è sembrata la passeggiata annunciata. E il Milan si è adeguato con un poderoso possesso palla ma un ritmo blando. Da passeggiata appunto. Tanto prima o poi il gol arriva, hanno pensato. E difatti dopo venti minuti Cutrone, con la gentile collaborazione dell’ex portiere juventino Bonnefoi (senza presenze in A), ha portato in vantaggio il Diavolo con una girata sostenibile dopo finta di Higuain. Gattuso ha confermato il turn over atteso, con un sacco di gente quasi mai vista e Suso, Rodriguez, Borini in panca e Kessie a vedersi la partita in poltrona. Un Milan tornato a un classico 4-4-2 a cui il Dudelange si opponeva a specchio. Dal Lussemburgo con ammirazione per la storia di San Siro, l’anello debole del gruppo provava anche a giocarsela, con buoni movimenti soprattutto a destra dove Jordanov, Stolz e Sinani si trovavano bene nelle ripartenze. Ma sembrava non ci fosse storia fino al gol tanto bello quanto casuale di Stolz. Una sassata di mezzo esterno all’incrocio sugli sviluppi di un calcio d’angolo. Si era al tramonto del primo round e così il Milan è andato all’intervallo con il rammarico di non aver spinto di più sull’acceleratore. Figuriamoci poi dopo il gol di Turpel all’alba del secondo round: una gran girata resa possibile da un paio di indecisioni della difesa. E qui Gattuso ha dovuto calare il suo jolly. Dentro Suso per Halilovic, uno dei desaparecidos della rosa rossonera, ancora troppo morbido per conquistare il Milan. Come Bertolacci, ancora fuori
dal gioco, sostituito anche lui poco dopo con Mauri, che invece è entrato bene in partita. Con San Jesus, il Diavolo ha cambiato faccia. E’ diventato più incisivo. Tutti hanno seguito l’esempio dello spagnolo, subito determinante. Altra categoria. Un’autorete di Cruz (Cutrone ammette di non aver toccato) ha avviato la rimonta su tiro di Calhanoglu. E qui il Dudelange, gasato dall’aver fatto due gol dopo averne firmato uno solo in tutto il girone, si è illuso di potersela giocare. In verità aveva buone trame di gioco, ma si è un po’ allungato e ha permesso al Milan di infilarsi in area più volte e trovare altri tre gol: uno su piattone di Calhanoglu, l’altro per un’autorete di Schnell e l’ultimo con un tap in di Borini (gol lampo, era appena entrato per Cutrone) dopo traversa di un incisivo Calhanoglu. Amen.
I «DEB» E PIPITA All’appello dei gol manca il nome più gettonato: Gonzalo Higuain. Il Pipita non sta passando un gran momento, si sa. Questa sfida poteva essere l’occasione per sbloccarsi e ritrovarsi. Anche lui nel finale ha partecipato al controsorpasso ma per troppo tempo è apparso fuori dal gioco e non in sintonia con Cutrone, col quale spesso si è pestato i piedi. In questo periodo di carestia di giocatori (pure Bakayoko uscito malconcio mette ansia), Gattuso ha assoluto bisogno del Pipita implacabile. Come magari di qualche riserva che finora aveva visto il campo poco o niente. Ma da Halilovic a Bertolacci non ci sono state buone indicazioni. A Gattuso non resta che continuare a lottare con i soliti uomini, in attesa del mercato di gennaio e dei grandi rientri. In Europa manca l’ultimo sforzo. Poi, forse, con la Primavera sarà aria nuova.